Pubblicato il 25 luglio 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Siamo alle solite: urla di dolore di levano a causa della forza
dell'euro. E' una tiritera, questa, che non accenna a smettere ed è un
segno che il tipico comportamento dello struzzo italico non cambia mai. Come
se i nostri "problemi" (che in realtà, dal punto di vista industriale,
attualmente gran problemi non sono) fossero dovuti al cambio.
Innanzitutto bisogna vedere di quale cambio si parla, perché da più
voci si inveisce conto la Cina e poi si parla del rapporto euro-dollaro, come
se le cose fossero tra loro slegate e si potesse avere la botte pena e la moglie
ubriaca, come ai tempi delle svalutazioni competitive, che meno male sono terminate,
altrimenti la moglie era morta da un pezzo e la botte si era sfondata.
Facciamo ordine. Cina.
L'ultima cosa che influisce su ciò che la Cina rappresenta per noi è
il cambio forzatamente sottovalutato, dello yuan cinese sulle altre monete.
I dati sul grande paese asiatico sembrano non lasciare dubbi su chi sarà
il futuro dominatore economico del pianeta. Secondo il Credit Suisse First Boston
i consumi dei cinesi cresceranno del 18% all'anno per i prossimi 10 anni, mentre
quelli degli americani faticheranno a salire del 2%. Oggi il peso degli USA
è largamente dominante in valore, ma tra 10 o 15 anni i consumatori cinesi
saranno i principali del pianeta.
Ci sono certo anche ombre che minacciano la forza cinese, a partire dalla sostenibilità
ambientale di una crescita troppo rapida, ma bisogna comunque sgombrare il campo
da semplici illusioni di soluzioni facili, come quella valutaria.
C'è chi chiede la rivalutazione della moneta cinese, chi di levare dazi
su alcuni prodotti su cui c'è il sospetto di dumping. Giusto, se c'è
dumping va punito, ma che rilevanza hanno tali provvedimenti?
Anche parlando della moneta, non si può pensare di combattere la Cina
sperando nella rivalutazione dello yuan. È vero che si stima una sottovalutazione
di oltre il 50%, ma anche se si rivalutasse a dovere, rendendo così più
care le merci cinesi, non farebbe che una minima differenza sulla competitività
con l'occidente. Nella grande maggioranza dei settori i costi di produzione
sono oltre dieci volte inferiori. E solo nelle aree merceologiche più
avanzate, dove anche in Cina il peso dei costi è abbastanza rilevante,
la moneta può avere un ruolo meno marginale. Ma bisogna considerare che
anche un ingegnere top in Cina costa un quarto del suo omologo occidentale.
La rivalutazione avverrà, anche perché ciò vorrà
dire materie prime meno costose per Pechino, e la sete di petrolio e minerali
del dragone spingerà in questa direzione, ma sarà un processo
graduale, frenato anche dall'enorme stock di debito pubblico americano in mano
cinese, che si deprezzerebbe drasticamente assieme ad un calo del dollaro sullo
yuan troppo brusco. E non dimentichiamo che una diversificazione delle riserve
cinesi anche su euro e yen non farebbero che alzare ancora di più il
valore della moneta europea su quella americana, con tutti i danni immaginabili
sulle nostre esportazioni oltreoceano.
Se si guardano questi numeri quindi, appare chiaro che anche uno dei "successi"
europei dello scorso anno, il provvedimento antidumping sulle calzature, appare
altamente trascurabile. All'Europa è stato concesso di imporre un dazio
del 16,5% sulle importazioni di scarpe dalla Cina e del 10% su quella dal Vietnam
(entrambi per appena due anni), e poi? Ancora più trascurabile se si
considera che non è solo da questi due paesi che sta arrivando l'offensiva
alle calzature, e paesi come India, Bangladesh, Pakistan, o anche l'Ucraina,
stanno aumentano notevolmente il loro export verso l'Europa.
L'euro forte poi, se è vero che penalizza la competitività, rende
però, per noi italiani che ne siamo privi in particolare, molto più
a buon mercato le importazioni di materie prime. Ci saranno settori più
colpiti altri avvantaggiati, ma il bilancio complessivo, che probabilmente continuerà
ad essere negativo nel complesso, non è "rosso" a livelli tali
da trovare nel capro espiatorio della moneta l'origine di tutti i nostri mali.
Chi lo fa spesso conduce quella solita polemica politica, che diventa sempre
più stucchevole, e che nasconde i veri responsabili: statalismo e burocrazia,
previdenza fuori controllo ed enormi risorse (familiari e pubbliche) congelate
(morte) come in nessuna altro paese sviluppato negli immobili.
Spine nel fianco del paese che andrebbero estratte con una forza politico-elettorale
che nessun partito di destra o di sinistra attualmente ha.