Pubblicato il 30 gennaio 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
La settimana scorsa avevo chiuso il mio articolo con un interrogativo?
Rendono di più i fondi moralisti, o quelli cattivi? E' meglio la finanza
islamica, quella cristiana, quella ambientalista o il gioco d'azzardo ed il
commercio di tabacco e liquori?
Sono sicuro che molti darebbero per scontata la risposta: il vizio non muore
mai e rende bene a chi lo fornisce. In parte è in effetti così,
ma bisogna fare dei distinguo.
Come principe dei cattivi abbiamo scelto il Vice Fund, vero fondo dedicato al
"male", stella degli ultimi anni, ma ve ne sono anche altri (il capostipite
fu il "Sin Shares", nato nel 1979). Diciamo subito che lo scontro
con l'economia tradizionale lo vede vittorioso alla grande. La performance del
fondo del vizio rispetto all'indice S&P500 (che rappresenta la borsa americana)
è stata di quasi il doppio negli ultimi 5 anni, il triplo se misuriamo
solo il 2007. Ma nel duello con l'etica? Partiamo dallo scontro sui "valori".
In Italia non siamo ancora abituati a tale tipo di competizione. Gli italiani
si sono accorti dei mercati finanziari appena una decina d'anni fa, in tempo
per beccarsi prima la bolla speculativa della new economy, poi una serie di
altre spiacevoli avventure a partire da Argentina 2002, ed ancora sono un po'
frastornati per accorgersi di tutto quello che altrove ruota attorno ai mercati
azionari.
Negli Stati Uniti invece non è così già da anni, e gli
investitori di quel paese dispongono di una gran pletora di strumenti finanziari
adatti alle loro specifiche convinzioni morali e religiose. E così troviamo
l'Amana Trust Growth Fund (il più noto fondo che segue principi islamici
nella selezione dei titoli), l'Ave Maria Catholic Value Fund, il maggiore tra
i fondi cattolici, il New Convenant Growth per i presbiteriani ed il Timothy
Plan Funds di stampo evangelico.
La vittoria? Purtroppo il Vice Fund stacca ancora una volta tutti. Solo uno
è riuscito a tenergli testa (i dati sono a fine 2007): l'Amana Trust,
il fondo islamico. Che sia un segno dei tempi? Temo di no. Il fondo si è
mosso bene, ma nella sua politica di investimento islamico esclude le banche,
che nel 2007 hanno causato non pochi problemi ai listini, così come gli avevano
premiati negli anni precedenti.
L'Ave Maria e simili sono andati più o meno in linea con il mercato ed
hanno puntato più che altro sulla tradizione: titoli petroliferi, minerai,
industriali e bancari.
Anche i fondi ambientalisti generici come lo storico Pax World Equity Funds,
il capostipite della famiglia, nato nel 1971 (quando per l'italiano medio il
massimo della finanza era il libretto di risparmio al portatore), il Green Century
Growth o il Calvert Large Cap Growth, pur battendo la media di mercato ed i
concorrenti religiosi, hanno perso la gara contro bacco, tabacco e venere, che
renderanno sì l'uomo in cenere, ma pure ricco.
Riassumendo. Al 31 dicembre 2007 la classifica a 5 anni era (in dollari americani):
Primo: Vice Fund, che ha reso mediamente un 20,85% annuo. Al secondo
posto c'è l'Amana Trust Growth Fund con un 20.74% annuo. Terzo classificato
arriva il verde Pax World Growth Funds con un 14,36% annuo seguito a ruota dal
biblico Ave Maria Catholic Value Fund le cui preghiere hanno fruttato il 13,54%
annuo.
E' dunque il vizio il vincitore? Un momento, dimentichiamo qualcosa.
La settimana scorsa facevo notare come un nuovo modo di sostenere l'ambiente
fosse quello di investire in aziende che puntassero sulle energie rinnovabili.
Fondi così specifici non hanno una storia molto lunga, ma un confronto
a 5 anni lo possiamo fare. Lo sfidante nel nostro caso è il Merril Lynch
New Energy Fund, nato quasi in contemporanea del Vice Fund.
Per la gioia di grandi e piccini annuncio che le energie alternative al petrolio
hanno surclassato i vizi con una performance del 30,8%. Questa volta per battere
i cattivi non sono servite le preghiere, ma ha premiato la volonta di mantenere
pulito l'ambiente, grazie nientemeno che al "cattivissimo" mercato
finanziario.