Pubblicato il 23 gennaio 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
I mercati paiono crollare. O forse no? Crolleranno con un grande Big One tellurico-finanziario,
come diceva ieri Federico Rampini su Repubblica? O è il solito sali e
scendi come accade da sempre, come scriveva sempre ieri Fabrizio Galimberti
sul Sole? Francamente, al momento, non sta accadendo nulla di particolarmente
interessante, o meglio, di nuovo. Ci occuperemo delle bizze dei mercati e delle
solite reazioni del "popolo" con la dovuta calma. Agire in mezzo alla
tempesta è sempre la cosa peggiore da fare.
Preferisco continuare il discorso sulla finanza etica (e ambientalista) accennato
la scorsa settimana. Ma cos'è la finanza etica? Per molte persone queste
due parole sono incompatibili, ma non è così. C'è chi identifica
la finanza etica solo con l'attività delle poche "banche etiche"
presenti in Italia (una di queste, Etibanca, è stata fondata a Rimini
qualche anno fa) che operano seguendo principi meno commerciali delle altre.
O c'è chi si ricorda dei primi fondi comuni etici sorti anni fa, che
destinavano una parte dei loro proventi a determinate iniziative benefiche e
solidali.
C'è però un modo secondo me più efficace di unire l'etica
alla finanza ed è quello indirizzare le proprie scelte di investimento
su particolari settori del mercato azionario, con buona pace di coloro che vedono
lo scambio di capitali realizzato attraverso le borse valori solo come un modo
sofisticato per sfruttare i poveri risparmiatori a vantaggio di pochi ricchi
manovratori. Ed in giorni come questi, questo tipo di retorica galoppa sulle
labbra degli sprovveduti.
E' invece proprio nella natura stessa del mercato che si racchiude il suo potenziale
etico. Sul mercato le aziende di tutto il mondo ci vanno per finanziarsi, per
offrire quote del loro capitale sociale o per chiedere prestiti emettendo obbligazioni.
Soldi che serviranno loro per crescere e svilupparsi, e poi magari quotarsi.
Ma non c'è una discriminante di merito sul tipo di aziende che possono
presentarsi sul mercato.
Molti italiani hanno una visione distorta della borsa per colpa dell'esiguità
del nostro listino azionario, che praticamente è in mano ad un gruppetto
di banche e assicurazioni, più la Fiat e una manciata di industriali
e altrettanti ex carrozzoni pubblici; il resto sono briciole. Nel mondo sviluppato
invece le cose sono diverse. E si può trovare veramente di tutto. Ed
è qui che inizia il bello.
La settimana scorsa ho chiuso il mio intervento sull'ambientalismo con un invito
a percorrere vie ambientaliste alternative, attraverso appunto le scelte individuali
di investimento. Ma come metterle in pratica? L'offerta non manca, da parte
più che altro di gestori esteri.
Il primo esempio è quello delle energie alternative. Ci sono una decina
di fondi comuni in Europa che come politica di investimento hanno quella di
acquistare solo titoli di aziende che sviluppano e commercializzano strutture
per la produzione di energie rinnovabili. Li trovate con il nome di "Clean
Energy", "Furure Energy", New Energy" ecc. Il rendimento?
Molto variabile, ovviamente, con grossi rischi di perdite e potenziali di guadagno
molto alti, soprattutto negli anni a venire se il petrolio resterà su
livelli massimi.
C'è poi chi ha lanciato sul mercato fondi legati allo sviluppo delle
risorse idriche, o chi ha puntato su quelle aziende farmaceutiche che producono
solo farmaci generici a basso costo e si pongono in alternativa alle grandi
multinazionali.
Poi c'è la crescente moda dell'investimento "morale" o "religioso"
, che mi convince molto meno perché troppo generico. Se da una parte
la finanza islamica sta diventando sempre più popolare anche da noi,
grazie ai suoi ingegnosi escamotage per trasformare un tasso di interesse in
qualcosa di accettabile anche per i sostenitori di Maometto, dall'altra una
banca svizzera ha lanciato anche in Italia un tipo di prodotto che negli USA
"furoreggia" da tempo: un fondo che si ispira esplicitamente solo
a valori cristiani nelle sue scelte di investimento.
Sarà curioso vedere tra qualche tempo quali saranno state le aziende
inserite nel suo portafoglio. Ma temo che troveremo la solita messe di banche,
assicurazioni, compagnie petrolifere ecc. che sulla carta non fanno nulla di
male e che di affari con i non cristiani ne fanno assai parecchi (e su questo,
sia chiaro, non ci trovo nulla di male). Però ognuno è libero
di intraprendere le strategie commerciali che ritiene più efficaci, ed
un fondo "Cristiano" è comunque una trovata brillante, soprattutto
nell'ambiente italico del nuovo millennio, caratterizzato da una crescente isteria
cattolica di massa.
Dalla parte dei cattivi ci sono invece i fondi che puntano su tutto quello che
è l'impero del male e della corruzione: tabacco, alcool, armi, gioco
d'azzardo, pornografia. Anche questa "famiglia malvagia" arriva dagli
USA, che come sempre originano e permettono (quasi) tutto ed il suo opposto,
da vera democrazia. Ma chi avrà vinto la gara del rendimento? Lo scopriremo
mercoledì prossimo.