Dialogo con un azionista olandese del Seicento - seconda parte
Pubblicato il 20 febbraio 2008 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Per sfuggire all'Inquisizione del diciassettesimo secolo, dopo aver vissuto in Portogallo, un ebreo convertito (un marrano) un po' mercante un po' letterato, Joseph Penso de la Vega, si rifugiò nella prosperosa e più libera Olanda del Seicento. Il suo nome è sconosciuto ai più, ma fu l'autore, nel 1688, del primo vero saggio sul mercato azionario della storia. Un saggio che ancora oggi strabilia per la sua capacità di riuscire a descrivere, dopo più di 300 anni, non solo i meccanismi del mercato, ma anche la psicologia degli operatori, le loro manie, le loro illusioni. E quasi tutte le più grandi verità finanziarie che contano, valide più che mai ancora oggi, sono contenute in questa opera dal titolo più che azzeccato: "Confusion de Confusiones". L'originale è un dialogo tra un mercante un filosofo e un azionista. Io mi sono sostituito al mercante e al filosofo, immaginando un dialogo con l'azionista (le sue parole sono prese integralmente dal testo originale) per un confronto tra mondo di ieri e quello di oggi. Per scoprire che, in effetti quasi, nulla è cambiato. (La prima parte del dialogo è stata pubblicata mercoledì scorso)

Che piacere incontrarvi di nuovo caro azionista. Giusto ieri parlavo con un mercante, vostro conoscente, che mi riferì le di voi spiegazioni sulle regole di comportamento per bene operare sul mercato azionario. Sono rimasto assai stupito perché paiono identiche a quelle valide nel ventunesimo secolo, da dove io giungo. Potreste ripetermele non vorrei aver male inteso.
La prima massima è che "in materia di azioni non si deve dar consigli a nessuno", perché se la ragione è preda di incantesimo, difficilmente il consiglio potrà risultare profittevole.
La seconda è che "la cosa migliore è prendere il guadagno senza pentirsene", perché, come per l'anguilla che quando meno te lo aspetti ti sguscia via, è cosa prudente godere quello che si può, senza confidare nella stabilità dell'occasione o nella persistenza della fortuna.
La terza è che "i guadagni degli azionisti sono come i tesori dei folletti", poiché ora son carbonchio, ora carbone; ora diamanti, ora ghiaia; ora rugiada dell'aurora, ora lacrime.
La quarta è che "chi vuole arricchirsi a questo modo deve aver pazienza e denaro", poiché v'è così poca stabilità nei prezzi e ancor meno fondamento nelle notizie. Chi sa sopportare i colpi, senza farsi cogliere dal panico davanti alle avversità, comportandosi come il leone che risponde ai tuoni del cielo con ruggiti e non come la cerva che scappa impaurita, se aspetta, e ha il denaro per poter aspettare, guadagnerà.
Queste stesse oscillazioni costringono molti a rendersi ridicoli, gli uni si fan guidare dai sogni e gli altri dalle profezie, questi dalle illusioni e quelli dai capricci, e tantissimi dalle chimere.
E scommetto che qui da voi chi indovina la mossa giusta, o chi la sbaglia, lo fa senza sapere il perché e spesso senza poter ripetere la sua abilità a lungo.
Quello che sostenete è verissimo. Uno entra perplesso nell'arena, combattuto tra le idee, senza sapere quale sia quella che lo ingannerà e quella che lo condurrà alle stelle.
Entra nell'agone un altro giostratore, ansioso di conservare i suoi beni; vacilla incerto su cosa meglio scegliere per incrementarli, si morde le unghie, si torce le dita, chiude gli occhi, fa quattro passi a cui corrispondono quattro soliloqui; accosta la mano alla guancia, come se avesse mal di denti, poi ci mette solo un dito, in atteggiamento meditabondo; si gratta la fronte, accompagnando questa danza con una misteriosa tosse, come se fosse uno strumento del suo ragionamento. E all'improvviso, senza ragione, scopo né grazia, si getta impetuosamente nel mucchio, schioccando le dita con una mano e agitano il pungo con l'altra e comincia a divorare azioni come se fossero panna montata, comprando senza limite tutto quel che trova, raccogliendo tutto quel che può, barattando tutto quel che ha sotto mano: senz'altro stimolo alcuno né altra ragione dell'eco di una voce che gli è giunta all'orecchio.
