Pubblicato il 26 settembre 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina.
di Simone Mariotti
Un tema molto dibattuto nel mondo del risparmio degli ultimi
due decenni, è se sia più efficace cercare di fare una gestione
attiva sul mercato azionario, puntando ad ottenere prezzi di acquisto e vendita
migliori della media (ma rischiando di fare peggio), o comperare un paniere
di titoli rappresentativo di un indice e non movimentare nulla.
Bisogna dire che il mercato, nel suo complesso, è sostanzialmente quello
che si dice un gioco a somma zero, in cui cioè i rendimenti sopra la
media ottenuti da un gestore compenseranno sempre quelli sotto la media prodotti
da un suo concorrente più sfortunato. Ci sarà sempre qualcuno
quindi che produrrà guadagni extra (o perdite extra), anche se nessuno
potrà mai dirci in anticipo di chi si tratterà.
Bisogna altresì dire che sino ad oggi l'indicizzazione, nei mercati più
evoluti, come quello americano, ha prevalso in quanto a costanza del rendimento.
Ci sono però dei pericoli in agguato anche su questo fronte.
Un fattore che a mio avviso rappresenterà in futuro un problema per la
salute del mercato (ed in qualche caso lo è già) è proprio
quello della crescente indicizzazione anche dei portafogli che dovrebbero essere
in realtà gestiti attivamente, di gestori che cioè, per paura
di sfigurare nella gara del rendimento, replicano la composizione di un indice
di mercato, finendo per fare tutti la stessa cosa. E questo riguarda sia i fondi
tradizionali che quelli che usano i derivati.
Lo si è visto, per esempio, successivamente alla recente crisi dei mutui,
in cui tutta la gamma di prodotti chiamati "market neutral" (quelli
che avrebbero dovuto guadagnare un po' in ogni condizione di mercato), si sono
scoperti fare tutti la stessa cosa e ad accumulare tutti allo stesso modo delle
gran perdite; altro che neutralità al mercato.
Se si continuerà con una indicizzazione sempre più diffusa, a
lungo andare ciò toglierà efficacia al mercato, come abbiamo visto
anche la settimana scorsa leggendo le parole del Nobel Sharpe, delegando le
"leve del potere" ai creatori di indici. E questo vale sia nel campo
azionario che in quello obbligazionario. Così, se una pesante serie di
emissioni obbligazionarie a 50 anni, cioè molto speculative, finiscono
sul mercato, anche se il momento potrebbe non essere il più opportuno
per un tale acquisto, tutti i fondi passivi ne faranno incetta per mettersi,
come si dice in gergo, "a benchmark".
Una criticità di questo comportamento la si è vista nel caso delle
obbligazioni argentine. Una testimonianza interessante di qualche anno fa ci
venne da un vincente gestore obbligazionario della Pimco, Mohamed El-Erian,
specializzato sui paesi emergenti. In un servizio di The Economist (5 marzo
2005), il gestore raccontava di essere uscito dall'investimento in Argentina
un anno prima del default, quando già forti segnali di crisi erano all'orizzonte.
Tuttavia, la gran parte dei fondi, benché molto diversificati e mai esposti
oltre il 20% sul paese sudamericano, non pose in vendita a suo tempo i "tango
bond" tenuti in portafoglio. Ciò avrebbe infatti significato un
forte scostamento dall'indice di riferimento che era costituito, fino ad un
giorno prima del default, appunto per il 20% da obbligazioni argentine. Ma tale
scelta fu prettamente opportunistica e dettata più dall'indicizzazione
che non da una seria valutazione del rischio. Infatti, se l'Argentina si fosse
ripresa, la scelta di vendere sarebbe stata sbagliata ed il gestore sarebbe
stato probabilmente licenziato; mantenere i titoli avrebbe invece semplicemente
significato, in caso di default (com'è stato), perdere in linea con la
media di mercato, ed al gestore non sarebbe stato addebitato nulla di particolarmente
negativo.
Di qui deriva quello che è uno dei miei principali suggerimenti per l'impostazione
di un portafoglio, e cioè di selezionare per ogni asset class (se gli
importi lo consentono) più di un paniere di titoli, a patto però
che siano gestiti con approcci differenti al mercato, e possibilmente a basso
costo.
Ma la cosa più importante è poter dedicare alla propria famiglia, alla propria
salute e alla propria cultura quel tempo prezioso che sarebbe invece perso per
stare dietro ad un pericolosissimo e perdente trading fai-da-te sul mercati
finanziari.