Pubblicato il 21 settembre 2005 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Dal biblico "vitello" al mitico "vello",
dalle auree ricchezze del re inca Atahualpa, a quelle misteriose del Conte di
Montecristo; gli idoli, i tesori e i loro scopritori e conquistatori hanno riempito
le cronache più avventurose e fantastiche della storia dell'uomo. Ma
tra tutti, colui che più di ogni altro resterà in eterno legato
al potere dell'oro è certamente re Mida. E la sua storia si lega direttamente
a quella della moneta e del commercio e, per quello che il suo nome evoca, della
capacità negli affari. Di veri "re Mida" ce ne sono due, uno
vissuto in Frigia 2600 anni fa, l'altro ha appena compiuto oggi 75 anni. Partiamo
dal primo.
Le versioni mitologiche sorte attorno a questo curioso re del passato sono diverse.
In una di queste troviamo il giovane Mida, tutt'altro che avaro e bramoso di
ricchezza come tutti lo pensano, ereditare la corona della Frigia dal padre
Gordio, che era povero in canna.
Un giorno capitò al nuovo re una grande fortuna. A quel tempo si trovava
di passaggio nelle sue terre il vecchio Sileno, che era stato il precettore
del dio Dionisio. Il poveruomo era in gravi difficoltà e Mida ebbe la
bontà di soccorrerlo in modo caritatevole. Dioniso gli fu molto riconoscente
ed offrì al re frigio un dono a sua scelta.
Con l'entusiasmo di chi si trova in difficoltà economiche, d'istinto
e senza pensarci su troppo, chiese di poter trasformare in oro ogni cosa toccasse.
Dioniso lo accontentò, ma Mida si rese presto conto della sventura che
lo aveva colpito. Cibo, acqua, persino sua figlia divenivano dei veri "tesori"
all'istante, solo che il re non riusciva più né a mangiare né
a bere.
Dioniso venne di nuovo in suo aiuto: per sciogliere l'incantesimo re Mida non
doveva far altro che trasferire i suoi poteri al fiume Pattolo lavandosi nelle
sue limpide acque. Mida non perse tempo e da quel momento il Pattolo divenne
una straordinaria miniera d'oro. E lo era davvero! Tanto che si pensa che le
leggende costruite attorno al vero Re Mida, vissuto in Frigia nel VII secolo
a.C, nacquero proprio per dare una spiegazione alla grande quantità di
oro di cui l'antico fiume, oggi scomparso, era pieno.
Fortuna volle che uno dei grandi popoli del passato, i Lidi, fosse confinante
dei frigi. I lidi svilupparono proprio grazie all'oro del Pattolo, sotto il
regno del ricchissimo Creso (568 a.C.), le prime monete della storia, e fecero
di questo popolo uno dei più grandi innovatori nella storia del commercio.
Le loro monete avevano un diverso contenuto di oro o argento a seconda del valore.
Come ci ricorda lo storico della finanza Peter Bernstein "un'ingegnosa
innovazione lidia fu l'uso di una pietra locale, di colore nero, simile al diaspro,
per saggiare la purezza delle pepite d'oro ricevute in pagamento nelle transazioni
commerciali. Questa pietra divenne famosa come "pietra di paragone",
perché gli orafi strofinavano su di essa gli oggetti d'oro e poi confrontavano
il segno rimasto con quelli prodotti da 24 aghi contenenti oro e argento, oro
e rame e tutti e tre i metalli in diverse proporzioni. Il ventiquattresimo ago
era d'oro puro, ed infatti 24 carati sono la misura dell'oro puro". I Lidi
raggiunsero con Creso il loro culmine, ma furono poi sconfitti dai persiani
di Ciro. Il loro sistema e la loro straordinaria intuizione sull'importanza
della moneta come stimolo per il commercio sono però arrivati sino a
noi.
Il signore che il 31 agosto scorso ha soffiato su una torta con 75 candeline
è invece l'unico altro uomo della storia che, per la sua straordinaria
capacità di fare affari, e l'indiscusso potere di trasformare in oro
ciò che tocca, è degno di portare il nome del vecchio re frigio.
Non ha un gran senso dell'umorismo, è piuttosto taccagno e pare che nel
suo studio ci sia appeso un quadro con le tre parole chiave che rappresentano
il segreto del suo successo: "Pazienza, Disciplina, Razionalità".
