Tutte cose già viste: rischiate pure tranquilli
Pubblicato il 19 marzo 2008 su La Voce di Romagna in Prima pagina

di Simone Mariotti

All'inizio dello scorso anno avevo portato all'attenzione dei lettori le sagge parole che Larry Summers, ex Segretario al Tesoro americano, forse il migliore che gli Stati Uniti hanno avuto negli ultimi vent'anni, aveva scritto in un suo articolo.
Summers senza dare ricette da guru terminò il suo discorso in modo profetico: "In ogni caso, fidarsi troppo dell'ottimismo dei mercati fa dimenticare come storicamente le fasi di maggiore fiducia siano anche state quelle di maggiore pericolo. Negli ultimi 20 anni abbiamo dovuto fare i conti con il crack borsistico dell'87, la crisi bancaria dei primi anni '90, l'insolvenza messicana del '95, il crollo finanziario asiatico del '97, il crack Ltcm (un grosso hedge fund che a causa del default della Russia stava per travolgere l'intero sistema finanziario occidentale, nda) nel '98, poi la bolla internet ed il crollo del Nasdaq nel 2000 e gli attacchi dell'11 settembre 2001. Se ciascuno di questi eventi è di per sé eccezionale, il loro succedersi mostra che almeno una volta ogni tre anni si verifica una crisi. Nel dubbio il pericolo più grave potrebbe essere proprio quello di non temere mai nulla".
Oggi il fondo in crisi si chiama Carlyle, la bolla questa volta è immobiliare e la crisi azionaria ha fatto puntualmente seguito ai quasi quattro anni di crescita. C'è da stupirsi? Direi proprio di no. Puntualmente quando ci si abitua al bengodi pare ovvio iniziare a pensare che la cuccagna duri in eterno, che gli utili aziendali crescano perpetuamente, che la liquidità sia sempre abbondante.
Lo scrivevo un anno fa, con la stessa sicurezza con cui dico oggi che il marasma sulle banche che si è scatenato non presenta alcun elemento di novità per chi osserva la storia della finanza senza limitarsi agli ultimi due o tre lustri.
Una grossa crisi di liquidità sta mettendo in crisi il sistema bancario americano; la prima vittima (sul cui destino a dire il vero si parlava da tempo, così come di altri) sacrificale si sta immolando sull'altare; l'austera e rigorosa JP Morgan è intervenuta per evitare il crollo. Cronaca di questi giorni? No, cronaca di un secolo fa in cui una crisi di liquidità identica a quella di oggi, frutto di speculazioni eccessive e sottovalutazioni di rischi (allora fu un fallito tentativo di scalare la United Copper a debito ad accendere la miccia) stava piegando il sistema bancario dello Zio Sam. Passò alla storia come il "Panico del 1908", e la JP Morgan, ieri come allora (solo che allora era guidata da John Pierpont Morgan in persona) si adoperò per fornire la liquidità al sistema. Sull'onda di quella crisi vene creata la Federal Reserve, ruolo prima di fatto delegato a Morgan (per quelle strane coincidenze della storia la FED vide la luce proprio nell'anno della morte di Morgan, il 1913).
Oggi siamo di nuovo lì. E come accadde allora, ci si riprenderà, dopo aver fatto un po' di pulizia sul mercato. Aggiungo che Robert Sobel, in un testo degli anni sessanta, aveva catalogato altri 10 eventi simili a quelli del 1907, a partire dal 1792: quando si dice la novità! E' che la memoria finanziaria è assai breve.
Qualcuno guadagnerà dal torbido di questi giorni? Certo, quelli che resisteranno e magari investiranno invece di scappare, quelli che compreranno le obbligazioni bancarie cadute in disgrazia a prezzi stracciati, e non avranno fretta, quelli che investiranno sui titoli ad alto rendimento, che già oggi scontano un incremento notevole di fallimenti aziendali ed hanno rendimenti alle stelle. C'è del rischio ovviamente, se no che gusto c'è, ma se non si rischia quando un mercato è in crisi... mi pare che alle svendite fallimentari si facciano spesso ottimi affari, o no? Basta avere un po' di attenzione.
La lezione è sempre la stessa: evitando sovraesposizioni eccessive in un settore, sia esso quello azionario, obbligazionario, valutario, immobiliare o delle materie prime, si evitano anche due spiacevoli conseguenze: 1) l'eccesso di perdite pecuniarie in caso di shock; 2) l'eccesso di perdita di fiducia nel mercato, che finirà per creare perdite pecuniarie ancora maggiori in futuro.
Per il resto, la storia della finanza non cambia mai, e come disse John Garbraith: "La regola è che le operazioni finanziarie non si prestano all'innovazione. Quel che è frequentemente descritto e celebrato con questo termine è, senza eccezione, una piccola variazione su uno schema stabilito, e che deve il suo carattere distintivo alla sopramenzionata brevità della memoria finanziaria. Il mondo della finanza continua, instancabile ad acclamare l'invenzione della ruota, spesso in una versione un po' più instabile".







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