Pubblicato il 15 agosto 2007 su La Voce di Romagna in prima
pagina
di Simone Mariotti
Vista la ricchezza raggiunta da molte altre "sorelle",
col tempo sempre più isole hanno tentato di creare, non sempre riuscendoci,
un centro finanziario off-shore sul loro territorio. Dico non sempre, perché
se quel forte legame con il turismo viene a mancare, o non è presente,
spasso è indice di carenze strutturali di base. Due esempi sono l'Islanda,
che pur tentando, non è mai riuscita a convogliare su di se un interesse
eccessivo della finanza globale o, in Asia, la piccola isola di Labuan, che
ha una giurisdizione semi-indipendente dalla Malesia (simile al rapporto Jersey-Regno
Unito), ma che incappata nella crisi regionale del '97 non si è più
ripresa a sufficienza per competere con i concorrenti già affermati dell'aera.
D'altra parte i dati parlano chiaro: nei primi anni novanta i depositi bancari
stranieri ammontavano a 450 miliardi di dollari ad Hong Kong, 365 a Singapore,
350 nelle isole Cayman, 340 nel Lussemburgo, 200 alle Bahamas, 50 a Jersey.
Nello stesso periodo i depositi stranieri in Giappone erano di 950 miliardi
di dollari, 740 negli USA e 510 in Francia. Quei sei microstati insieme erano
poco lontani dalle tre grandi potenze mondiali. Oggi invece si stima (dati al
2005) che il denaro che transita da questi centri sia a livelli tali che solo
quello appartenente alla finanza nera del crimine ammonta a quasi 1.500 miliardi
di dollari, pari al 5% del pil globale.
Tra i fattori che hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo dei centri
finanziari, soprattutto caraibici, c'è certamente il narcotraffico, grazie
alla strategica posizione di molti stati tra USA e America Latina.
Questi fattori comunque, insieme a quelli ricordati in precedenza, non sono
sufficienti a spiegare la proliferazione di centri off-shore nei Caraibi.
C’è una certa differenza tra i centri sulla base dei servizi offerti, dei costi e della posizione geografica, anche se spesso le preferenze dei clienti sono determinate da fattori personali, culturali e persino emozionali (come il fatto che in un certo posto si parli spagnolo o che sui tetti del governo sventoli la bandiera del Commonwhealth). Inoltre, ed è certamente la
ragione principale che tiene in vita così tanti "paradisi"
contemporaneamente, è determinante il fatto che molte banche ed istituzioni
finanziarie raramente vogliono tenere tutte le uova in un solo paniere. Meglio
non rischiare di incappare in una crisi politica per non aver voluto aprire
un filiale in più nell'isola vicina.
Proviamo ora a fare un riassunto delle caratteristiche che deve avere uno stato
per diventare un grosso centro finanziario off-shore
1) Non deve essere presente un imposizione fiscale diretta, o deve esserlo a
livelli molto bassi.
2) Non ci devono essere restrizioni sull'uso di valuta straniera, o sui movimenti
di capitali dentro e fuori il paese.
3) Ci devono essere garanzie sulla riservatezza dei clienti, preferibilmente
attraverso la legge.
4) Essenziale è la stabilità politica. Questo avvantaggia naturalmente
le piccole isole, specialmente se ancora legate alle ex potenze coloniali. Anche
se non è la regola assoluta, tendenzialmente i piccoli stati insulari
sono piuttosto tranquilli rispetto ai loro colleghi del terzo mondo; basta confrontare
il Centro America, con il suo grappolo di staterelli, con la regione caraibica
per rendersene conto. Non a caso l'unico stato continentale che ha sviluppato
tali servizi finanziari, anche se non ai livelli delle isole delle Antille,
è il Costa Rica, sicuramente il più stabile di tutta la regione.
5) Ci deve essere una buona schiera di professionisti che abbiano cura degli
affari.
6) La forza lavoro in generale deve essere ben istruita e parlare correntemente
l'inglese. Ancora una volta, se si eccettuano i paesi sviluppati, sono proprio
le piccole isole, o i piccoli stati, le aree a presentare i più elevati
tassi di alfabetizzazione ed istruzione del globo.
7) E' necessaria la presenza di adeguate infrastrutture, sia nel campo dei trasporti
aerei sia in quello delle telecomunicazioni nonché dell'accoglienza alberghiera
e, possibilmente, un ambiente gradevole.
8) Il sistema legale deve essere chiaro, affidabile, non ambiguo e che minimizzi
le incertezze.
9) Importantissima è l'assenza di scandali che macchierebbero l'immagine
generale e soprattutto la stabilità politica, necessaria ad ispirare
fiducia tra gli investitori. L'Isola di Man impiegò dieci anni per recuperare
la sua reputazione dopo il collasso della Savings and Investment Bank nell'82.
10) Altro fattore determinante al successo è la scarsità di regolamenti
e restrizioni sulle varie attività. Non è una coincidenza che
i tre pilastri degli affari off-shore siano le banche, le assicurazioni e le
imprese marittime, tra le attività più pesantemente regolamentate
nei paesi sviluppati.
Morale della favola: se la provincia di Rimini fosse una città-stato
(ha le stesse dimensioni di Singapore), farebbe faville come centro finanziario
e sottrarrebbe tutto il sangue vitale a San Marino che invece, guarda caso,
quelle caratteristiche sopra elencate le ha quasi tutte, anche se non è
un'isola tropicale. E quelle che non ha gliele regaliamo noi, da bravi furboni.