Pubblicato il 14 settembre 2005 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Il fascino della purezza, le leggende di tesori esotici, la
loro indiscutibile bellezza e il loro grande valore, simbolo di ricchezza e
potere, hanno facilmente creato l'illusione, forse ancora più profonda
di quanto non avvenga per l'oro, che possedere gioielli e soprattutto diamanti,
sia un privilegio e una grande opportunità riservata ai multimiliardari,
alla faccia del popolo.
Ma le esigenze che una volta, quando i mercati finanziari erano molto meno evoluti,
spingevano a conservare monete d'oro e gioielli, oggi non esistono più.
Negli ultimi 25 anni i prezzi dei gioielli si sono comportati in modo molto
meno onorevole sia dei bot che delle azioni, e oggi cercherò brevemente
di mostrare che chi si è tenuto alla larga dai diamanti, il principale
tra i gioielli da investimento, ma si potrebbe dire dalle pietre preziose in
generale, non solo non ha perso nulla rispetto ai nababbi, ma si è anzi
comportato da investitore estremamente saggio.
La prima considerazione da fare è che essendo un settore estremamente
di nicchia e con una scarsissima liquidità, anche gli operatori specializzati
sono pochi. Uno dei più noti è la IDB (Intermarket Diamond Business)
di Milano, che guarda caso è l'unica fonte ufficiale cui fa spesso riferimento
la stampa italiana per avere indicazioni sull'opportunità di investire
in diamanti (un po' come chiedere ad un macellaio se mangiare carne fa bene!)
e per avere lumi sui prezzi, dato che essendo un bene assolutamente non quotato,
la trasparenza del mercato non raggiunge neanche quella delle pietre peggiori.
E i dati della IDB non sono sempre limpidi.
A livello globale poi stiamo ancora peggio, perché non solo non ci sono
mercati ufficiali come per l'oro, ma la produzione è al 75% in mano ad
un quasi-monopolista, De Beers, che decide il bello e il cattivo tempo a piacimento,
ed oltretutto il controllo della De Beers è in mano ad una sola famiglia.
Così si sostiene che proprio grazie a questo "beneficio" (un
mercato non trasparente in mano ad un monopolista) i prezzi delle pietre viaggiano
costantemente e regolarmente al ritmo di incrementi di 4,5-5% annui. Facciamo
un paio di verifiche.
Su Il Sole 24 Ore del nel marzo 2005, una pietra da mezzo carato di colore I
e purezza IF (sono degli standard di valutazione internazionali) era stimata
3850€, parola di Claudio Giacobazzi, responsabile commerciale di IDB. Rendimento
atteso 5%.
Ma nell'aprile 2003 sulla rivista Patrimoni sempre Giacobazzi valutava lo stesso
tipo di pietra 3630€. Facendo due conti, si nota come l'incremento, di
220€ corrisponda a poco meno del 3% annuo composto, ben inferiore al 5%
garantito, anzi "regolato" dalla De Beers. Ma non è tutto.
A chi rivendere le pietre in caso di disinvestimento? Trovare compratori può
non essere semplice. La IDB si offre di farlo per voi, ma al prezzo di una commissione
del 10%. Poi bisogna considerare i costi di custodia e di assicurazione. Anche
ipotizzando il 5% annuo, dopo 5 anni il rendimento finale non è che sia
un gran che.
Un'altra testimonianza più dirompente contro il mito dei diamanti e della
loro inattaccabilità anche su periodi più lunghi, ci arriva dal
prof. Beppe Scienza, matematico dell'università di Torino. Nel suo libro
"Il risparmio tradito", ultra polemico atto d'accusa contro il sistema
finanziario italiano, scrive: "Nel 1980 la IDB proponeva brillanti da un
carato, di colore E e purezza IF, alla bellezza di esattamente 35,694 milioni
di lire (l'autore prende i dati da un pubblicità della IDB fatta sul
Il Sole 24 Ore, nda). In potere d'acquisto quell'importo corrisponde a 110 milioni
del 1995, quando un privato poteva dichiararsi contento a recuperare una trentina
di milioni da un'eventuale e sempre difficilissima vendita. Alla faccia della
difesa dall'inflazione: tre quarti del capitale da salvaguardare erano andati
in fumo!" . Su Capital del novembre 2002 sempre la IDB sostiene che "un
carato di ottima qualità può costare 18 mila euro". Cioè
circa 35 milioni di vecchie lire, meno del valore di 22 anni prima! WOW!
