Pubblicato il 24 agosto 2005 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
"Prendete l'oro, umanamente se possibile, ma a qualsiasi
costo. Prendete l'oro."
(Re Ferdinando di Spagna ai conquistadores nel 1511)
Nei diversi articoli che ho scritto nell'ultimo anno e mezzo
su vari aspetti del mondo del risparmio e degli investimenti, non mi ero ancora
addentrato nello stupefacente mondo di quello che pare sia stato uno dei migliori
mezzi per far soldi negli ultimi anni: l'oro. Con oggi inizio una serie di articoli
che riempiranno questo ultimo mese estivo e che proveranno a colmare in parte
questa lacuna, facendo anche una capatina nel mondo dei gioielli.
Metallo affascinante, da sempre al centro della brama dell'uomo, per secoli
fino ad una trentina d'anni fa ha rappresentato la base monetaria per eccellenza,
quello su cui si fondava la suprema credibilità di una banca centrale
e la reputazione di un sistema economico che si rispettasse.
In realtà quella per l'oro è sempre stata più un'ossessione
che un saggio modo di utilizzare economicamente questo elemento. La sua funzione
di valore di riserva sarebbe dovuta terminare alla fine della prima guerra mondiale,
come suggerì, inascoltato, Keynes (e di ragione ne aveva da vendere),
ma secoli di storia aurea non erano facili da cancellare da un giorno all'altro
e così il sistema valutario internazionale ha continuato ad avere nell'oro
il suo baluardo fino al 1971, quando Nixon annunciò al mondo la fine
della convertibilità del dollaro in oro, che da quel momento tornò
ad essere (o almeno questo è come dovrebbe essere considerato da tutti)
un metallo liberamente scambiato sui mercati.
Le cronache recenti hanno regalato, è il caso di dirlo, sogni d'oro a
tutti coloro che si sono aggirati dalle parti di una miniera, anche se la realtà
però non è proprio questa.
Il marcato rialzo del valore dell'oro dai minimi di fine anni novanta si è
infatti realizzato solo per l'investitore in dollari, valuta con cui il metallo
è scambiato a livello globale, che però sappiano non essere stato
troppo forte contro l'euro. Conti alla mano, un europeo che avesse la cassaforte
piena di lingotti non avrebbe spuntato un rendimento molto superiore alla sola
inflazione, e ben inferiore a quanto si poteva spuntare con dei semplici Btp.
Questo poi al lordo delle spese di intermediazione, cosa di non poco conto per
tutti coloro che hanno qualche difficoltà a trattare direttamente sul
mercato dell'oro londinese, e mi pare siamo in parecchi.
Meglio è andata a quei pochi che hanno investito in azioni delle compagnie
aurifere, magari attraverso i fondi comuni, sicuramente il modo più semplice
per puntare sul biondo metallo. Tuttavia, come al solito, questi prodotti hanno
iniziato a riempire le pagine dei giornali e delle classifiche dei rendimenti
a babbo morto, ovvero quando la corsa dell'oro era già un bel po' avanti,
cioè nel 2003. Se consideriamo che poi per tutto il 2004 sino ad oggi
molti di questi fondi (uno dei più noti è il Merrill Lynch IIF
World Gold Fund) hanno subito delle correzioni, scopriamo che quest'ultimo banchetto
dorato è stato ancora una volta ricco solo per pochi intimi.
Ma siamo poi così sicuri che l'oro si debba meritare questa gran fama
che ha di bene rifugio, difensore assoluto dall'inflazione, valore supremo che
prima o poi, per i pochi che lo posseggono, non potrà che regalare soddisfazioni?
Forse un tempo, forse qualche guerra mondiale fa, forse.
Negli ultimi trent'anni le cose sono decisamente cambiate. Sapete quanto costava
un'oncia d'oro quindici anni fa, quando i tassi interesse in Italia arano ancora
a due cifre e l'inflazione pure? Circa 400 dollari, più o meno il prezzo
di oggi. Tradotto: rendimento 0% in 15 anni. Nello stesso tempo sia le azioni
che le obbligazioni, rischiose o meno, hanno tutte moltiplicato il loro valore.
E dieci anni prima? Quanto costava l'oro 25 anni fa? Tenetevi forte: 800 dollari
l'oncia, il doppio di oggi. Un vero disastro se, oltre tutto, considerate anche
l'elevata inflazione del passato.
Le uniche persone che hanno fatto soldi a palate con l'oro sono stati quei pochissimi
che lo hanno comperato successivamente al 1971, quando gli accadimenti drammatici
degli anni settanta, il calo del potere del dollaro e la perdita di un riferimento
globale come lo era stata la valuta americana, esaltarono il suo ruolo di rifugio
che in pochi anni ne moltiplicò il valore. Ma tutto avvenne in un lampo
che, come vedremo in seguito, neanche le banche centrali riuscirono a sfruttare.
Al prossimo mercoledì per la seconda puntata.