Nel mio mondo quell'eco si chiama "chiacchiera da bar" o "pubblicità". E tutti paiono scambiarle entrambe come plausibili verità. Molti ancora si ostinano a credere alle offerte di sottoscrizione, quando una società decide di quotarsi ed offrire i suoi titoli in borsa. Ma sono sempre fatte a prezzi elevati, spesso sono dannose ed è quasi sempre meglio comprare i titoli successivamente sul mercato: ma sempre le azioni vanno a ruba. Negli ultimi due anni del mio tempo, per esempio, ci sono state 72 offerte, ma ad oggi ben 51 di queste sono sotto il prezzo di collocamento, molte lo sono ancora dopo due anni, alcune dopo tre. Ma è così da sempre, illustre Azionista, scoprirai che tra qualche anno, nel 1720, anche la tua gente vivrà follie simili, prima in Francia poi in Inghilterra, quando sul mercato ci sarà chi offrirà persino azioni di "società che sveleranno il loro scopo solo in futuro", e troveranno compratori! Però, azionista, leggendo le tue dispense, anche tu dici di comperare sul mercato e attendere, di accumulare con passione senza farsi intimidire dalle intemperie. E' un giudizio che condivido, ma pare non sia facile da mettere in pratica.
Ma si deve tener duro, come Enea che, trovando alle porte dell'Inferno un intero squadrone di arpie, idre e centauri, estrasse la coraggiosamente spada, senza lasciare che la paura annichilisse il suo valore o che la prudenza frenasse il suo ardimento. Al termine della scaramuccia, le azioni si trovano ad un prezzo assai maggiore di quello che avevano prima dell'arrivo della nebbia, perché coloro che prima non pensavano alla lotta e badavano ai loro affari, lasciando che il titolo seguisse senza sobbalzi il suo corso, ora incitati dagli assalti, lasciano gli altri loro impegni e, traendo forza e orgoglio dalla loro stessa posizione di debolezza, cambiano l'ostacolo in vantaggio e quel che doveva servire da precipizio si muta in trampolino di lancio.
Che altri suggerimenti mi puoi dare? E come comportarsi, per esempio, nei rapporti con le banche e con coloro che organizzano i mercati e gli scambi? Che fare di fronte a chi incita a comperare mentre altri invitano a vendere?
Spogliarsi dalle passioni, udire senza alterarsi le due parti, informarsi dalle fonti, valutare le loro ragioni, tener conto delle furbizie, bilanciare le notizie, opporre a ciascuno le obiezioni possibili, per vedere se vi rispondono adeguatamente o fan sorgere il dubbio; e dopo tutti questi accorgimenti, tendere verso dove appare più conveniente. Se volete avere successo nelle vostre imprese, non bevete sempre alla fonte dei compratori innamorati, perché non è bene essere sempre bianchi come ermellini; e non bevete sempre alla fonte dei venditori ostinati, perché non è bene essere sempre neri come corvi. Ma sempre si deve essere amanti per inclinazione naturale e sempre venditori di quando in quando, perché l'esperienza mostra che di solito quelli che comprano vincono e quelli che vedono perdono.
Con pazienza però...
Dovendo scegliere tra la celerità e l'efficacia, nessuno può dubitare che sia meglio applicare il male minore e non rovinare il bene con la fretta quanto piuttosto accrescerne il valore dilatandolo nel tempo. Il serpente offre tutto il suo corpo ai colpi per difendere la testa, dove risiede la vita. Vedendosi preso, il pesce orsino tira l'amo con violenza, allargando la ferita solo per sfuggire alla morte. Per cui, laddove è così probabile la perdita, è così facile l'attesa. Chi sarà tanto frenetico da non optare per il minor danno, anteponendo la saggezza al rischio e quel che è certo a quel che è incerto?
Ma credo che sia già tempo di ritirarsi.
A presto Azionista, spero che tuoi saggi pensieri possano trovar spazio nelle menti degli investitori del ventunesimo secolo.







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