Pubblicato il 26 gennaio 2005 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Lady Astor: "Winston, se fossi tua moglie, metterei del
veleno nel tuo caffè."
Churchill: "Nancy, se fossi tuo marito, lo berrei."
Questo celebre scambio di battute, cui se ne potrebbero aggiungere
altri ugualmente famosi sempre tra gli stessi due contendenti (al pari di Churchill,
Lady Astor era una delle migliori "lingue" del suo tempo, prima donna
ad entrare nel Parlamento inglese), introduce il mio ricordo di Sir. Winston,
di cui in questi giorni ricorrono i 40 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il
24 gennaio 1965.
Lasciando perdere la retorica a cui si andrebbe irrimediabilmente incontro tentando
di descrivere in poche frasi uno dei grandissimi del Novecento, ho preferito
mostrare l'immagine che di quest'uomo vulcanico aveva un altro colosso epocale,
Charlie Chaplin, riportando un paio di brani tratti dalla sua affascinante autobiografia.
Dopo aver fatto conoscenza in america nel '31, Chaplin e Churchill si incontrarono
solo in due momenti distinti e molto lontani nel tempo. Le parole di Chaplin,
che lo ammirava molto pur non condividendone la politica, ci mostrano un esempio
straordinario di rispetto reciproco e di dignità nel confronto politico.
Churchill non era uno stinco di santo, commise molti errori, alcuni dei quali
madornali, come l'aver voluto il ritorno della sterlina alla parità aurea
nel 1925, (cosa che creò un vero disastro finanziario, e non ultimo un
contributo rilevante alla crisi del '29) e fu un conservatore legato per molti
versi ad un'idea antiquata della politica interna, tanto che fu sconfitto pesantemente
nelle elezioni appena successive alla vittoria di quella guerra che lo aveva
trasformato in eroe internazionale.
Come si vedrà in chiusura di questo pezzo, la visione del futuro di Chaplin
fu forse più lucida rispetto a quella dello statista inglese. Ma anche
il grande cineasta non poteva non apprezzare quelle straordinarie doti che oggi
mancano totalmente alla nostra classe politica, che si avvia a 18 mesi di una
campagna elettorale che è molto probabile si caratterizzerà per
la sola straordinarietà del suo squallore.
Parlando del suo soggiorno londinese al tempo della prima inglese di "Luci
della città", nel 1931 (a quel tempo Churchill era stato escluso
dal governo di unità nazionale del laburista Ramsay MacDonald), Chaplin
scrisse:
"Il mio primo incontro con Winston Churchill avvenne nella
villa al mare di Marion Davies. Una cinquantina di ospiti affollavano la sala
da ballo e il salone per i ricevimenti quando lui apparve sulla soglia assieme
a Hearst (n.d.a. si tratta di William Randolph Hearst, magnate della stampa
americana e amico di Chaplin) e vi si fermò con una mano infilata nel
panciotto, napoleonicamente, a guardare le danze. Sembrava sperduto e fuori
posto. W.R. mi vide, con un cenno m'invito ad avvicinarmi e fece le presentazioni.
I modi di Churchill, benché cordiali, erano bruschi. Hearst ci lasciò
soli e per qualche tempo restammo là a scambiarci i soliti commenti mentre
la gente circolava disordinatamente attorno a noi. Churchill non si animò
finché non mi misi a parlare del governo laburista inglese. "Quello
che non capisco" dissi "è il fatto che in Inghilterra l'elezione
di un governo socialista non altera lo status di un re e di una regina."
La sua occhiata fu rapida e allegramente provocatoria. "Naturalmente no"
disse.
"Io credevo che i socialisti fossero contrari alla monarchia".
Lui rise. "Se lei abitasse in Inghilterra le taglieremmo la testa per questa
osservazione."
Un paio di sere dopo m'invitò a cena nell'appartamento che aveva in albergo.
Erano presenti altri due ospiti, oltre al figlio Randolph, un bell'adolescente
di sedici anni avido di discussioni intellettuali, critico e intollerante come
tutti i giovani della sua età. Mi resi conto che Winston era molto fiero
di lui. Fu una serata deliziosa durante la quale padre e figlio non fecero che
burlarsi di cose di poco conto. Dopo di allora, e prima che tornasse in Inghilterra,
c'incontrammo parecchie volte nella casa al mare di Marion.
E ora che eravamo a Londra m'invitò, con Ralph, a Chartwell per il Week-end.
Per arrivarci dovemmo affrontare un disagevole viaggio in automobile, durante
il quale soffrimmo molto il freddo. Chartwell è una vecchia bellissima
casa, arredata modestamente ma con buon gusto, nella quale regna un'atmosfera
familiare. Fu solo durante questa seconda visita a Londra che cominciai per
davvero a conoscere Churchill. In questo periodo egli era deputato, ma ancora
di secondo piano, alla camera dei comuni.
