Pubblicato il 5 dicembre 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
All'interno del circo previdenziale italiano di distinguono
tre figure emblematiche che consentono il regolare muoversi del carrozzone:
1) gli illusi, che hanno il ruolo dei fessi; 2) i vecchi, che loro malgrado
si comportano da ladri; 3) i politici, che si trovano assai bene a recitare
la parte dell'opportunista inetto.
Gli illusi sono coloro che credono in buona fede alle panzane che i politici
e sindacati raccontano loro solo per accaparrarsi, in realtà, i voti
e i contributi dei vecchi. Sono soprattutto giovani, e questo li trasforma immediatamente
in fessi, perché sono convinti che quando si parla di tagli pensionistici
debbano essere loro i destinatari, e da fessi, appunto, aiutano pure la demagogia
imperante che vede nei diritti acquisiti dei vecchi un tabù intoccabile
ed innominabile. Ma è proprio lì la causa della loro futura sventura.
Sino a che infatti gli illusi da fessi non si trasformeranno in combattivi,
negando il voto a chiunque non voglia neanche discutere di revisione dei diritti
acquisiti, saranno sempre e solo dei servitori per i politicanti e i sindacalisti
inetti di turno.
Sui politici generalizzo volutamente non per attaccare la casta, ma perché
in questo caso (come in tanti altri) non importa proprio il loro colore. Tutti
sanno che i diritti acquisiti dalle generazioni precedenti concedono privilegi
assurdi ed economicamente insostenibili ai loro beneficiari. Sanno che i vecchi
hanno versato poco, lavoreranno meno dei giovani illusi e vivranno oltre i 90
anni, quando la loro pensione era stata calcolata come se avessero dovuto viverne
meno di 80. Gli inetti però sanno anche una cosa importante: i vecchi
sono più dei giovani e dal 2015 sarà assolutamente impossibile
fare qualsiasi cosa in Italia senza il loro totale consenso, un vero incubo
per lo sviluppo del paese.
Sanno bene che i giovani sono condannati, sanno che la pressione fiscale è
già enorme oggi ed anche se alzata un po' porterebbe a poco, sanno che
è stato promesso troppo, e che bisognerebbe togliere. E si toglierebbe
tra l'altro ad una generazione, quella dei nati anni '30 e '40, considerata
da sempre più studi sociologici come la più felice dell'ultimo
secolo, quindi anche la meno stressata e svantaggiata.
So che è un utopia pensare di rivedere i diritti acquisiti, ma il nostro
è un circolo vizioso inarrestabile e non si riesce neanche a prolungare
di un paio d'anni l'età pensionabile!
Elsa Fornero sul Sole 24 Ore della settimana scorsa scriveva: "Chi pagherà
i costi di questo ulteriore gradualismo? E qui ancora una volta il giudizio
non può che essere impietoso. Per consentire a poche centinaia di migliaia
di lavoratori, non necessariamente stressati, né sfortunati di anticipare
di qualche anno il pensionamento si sono addossati, con l'aumento delle aliquote
contributive, nuovi oneri alle generazioni giovani, a dispetto di tutta la retorica
sul ripristino dell'equità intergenerazionale".
Poi ci sono i vecchi, i beneficiari di tutta la pappa pensionistica preparata
loro dai giovani. Privilegiati dalla storia, non devono neanche lottare troppo
per mantenere i loro bonus rubati ai figli. Anche loro sanno di essere in tanti
e di atterrire con la loro mole anche il più ardito dei politici.
Qualcuno fa giustamente notare che i vecchi stanno in realtà trasferendo
parte della loro ricchezza ai figli proprio perché si rendono contro
delle oggettive difficoltà dei ragazzi rispetto ai loro privilegi.
Ma è una compensazione che regge solo in parte, è un cerchio che
non si chiude perchè è il sistema che deve essere in equilibrio
per essere democratico, altrimenti il peso finale ricadrà solo sui giovani
che non hanno un vecchio tutto per loro, e di squilibri ce ne sono già
oggi in abbondanza.
La psicoterapeuta Umberta Telfener nel suo ultimo libro appena uscito, "Le
forme dell'addio - effetti collaterali dell'amore", scrive: "le riviste
sono piene di riflessioni sul senso di solitudine imperante in questo secolo.
La percezione di spaesamento e di isolamento ha probabilmente a che vedere con
la perdita dell'illusione del futuro, e nasce dalla confusione tra distanza
(modalità della presenza) e solitudine (stato d'animo dovuto alla mancanza)".
Politici e sindacalisti, opportunisti inetti (e vecchi), non fanno che peggiorare
la situazione.