Pubblicato il 10 ottobre 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
In questi giorni la cronaca economica locale è stata
caratterizzata dal caso della Celli spa, che ha deciso di lasciare Rimini per
trasferirsi San Giovanni in Marignano.
E di nuovo di dibatte sull'annosa questione delle aree industriali, e del turismo,
aggiungo io. Sì, perché i due settori sono profondamente legati,
ed hanno un comune avversario: gli edili. E su tutta la faccenda la Confindustria
locale che fa, oltre a mordersi continuamente la coda?
In ogni parte d'Italia, le associazioni degli industriali (ma da noi riguarda
solo la Confindustria, perché l'API a Rimini è libera da questo
dilemma), possiedono al loro interno un'altra importante, e potente, associazione,
quelle degli edili, che a loro volta hanno un loro altro, importante presidente
(quello del Collegio dei Costruttori Edili appunto).
Forse più che altrove, l'edilizia, e con lei tutto il settore delle costruzioni,
nei primi 30 anni del secondo dopoguerra riminese ha tratto grande forza dall'esigenza
locale di dovere costruire una nuova città che si stava trasformando
nel principale centro turistico italiano. E sino qui tutto bene, anche se la
pianificazione continua a mancare da allora. Poi, con lo sviluppo immobiliare
è cresciuto anche il settore del mobilio, dell'arredamento e del legno,
da cui è partito, sviluppandosi in maniera autonoma, il distretto delle
macchine per la lavorazione del legno, solo inizialmente legato alla domanda
locale.
Poi qualcosa ad un certo punto si doveva bloccare per colpa della più
semplice delle cause: il territorio stava finendo.
Oltretutto il turismo entrava in una fase di sovracapacità, mentre le
infrastrutture, soprattutto sul versante viabilità, iniziavano a mostrare
tutta la loro incapacità a gestire una continua crescita immobiliare
che andava assumendo sempre più le fattezze della speculazione, e che
ha finito per stimolare l'instaurarsi di una tanto pericolosa quanto difficile
da sradicare cultura della rendita, che rappresenta un significativo, anche
se non l'unico, freno allo sviluppo.
Siamo una delle province più piccole d'Italia, e stiamo diventando vittima
di un mattone che sta uccidendo due volte questa città: sottraendole
le aree che dovrebbero essere lasciate all'industria, e contribuendo a creare
rendite improduttive, che generano quella "sindrome del declino" denunciata
dal professor Zamagni in una celebre conferenza organizzata da API Rimini nel
2005.
Purtroppo manca ancora la volontà politica per cambiare le cose. E questo
vale tanto per i compagni quanto per gli "oppositori", che hanno fatto
della loro volontà di non provare mai a vincere le elezioni un valore
prezioso ed irrinunciabile, tutti ben sistemati nell'ingranaggio locale (i salotti
buoni piacciono a tutti) nel quale è finito il Celli.
Intanto i piani regolatori procedono a colpi di varianti perdendo ogni visione
di lungo periodo ed i terreni nel frattempo hanno raggiunto prezzi folli. Il
caso dell'area di Cerasolo che è stata poi rinominata "area Celli"
era stato da tempo elevato come paradigma massimo dell'incapacità locale
di provare a valutare l'opportunità dell'espansione industriale a scapito
di quella immobiliare.
Allora torniamo da dove avevo iniziato, e cioè dalle associazioni industriali,
da Confindustria.
Come si fa ha tutelare con la stessa "passione" gli interessi degli
industriali, soprattutto dei piccoli, che sono il motore del paese e della provincia,
che vorrebbero molte, ma molte meno case, più aree, e quindi più
occupazione, migliore viabilità (le stesse cose richiese dall'industria
turistica) con quelli degli edili che invece le case le vogliono costruire da
qui all'eternità?
Come si fa a lamentarsi della mancanza di infrastrutture e di strade se la situazione
urbanistica provinciale è diventata tale grazie a politiche di scambio
che tutto hanno avvantaggiato tranne la piccola impresa? E che stanno diventando
un fardello insostenibile anche per l'industria turistica, che deve competere
con i nuovi centri, puliti e ariosi, che stanno sorgendo ovunque nel mediterraneo?
Questione di salotti buoni locali, si diceva, dove con gli edili banchettano
certi industriali, amministratori e oppositori. E per chi ne è fuori,
come Celli (un'altro era Patacconi), che si è pure "permesso"
di aprire una sede API a Rimini, la vita è un po' più scomoda.
Più passionale, più vera forse, ma più scomoda.