Potrebbe essere la descrizione di Paperon de' Paperoni, ma si tratta di Warren
Buffet, personaggio-mito per gli investitori di tutto il mondo che chi segue
le cronache finanziarie non può non aver incontrato sulla sua strada,
e che già abbiamo incontrato in questa piccola storia della speculazione
aurea.
E' chiamato il saggio di Omaha (Nebraska), dove ha sede la sua holding, la Berkshire
Hathaway, che ha ottenuto risultati straordinariamente sopra la media, facendo
guadagnare ai suoi azionisti circa il 22% annuo netto negli ultimi 40 anni.
La cosa straordinaria è che la sua regola ferrea per far soldi è
avere veramente pazienza, disciplina e razionalità.
Pazienza, perché aspettare decenni per lui non è un problema,
ma un dovere. Disciplina, cioè seguire un metodo rigoroso di analisi
quantitativa ignorando le fesserie da piazzista per la ricchezza facile, come
l'analisi tecnica, per esempio. Razionalità, cioè non farsi prendere
dalle mode e investire solo in ciò che si conosce a fondo, da qui la
sua giusta e continuata idiosincrasia per la tecnologia.
Teorico dell'investimento di lungo periodo e della scarsissima movimentazione
di portafoglio, la sua lettera agli azionisti è attesa ogni anno come
l'annuncio di una nuova profezia e in omaggio al suo "credo" è
stato coniato il neologismo Buffettology.
Come scrisse Stefano Carrer su Il Sole 24 Ore, "paradossale ma vero, a
Omaha il nemico è Wall Street e il mondo dei broker, esperti, consulenti
che fanno più il loro interesse di quello degli investitori. Buffet cavalca
gli umori della folla e dice che nel 90% dei casi l'investitore che sceglie
un fondo comune a bassi costi legato agli indici sul lungo termine batterà
chi si rivolge ai costosi consulenti".
Dall'esperienza impariamo le regole del gioco, ma ogni partita sarà diversa
dalle altre. Nel suo Annual Report alla Berkshire Hathaway del 1990, ricordò
come la storia in sé non poteva offrire nessun utile suggerimento "altrimenti
i bibliotecari sarebbero le persone più ricche del mondo". Disse,
in altre occasioni, che "la gente sbaglia perché considera più
il prezzo che il valore di un'azione", e che "la ragione più
stupida del mondo per acquistare un'azione è il fatto che la sua quotazione
sta salendo". E ancora: "non cerco mai di far soldi in borsa con il
trading, acquisto come se dovessero chiudere il mercato domani e non riaprilo
per i prossimi cinque anni. Guarda avanti e non indietro. I manager dei fondi
pensione americani continuano a prendere decisioni con gli occhi fissi sullo
specchietto retrovisore. Un approccio che è costato molto in passato
e costerà molto in futuro. Ovviamente l'investitore di oggi non approfitta
della crescita di ieri".
Non so quanti italiani si riconoscano in queste regole, quanti investano solo
nelle cose che conoscono e soprattutto investano pensando che la borsa chiuda
i battenti per i prossimi 5 anni, ignorando il trading. Non lo so, ma temo siano
un po' troppo pochi.
A proposito, Buffet col suo sistema è diventato il secondo uomo più
ricco del mondo; ha ignorato totalmente la bolla tecnologica (perché
lui non si intendeva di microchip, e voi?), e negli ultimi anni ha fatto affari
d'oro con investimenti innovativi come vernici, detersivi e lamette da barba.
Sconsiglia di investire nelle matricole di borsa perché in quei momenti
"sono i venditori che decidono quando offrire i titoli sul mercato, e non
è molto probabile che lo facciano in un momento che conviene a voi risparmiatori".
Il suo patrimonio è stimato in circa 42 miliardi di dollari (circa 64
mila miliardi di lire), ma non si è mai montato la testa. Non vive in
una reggia, il suo stipendio annuo e di 100 mila dollari (senza bonus, quanto
guadagnano gli altri top manager, italiani e non?) e lascerà il 99% dei
suoi beni in beneficenza, mentre i 3 figli si dovranno accontentare di un "misero"
1%.
Forse sarebbe bene che l'investitore di oggi, pur non potendone carpire il talento,
si ispirasse almeno un po' di più al suo metodo: pazienza, disciplina,
razionalità.