Pubblicato il 14 giugno 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Quanti di voi conoscono la MARR? Molti di certo, anzi moltissimi,
almeno per sentito dire. Quanti di voi esattamente un anno fa hanno partecipato
al collocamento in borsa della MARR. Non sarete in tanti come i semplici conoscitori
del marchio, ma relativamente al popolo degli investitori nostrani siete in
un buon numero. La terza domanda, da rivolgere soprattutto ai romagnoli, quella
cruciale, è: perché avete investito nella MARR?
Le risposte di solito sono di vario spessore. C'è il fascino di un nome
noto, che si conosce da tanti anni, che è sempre stato lì, quindi
perché non fidarsi visto che è roba di casa? Poi c'è Cremonini,
che è uno che sa far soldi, e quindi salire su un pezzo del suo carro
non guasta. La motivazione più irresistibile, quella che ti fa provare
l'inebriante sensazione di poter almeno per una volta essere anche tu un "privilegiato"
in grado di sfruttare del sano insider trading frutto della tua presenza sul
territorio è: "me lo ha detto uno che ci lavora, che sa come sono
i conti, e lui le compra". Purtroppo, in quest'ultimo caso, più
alto è il grado di questi "amici" che "ci lavorano",
più inaffidabili sono le loro parole, dato che una bella fetta dei loro
premi produzione è legata all'andamento futuro del titolo in borsa e
quindi racconterebbero balle alla mamma per far salire le richieste da parte
del popolo.
Sia chiara subito una cosa. Non ho nulla contro la MARR in sé, è
solo che la sua vicenda mi offre lo spunto per sfatare uno dei tanti miti finanziari,
quello del: "se vedo dal vivo i muri dell'azienda, allora devono essere
solidi e l'affare è sicuro".
Le domande che si sarebbe dovuto fare chi avesse voluto investire nel collocamento
MARR avrebbero dovuto essere: perché l'azienda entrare in borsa ora?
Conosco i bilanci? Ho delle idee sul suo mercato, sulle prospettive future,
sulle strategie? Perché privilegiare lei piuttosto che un concorrente,
magari straniero? Tutte domande alle quali, ahimé, non è semplicissimo,
né divertente rispondere.
Dopo un anno dal suo esordio in borsa il titolo MARR prede oltre il 10%, mentre
il listino milanese, nonostante le perdite di questi giorni, guadagna oltre
il 15%.
Forse è stata colpa della Gabanelli e della sua impietosa puntata di
Report sul mercato della carne, o forse no. Semplicemente la MARR valeva meno
del prezzo a cui è stata collocata. Ma il problema non è questo.
La MARR non ha truffato nessuno, anzi. Ha proposto un prezzo al mercato e questo
se lo è bevuto. Tanto di cappello. Moratti ha fatto lo stesso poche settimane
fa collocando in borsa la sua azienda petrolifera, la SARAS, ed ha avuto il
buon senso di farlo in un periodo in cui prezzi delle materie prime, e del petrolio
in particolare, erano a livelli di massimo storico, quindi grossa pubblicità
positiva, grossa probabilità di far soldi a palate (lui). E non a caso
la richiesta è stata molto superiore all'offerta. Poi, dal primo giorno
di quotazione il titolo è già sotto del 20%.
Poi ci sono tante altre storie minori, meno famose, meno celebri, meno richieste
in collocamento, e guarda caso più redditizie. Non ci sono regole fisse.
A parte una o due. La prima è che la geografia non conta.
La storia di questo tipo di errori finanziari basati sul localismo (Saras ha
avuto un boom di richieste nel milanese) è vecchia. Già due anni
fa Alessandro Merli su Il Sole 24 Ore scriveva; "TITOLI LOCALI? SPESSO
SONO SCELTE INFELICI". Parlando di un recente studio sull'influenza della
geografia negli investimenti, scriveva: "Alla gente piace investire in
qualcosa che ha sotto gli occhi e conosce direttamente. Non è un caso
che le prime adunate di risparmiatori beffati dal caso Parmalat siano avvenute
a Parma e Bologna. [...] Il risparmiatore tende a riporre la sua fiducia nella
banca locale di cui spesso è cliente da anni e della quale può
"vedere" fisicamente sia la filiale sia l'incaricato dell'ufficio
titoli".
La seconda regola ci ricorda la morale della storia. Ho già ricordato
in passato, più di una volta, le parole del grande Warren Buffet, ma
pare che ce ne sia sempre bisogno: "In un collocamento di borsa sono i
venditori che decidono quando offrire i titoli sul mercato; così non
è molto probabile che lo facciano in un momento che conviene a voi risparmiatori".
Quindi, se decidete di investire sul mercato azionario italiano, non inseguite
la moda del giorno, il consiglio degli spot televisivi, delle banche o degli
amici (e di entrambi certamente non avete indagato bene i conflitti di interesse).
Comprate il mercato nel suo complesso, e basta, e tra fondi comuni italiani,
esteri ed Etf la scelta non manca. Non farete exploit strepitosi, ma cantonate
ve le risparmierete di sicuro, e non c'è bisogno di imbattersi in un
gestore indipendente come tanti ne esistono sul mercato (che a un anno, mentre
MARR faceva -14%, sul mercato italiano offrivano rendimenti che sono arrivati
al +38%) per avere risultati soddisfacenti.