Pubblicato il 9 novembre 2005 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
"Quali che furono le mie vicissitudini, credo che
la fortuna e la sfortuna si abbattano su di noi con lo stesso capriccio delle
nubi. E, sapendolo, non mi lascio mai sorprendere troppo dalle cose cattive,
mentre sono piacevolmente sorpreso da quelle buone. Non ho programmi di vita
né una filosofia: saggi o pazzi dobbiamo lottare tutti per l'esistenza".
(Charles Chaplin).
Qualcuno mi sa dire cosa si può raccontare ad un amico a cui hanno strappato
via qualcosa di troppo grande insieme ad una parte del cuore?
Servirà a qualcosa dirgli che ciò che ha perduto è in realtà
ancora in lui, sempre davanti ai miei occhi?
Che vedo e so che sarà capace di ripartire esattamente da dove il mondo
lo ha momentaneamente bloccato?
Forse un po' aiuta, ma non serve a lenire il dolore, lo so molto bene.
Si può scrivere molto in un giorno nero. Forse è anche più
facile che in altri momenti, perché quando devi riempire un vuoto improvviso
e capiente, sempre lì che ti aspetta e che non ti molla è semplice
avere uno sfogo nella scrittura.
Pensieri vaghi. E altre domande.
Riesci a sentirti? Ad esserci? Ad immaginare ancora?
Ci sono cose che nessuno può capire sino in fondo tranne noi stessi.
A dir la verità, non ho mai creduto che si possa condividere tutto, che
ci si possa veramente, profondamente consolare a vicenda, ma chissà,
forse sbaglio. Forse perché è troppo presto, perché il
bisogno improvviso ci guida d'istinto in luoghi impropri, della mente, del mondo.
La cosa bella (e chissà, stimolante) è che in certi momenti finiamo
per accettare per noi stessi quelle profonde incoerenze che fatichiamo invece
a concedere agli altri, o forse non le comprendiamo per quello che sono, come
loro non le nostre.
Vorrei esser sicuro di ogni azione nel parlare e nello scrivere, ma so solo
che le cose che vorrei spiegarti, che ho vissuto spezzate in sentimenti che
non si possono mischiare, recenti, lontani, vivi, confusi, non riusciranno ad
uscire completamente dalla mia mente e temo che resteranno solo dentro di me.
Ma so anche che se quei sentimenti duri li provi sei ancora qui.
E spesso manca una parola, o un silenzio, o un abbraccio, o magari proprio quel
qualcosa che non si ha mai la capacità di esprimere al momento giusto,
difficile punto d'incontro di dolori diversi, quando invece servirebbe di più,
quando non si è accuditi come dietro ad un bicchiere di birra scaduta,
attorno ad un caro tavolo che sappiamo che per noi sarà sempre imbandito.
Intanto soffri, e soffrirai ancora per molto. E piangerai, per fortuna. E non
poche volte ti alzerai a fatica e 'fanculo se il mondo non te lo lascerà
fare in pace per tutto il tempo che vorrai.
Ma sarà in qualche modo con colei che è "entrata dolcemente
nel mattino" che prima o poi correrai forte di nuovo.
E per lei che allungherai la mano, coglierai uno dei tanti fiori bianchi che
la proteggevano pochi giorni fa e inizierai a fare un gradino dopo l'altro,
su un'altra scala, piano. Ma sempre un po' più in alto di dove sei arrivato
oggi.
E magari ti sorprenderai ad ascoltare la sua voce leggera, che ti farà
suonare proprio nei momenti più cupi, anche se so che adesso è
troppo presto per accettarlo.
Tra le altre cose che ogni tanto rileggo e che mi cullano un po' anche se malinconiche,
c'è una bella poesia di Montale, che scrisse quando anche lui aveva solo
24 anni, "Corno inglese". Le sue parole sono molto più grandi
delle mie e magari potranno di più.
Il vento che stasera suona attento
- ricorda un forte scotere di lame -
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l'orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D'alti Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia,
livido, muta colore,
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell'ora che lenta s'annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.
Il resto verrà da se, senza più bisogno di poesie,
di parole altrui, di preghiere. Con calma, con gli occhi aperti, e quel cuore
ancora più vivo. Ciao,
Simone