In realtà le motivazioni che spingono a queste forme di investimenti
alternativi sono più che altro psicologiche. La stessa IDB nel suo sito
fornisce una serie di ragioni che dovrebbero stimolare all'investimento in diamanti,
ma che non sono altro che definizioni generiche che potrebbero adattarsi a tantissimi
altri beni. La presentazione la seguente:
"Il Diamante: una scelta che si riflette positivamente sugli investimenti.
Questa preziosissima pietra è una delle scelte più indicate tra
gli investimenti a medio e lungo termine: il bene rifugio per eccellenza. Vediamo
perché."
Appunto vediamo (tra parentesi ci sono le mie considerazioni punto per punto):
1) Ha il più alto valore per unità di volume (molto interessante
se avete problemi di spazio, ma cosa centri con la redditività resta
un mistero).
2) La sua quotazione è destinata ad aumentare naturalmente, anche a causa
del progressivo calo della produzione (e chi lo dice? E se, come sta avvenendo,
si abbassassero sempre più i costi di produzione dei diamanti sintetici
per gli usi industriali?).
3) E' un bene assai raro e di grande prestigio (se è solo per questo
lo sono anche le Rolls-Royce, ma non è che producano dividendi o cedole).
4) Non è sottoposto ad influenze politico-valutarie (ma se sono soprattutto
prodotti in paesi in via di sviluppo spesso soggetti a guerre civili! Ed oltretutto
è arcinoto che il loro prezzo è fortemente influenzato dal dollaro).
5) E' liquidabile in tutto il mondo, anche nelle situazioni politiche e sociali
più difficili (come la totalità degli investimenti finanziari
scambiati nei mercati regolamentati. Se poi si intende che con un diamante potete
anche pagare un terrorista, o che non avrete problemi a fare shopping al mercato
nero di Khartoum, allora mi arrendo).
6) Se acquistato con regolare fattura, il diamante è un bene di libera
circolazione, perfettamente trasparente (idem per le lavatrici, le play station,
la mozzarella e tutti gli altri oggetti che avete in casa).
7) Quando è certificato, è quotato internazionalmente (Bot, Btp,
azioni ecc. sono quotati senza bisogno di nessuna certificazione. A proposito,
la certificazione di cui si parla non è un attestato di merito, ma la
prova, chissà quanto rigorosa, che i diamanti non sono stati estratti
da operai in regime di schiavitù e/o da bambini. Visto che gran parte
dei diamanti arrivano dall'africa sub sahariana, o da paesi trasparenti e democratici
come Congo e Botswana, c'è da stare tranquilli che la certificazione
sia veritiera).
8) Non è imponibile fiscalmente (a meno che non arrivi Bertinotti con
una bella tassa patrimoniale; ad ogni modo accade lo stesso con la stragrande
maggioranza dei beni che possediamo).
Insomma di ragioni valide per investire in preziosi, a meno che non siate dei
grossisti ed esperti conoscitori del mercato delle materie prime, provetti Indiana
Jones, avventurieri delle giungle colombiane alla ricerca di smeraldi, o inseguitori
di leggendari rubini malesi, non ce ne sono un gran che.
Soprattutto visto che un semplicissimo pacchetto diversificato di obbligazioni
e azioni quotate, in tutti i periodi storici avrebbero fruttato molto, ma molto
di più, ed in un modo molto più trasparente e liquido di qualsiasi
sacchetto di gioielli.