Io credo che Sir Winston si sia divertito più di tutti noi. Sulla scena
della vita egli ha sostenuto molte parti con coraggio, abnegazione e giovanile
entusiasmo. Non ha provato ben pochi dei piaceri che questo mondo può
offrire. La vita è stata generosa con lui. Egli ha vissuto e ben recitato:
si è battuto per le poste più alte e ha vinto. Ha conquistato
il potere ma non se ne mai lasciato ossessionare. Nella sua attivissima esistenza
ha trovato il tempo per gli hobby: le corse dei cavalli, la pittura e i lavori
in muratura che eseguiva personalmente in casa sua. Ricordo che in sala da pranzo
notai una natura morta sopra il caminetto. Winston si accorse del mio profondo
interesse per quel quadro. "L'ho fatto io" disse.
"Ma è notevole!" esclamai, entusiasta.
"Macché! Ho visto un uomo che dipingeva un paesaggio nella Francia
meridionale e mi son detto: sono capace anch'io."
Il mattino seguente mi mostrò le mura attorno a Chartwell che aveva costruito
personalmente. Rimasi sbalordito e dissi che fare il muratore non doveva essere
così facile come sembrava.
"Se le mostro come si fa, in cinque minuti avrà imparato anche lei."
A cena, la sera prima, c'erano vari giovani parlamentari seduti metaforicamente
ai suoi piedi, tra i quali i signor Boothby, ora Lord Boothby,, e il defunto
Brendan Bracken, che divenne poi Lord Bracken, parlatori piacevoli ed interessanti
ambedue. Dissi loro che volevo conoscere Ghandi, il quale si trovava a Londra
in quel momento.
"Abbiano sopportato quest'uomo anche troppo" disse Bracken. "Scioperi
della fame o no, dovrebbero metterlo in galera e tenercelo. Se non usiamo fermezza
perderemo l'India."
"Incarcerarlo sarebbe una soluzione semplicissima, se funzionasse"
ribattei "ma se mettete al fresco un Ghandi, presto ne spunterà
un altro. E' il simbolo di ciò che vuole il popolo indiano, e finché
non avranno ottenuto ciò che vogliono sforneranno un Ghandi dopo l'altro."
Churchill si rivolse a me con un sorriso. "Lei sarebbe un buon deputato
laburista."
Il fascino di Churchill consiste nella sua tolleranza e nel suo rispetto per
le opinioni altrui. Si direbbe che non nutra né rancore né collera
per coloro che non la pensano come lui.
Bracken e Boothby partirono quella sera e l'indomani vidi Winston nell'intimità
della sua famiglia. Fu un giorno di confusione politica, e Lord Beaverbrook
non fece che telefonare a Chartwell interrompendo diverse volte la cena di Churchill.
Si era in tempo di elezioni ed in piena crisi economica.
I pasti mi divertivano, perché Winston teneva allocuzioni politiche a
tavola, durante la cena, mentre i familiari se ne stavano là fermi, buoni
buoni, per non irritarlo. Si capiva che la cosa accadeva spesso e che ormai
ci erano abituati.
"Il ministero non fa che parlare delle difficoltà che si oppongono
al pareggio del bilancio" esclamava Churchill, lanciano un'occhiata furtiva
ai familiari, poi a me. "Dice che ha raggiunto il limite dei finanziamenti,
che non c'è nient'altro da tassare, quando l'Inghilterra mescola il suo
tè come sciroppo." Fece una pausa ad effetto.
"Non si potrebbe pareggiare il bilancio con un'altra tassa sul tè?"
chiesi io.
Lui mi guardò ed ebbe un attimo di esitazione. "Si" rispose,
ma non mi parve convinto.
Rimasi affascinato dalla semplicità e dal gusto quasi spartano che regnavano
a Chartwell. La camera da letto di Churchill era in parte una biblioteca con
un numero enorme di libri accatastati contro il muro, dappertutto. Una parte
era interamente occupata dai Rapporti Parlamentari Hansard. C'erano anche molti
volumi su Napoleone. "Si" ammise "sono un suo grande ammiratore."
"Ho saputo che le interesserebbe girare un film su Napoleone" disse.
"Lo faccia, ha delle enormi possibilità comiche. Napoleone che fa
il bagno e suo fratello Gerolamo che irrompe nella stanza tutto in ghingheri
nell'uniforme con gli alamari dorati, approfittando della circostanza per metterlo
in imbarazzo e costringerlo ad accettare le sue richieste. Ma Napoleone si lascia
scivolare apposta nella vasca, spruzzando d'acqua a divisa del fratello, e gli
ordina di levarsi dai piedi, obbligandolo ad uscire ignominiosamente. Una formidabile
scena comica."
Ricordo Churchill e la moglie quando vennero a mangiare al ristorante Quaglino.
Winston aveva il muso lungo come un ragazzino. Mi avvicinai al loro tavolo per
salutarli. "Si direbbe che lei abbia inghiottito il mondo intero"
dissi con un sorriso.
