Pubblicato il 26 marzo 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Per nostra fortuna la fine del mondo è stata annunciata
un'altra volta. Dico per fortuna perché vuol dire che un mondo c'è
ancora e che presto ne inizierà uno nuovo. La fine di un mondo (quello
economico-finanziario nel nostro caso) è sempre una bella notizia perché
le novità portano con se lezioni e migliorie, ed il nuovo mondo sarà
migliore, più in salute del precedente e tutti saranno contenti, a parte
quelli che si sono suicidati o si sono sputtanati tutto perché il mondo,
quello precedente, stava per finire. Non vi ho detto infatti che al party del
Nuovo Mondo brinderanno tutti gli invitati alla festa precedente, e solo alcuni
ruoli di alcune categorie saranno invertiti: ricchi con poveri, banchieri con
spazzini, grassi con magri. Ma solo alcuni. I saggi resteranno tali, gli stupidi
pure, idem per la maggior parte di tutti gli altri.
C'è la recessione, la borsa va male, vanno male le azioni, ma anche le
obbligazioni (quelle a basso rating dal maggio scorso hanno perso il 20%). Vi
risparmio la filippica sull'euro, sui cinesi, sui venusiani, sulla povertà
in arrivo, oggi annunciata anche quell'"innovatore" di Tremonti.
L'economia procede con una successione di cicli difficili da governare, da sempre,
ma ancora la cosa pare non sia chiara. Tuttavia nei cicli in cui si cresce,
spesso si fa troppo poco per risparmiare e prevenire le voragini che inevitabilmente
arriveranno perché si è troppo impegnati a sollazzarsi e a dire
quanto si è bravi.
Forse oggi dovrà fallire qualche altra banca per mettere un po' di ordine,
e se anche in Italia ne fossero fallite di più quando avrebbero dovuto
(invece che essere sempre sostenute da soldi pubblici) staremmo sicuramente
meglio. Forse basterà una dieta ferrea a mezzo mondo perché si
ripulisca l'intestino dalle schifezze che ha in pancia, non so. Forse altro.
Una cosa è sicura: a livello globale la cose torneranno a sistemarsi,
anche se quanto tempo ci vorrà e quanto la situazione finanziaria peggiorerà
non si può sapere, ne vale la pena mettersi giù a fare previsioni.
Io mi pongo invece a fianco di chi deve gestire i propri risparmi e aspira ad
essere un saggio. Ma chi sono costoro?
Sono quelli che sanno tre cose: 1) non mettono le uova in un solo paniere; 2)
sanno che bisogna attendere, anche molti anni per avere buoni risultati; 3)
non perdono tempo né si fanno influenzare dalle previsioni economiche.
Non siate troppo sicuri di avere soddisfatto il punto 1. Un'importante e recente
indagine svolta negli Stati Uniti (l'Health and Retirement Study), ha mostrato
come un terzo degli intervistati non sapeva che investire in una sola azione
era più rischioso che in un paniere di titoli. Da noi, invece, il solito
e puntuale Centro Einaudi ha svelato che un quarto degli italiani si sono già
scordati di Palmalat&C e ritengono tutte le obbligazioni un porto assolutamente
sicuro.
Punto 2. Di questo più ne avete più sarete ricchi, e se sarete
pazienti vedrete scorrere molti cadaveri dalla sponda del fiume: quelli che
credevano di saperla più lunga degli altri, e volevano battere il mercato
entrando e uscendo in modo schizofrenico; quelli che avevano i chiodi fissi,
come l'ormai sbugiardata sacralità degli immobili, quelli che credevano
che il 3% era poco anche senza rischio, quelli che, spauriti, compravano i prodotti
a capitale garantito senza chiedere: ma garantito da chi? E a che prezzo?
Sulle previsioni, invece, che dire?
Un anno fa tre economisti su quattro sostenevano che il peggio sulla crisi immobiliare
era alle spalle, e per l'ex "Dio" della Federal Reserve, Alan Greenspan,
eravamo gia fuori dal tunnel dalla fine del 2006. Non infierisco sui cambi,
sui quali persino il mito Warren Buffet ha preso dei grossi granchi.
Forse basterebbero ancora una volta (come la settimana scorsa), le parole del
grande John Galbraith secondo cui l'unica funzione delle previsioni economiche
era quella di fare apparire rispettabile l'astrologia. Nel settore si dice anche
che "gli economisti hanno previsto nove delle ultime cinque recessioni",
e la costanza con cui Nouriel Roubini o Giuseppe Turani sfornano diagnosi terminali
del sistema globale sembra dare ragione al motto. Ed è chiaro che prima
o poi ci azzeccheranno, magari alla decima volta!