Quel dritto di Larry Summers
Pubblicato il 10 gennaio 2007 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

La settimana scorsa ho ricordato la piacevole mania degli economisti di rilasciare dichiarazioni esplosive attorno a capodanno, tanto per qualche botto in più. Tra i tanti petardi che sono puntualmente scoppiati, ve n'è stato uno che invece si è distinto per la sua solita ed efficace sobrietà, e serietà. Ce lo ha offerto Larry Summers. Economista pratico e deciso, probabilmente molti se lo ricordano come Segretario del Tesoro USA ai tempi di Clinton, mentre di recente ha guidato l'università di Harvard.
Summers non è un prudendone né un indeciso. E' un pragmatico che osserva le cose è fa quello che ritiene sia meglio fare. Uno dei suoi maggiori successi fu l'aver convinto Clinton a salvare il Messico nel 1995, concedendo al paese vicino un megaprestito assolutamente impopolare tra gli americani, che fu fatto persino contro il volere del Congresso sfruttando un cavillo giuridico. Un prestito da miliardi di dollari che metteva il presidente in una situazione delicatissima, ma che era necessario per evitare disastri peggiori successivi. I repubblicani erano sul piede di guerra, pronti ad impallinare Summers e Clinton davanti al primo dollaro che non fosse tornato indietro. Ma tutto andò bene ed il Messico riuscì ad uscire dalla crisi. Come ricordò Paul Krugman qualche anno dopo: "Qual è la morale della storia? La prima è che talvolta vale la pena di ascoltare gli esperti: molti considerano con fastidio "arroganti tecnocrati" come Larry Summers, ma la qualità di una persona risiede in ciò che essa fa, e Summers fa cose di qualità. La seconda è che talvolta conviene compiere scelte impopolari: se Clinton avesse seguito i sondaggi in quei giorni invernali, probabilmente il Messico sarebbe in rovina e Bob Dole presidente".
Non so voi, ma io ci vedo una bella lezione che sarebbe bene studiassero anche i nostri politici (dx e sx), incapaci di prendere decisioni utili se impopolari, troppo insofferenti agli "arroganti tecnocrati", che hanno quasi sempre ragione e che da noi, per l'economia, hanno il volto di Francesco Gavazzi, Tito Boeri, Alberto Alesina e pochi altri.
Torniamo a Summers e all'oggi. In un suo contributo pubblicato in Italia da Il Sole 24 Ore a fine hanno, si interrogava sulla grande fiducia e sull'ottimismo che stanno dilagando sui mercati finanziari, a fronte di una serie dati di fatto negativi che avrebbero dovuto, "teoricamente", suggerire maggiori cautele. Summers analizza e osservare senza dare ricette da guru, e termina il suo discorso in modo impeccabile: "In ogni caso, fidarsi troppo dell'ottimismo dei mercati fa dimenticare come storicamente le fasi di maggiore fiducia siano anche state quelle di maggiore pericolo. Negli ultimi 20 anni abbiamo dovuto fare i conti con il crack borsistico dell'87, la crisi bancaria dei primi anni '90, l'insolvenza messicana del '95, il crollo finanziario asiatico del '97, il crack Ltcm (un grosso hedge fund che a causa del default della Russia stava per travolgere l'intero sistema finanziario occidentale, nda) nel '98, poi la bolla internet ed il crollo del Nasdaq nel 2000 e gli attacchi dell'11 settembre 2001. Se ciascuno di questi eventi è di per sé eccezionale, il loro succedersi mostra che almeno una volta ogni tre anni si verifica una crisi. Nel dubbio il pericolo più grave potrebbe essere proprio quello di non temere mai nulla".
Avremmo potuto aggiungere la crisi Argentina e gli scandali finanziari del 2002, e la guerra con relativa bolla petrolifera del 2003. Comunque sia, da quasi quattro anni i mercati azionari veleggiano in una specie di bengodi che non ci si può illudere duri in eterno, il cui potere letale non va quindi sottovalutato, specialmente se unito alla parallela bolla immobiliare. La bolla sulle materie prime ha già invece fatto le prime vittime, vedi il crollo del Rame e di fallimenti dei alcuni hedge funds che speculavano sul gas.
La morale, come in passato, è che se si evitano sovraesposizioni eccessive in un settore, sia esso quello azionario, obbligazionario, valutario, immobiliare e materie prime, si evitano anche due spiacevoli conseguenze: 1) l'eccesso di perdite pecuniarie in caso di shock; 2) l'eccesso di perdita di fiducia nel mercato, che finirà per creare perdite pecuniarie ancora maggiori in futuro.
Un po' come sarebbe accaduto al Messico se fosse rimasto a secco di fiducia internazionale.









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