Churchill m'informò che era appena tornato da un dibattito alla camera
dei comuni e che non gli piaceva affatto il modo in cui procedeva la discussione
sulla Germania. Azzardai un commento spiritoso, ma lui scosse il capo. "Oh
no, è molto grave, molto grave davvero".
Passarono oltre venti anni prima che Chaplin e Churchill si
incontrassero nuovamente. Accadde ancora a Londra, nel 1955. Molte cose erano
cambiate e Chaplin era stato costretto ad un esilio forzato in Europa per essersi
rifiutato di testimoniare davanti agli ignobili e ridicoli tribunali messi su
dal senatore McCarthy, un grande consumatore di oppiacei (la droga gliela passava
di nascosto Harry Anslinger in persona, il terribile "zar antidroga",
per paura che scoppiasse uno scandalo) che aveva scatenato la "caccia alle
streghe" nei primi anni '50, e che mise in subbuglio l'intera Hollywood,
facendo non poche vittime. Charlie fu senz'altro la più illustre. Fu
così che con la famiglia si trasferì nella neutrale Svizzera.
Aveva da poco ricominciato a frequentare di tanto in tanto la sua vecchia città
natale e per una pura coincidenza, nel giro di un paio di giorni, incontrò
prima Nikita Krusciov, che era entusiasta di conoscerlo, poi la sera dopo...
"La sera dopo Oona ed io cenammo da soli al Grill del
Savoy. Eravamo a metà del dessert quando Sir Winston Churchill e Lady
Churchill entrarono e si fermarono davanti al nostro tavolo. Non vedevo Sir
Winston, né avevo sue notizie, dal 1931. Ma dopo la "prima"
londinese di "Luci della ribalta" la United Artists, la nostra agenzia
di distribuzione, mi aveva chiesto il permesso di proiettare il film a casa
di Sir Winston. Naturalmente la richiesta mi lusingò. Qualche giorno
dopo egli mi aveva mandato una gentilissima lettera di ringraziamenti, per dirmi
quanto gli era piaciuto.
E ora Sir Winston era ritto davanti al nostro tavolo, squadrandoci severamente.
"Beh!" disse.
Mi parve di cogliere una nota di rimprovero in quel "Beh!".
Mi alzai in piedi, in fretta, sorridendo, e presentai Oona, che stava proprio
allora per ritirarsi in camera sua.
Quando Oona si fu allontanata chiesi il permesso di bere il caffè con
loro, e mi sedetti al tavolo. Lady Churchill disse di aver letto dai giornali
del mio incontro con Krusciov.
"Con Krusciov mi sono sempre inteso a meraviglia" disse Sir Winston.
Ma dalla sua espressione mi convinsi che aveva qualche segreto motivo per essere
in collera con me. Naturalmente, molte cose erano accadute dal 1931. Churchill
aveva salvato l'Inghilterra col suo coraggio indomabile e la trascinante oratoria;
ma secondo me il suo discorso di Fulton, quello della "cortina di ferro"
non aveva ottenuto altro che un'intensificazione della guerra fredda. (n.d.a.
Chaplin si riferisce al celebre discorso fatto a Fulton, Missouri, nel 1946
in cui Churchill coniò il termine "cortina di ferro" per descrivere
la linea ideale che andava dal Baltico a Trieste, e che separava il mondo occidentale
da quello sotto l'influenza sovietica; molti considerano quel discorso l'atto
iniziale della guerra fredda).
Il discorso cadde sul mio film, "Luci della ribalta". E finalmente
egli disse: "Le ho mandato una lettera due anni fa, per farle i complimenti
a proposito del suo film. L'ha ricevuta?".
"Oh si" dissi con calore.
"Allora perché non ha risposto?"
"Non credevo fosse necessario" dissi in tono di scusa.
Ma Churchill non era il tipo da arrendersi tanto facilmente. "Uhm"
disse in tono burbero "l'ho creduta una forma di rimprovero."
"Oh no, naturalmente no" risposi.
"Comunque" soggiunse lui, a mo' di conclusione "i suoi film mi
sono sempre piaciuti."
Rimasi letteralmente conquistato dal garbo con cui il grand'uomo mi ricordava
quella lettera, rimasta senza risposta, di due anni prima. Ma non ho mai approvato
la sua politica. "Non sono qui per presiedere alla dissoluzione dell'impero
britannico" disse Churchill. Può darsi che sia retorica, ma di fronte
alla realtà dei fatti è una dichiarazione vuota.
Questa dissoluzione non è provocata dalla politica, dagli eserciti rivoluzionari,
dalla propaganda comunista, dalle manifestazioni di piazza, dai comizi. I cospiratori
sono la radio, la televisione e il cinema, l'automobile e il trattore, le innovazioni
scientifiche, l'aumento della velocità e l'infittirsi delle comunicazioni.
Ecco i responsabili della dissoluzione degli imperi".
Così scrisse Chaplin nel 1964, un anno prima della morte di Churchill,
e, a ben vedere, aveva proprio ragione.