Pubblicato il 9 febbraio 2005 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Come ogni anno da quasi quarant'anni, domenica scorsa negli
Stati Uniti si è disputato il Super Bowl, il più spettacolare
ed atteso evento sportivo della stagione. Oltre ad essere un grande evento,
questa sfida di Football Americano nasconde una specie di "mistero":
è una delle più affidabili sfere di cristallo per prevedere l'andamento
della borsa. Innanzi tutto spieghiamo ai profani cos'è il Super Bowl.
Abbiamo detto ha a che fare con il Football Americano. Durante l'anno, infatti,
le principali squadre del paese competono tra di loro all'interno di due campionati
separati, quello della National Football Conference (NFC) e quello della American
Football Conference (AFC). Dal 1967, il Super Bowl mette a confronto in un'unica
sfida che si è sempre svolta a inizio anno, i due vincitori. Una specie
di quella che nel calcio è la Coppa dei Campioni.
Cosa c'entra la borsa? Ebbene la cabala vuole che se a vincere sarà la
squadra della NFC per la borsa americana sarà un buon anno, mentre è
stata quasi sempre una triste notizia per gli investitori venire a sapere del
trionfo della rappresentante dell'AFC.
Pare incredibile, ma si contano sulla punta delle dita le volte in cui quello
che viene detto Indice del Super Bowl ha fatto cilecca, tanto che gli unici
veri errori sono stati commessi nel 1970, nel '75, nel '96 e infine nel '99
quando i Denver Broncos (AFC) piegarono gli Atlanta Falcons per 34 a 14, ma
la borsa "ignorò" il risultato godendosi in pace il suo ultimo
periodo di gloria. Gli ultimi anni non sono stati un'eccezione e la profezia
è continuata: sia nel 2001 che nel 2002, quando i Baltimore Ravens (AFC)
prima e i New England Patriots (AFC) poi hanno contribuito, a loro modo, alle
lacrime degli investitori. Ma il 26 gennaio 2003 i Buccaneers di Tampa Bay (NFC)
fecero razzia di punti contro gli sventurati Raiders di Oakland (AFC), e la
borsa chiuse l'anno in bellezza. Nel 2004 la vittoria dei Patriots (ANC) avrebbe
dovuto portare brutto tempo sui mercati. Previsione corretta per quasi tutto
l'anno, ma il recupero degli ultimi due mesi ha rovinato la festa ai patiti
di questa cabala. Tuttavia, se guardiamo le cose dalla parte di noi europei,
il calo del dollaro si è abbondantemente mangiato tutti guadagni facendo
chiudere in rosso un investimento a Wall Street (la profezia ha funzionato a
metà).
Vi tolgo subito ogni dubbio: tre giorni fa a Jacksonville, Florida, i New England
Patriots (AFC) hanno rovinato i sogni di gloria dei Philadelphia Eagles (NFC),
aggiudicandosi la sfida per 24 a 21, e per la terza volta in quattro anni, impresa
riuscita in precedenza solo ai Dallas Cowboys. Quindi, se avete intenzione di
mantenere i vostri soldi investiti a casa dello zio Sam, siete pregati di tenere
gli occhi molto bene aperti!
Chiaramente non vi è nessun legame tra gli eventi in questione, ma ciò
è una prova di come curiosi collegamenti possano talvolta emergere senza
che per questo esistano significati logici. Non poche volte si sono cercate
delle relazioni tra eventi economicamente neutrali (come il tempo atmosferico,
che secondo alcuni avrebbe una certa influenza sulla psiche dell'investitore)
e la borsa, senza però considerare la miriade di altri elementi che allo
stesso tempo agiscono sull'individuo.
Scettici su tali teorie, volendosi concentrare, per correttezza di analisi,
solo sui risultati sportivi e sul loro effetto sui mercati finanziari, due ricercatori
neozelandesi (Boyle; Walter) nel 2001 vollero sperimentare l'effetto che questo
tipo di eventi poteva avere sull'andamento del mercato azionario. Non era però
facile trovare uno sport che avesse tutte le caratteristiche in regola per essere
testato. Bisognava infatti che una gran parte della popolazione di uno stesso
paese ne fosse coinvolta e che lo fosse in modo unidirezionale (e ciò
eliminava tutte le competizioni di club, come i campionati di calcio o il Super
Bowl stesso) e che avesse una frequenza tale da fornire dati significativi.
Mondiali di calcio e Olimpiadi non facevano al caso loro. La scelta ideale ricadde
sul rugby neozelandese ed in particolare sui successi e le sconfitte dei mitici
All Blacks, nome dato alla nazionale della Nuova Zelanda per via della divisa
completamente nera. Il rugby è lo sport nazionale nel paese dei Kiwi
e scatena un fortissimo entusiasmo in una larghissima parte della popolazione.
Inoltre le sfide tra gli All Blacks e le nazioni rivali sono abbastanza frequenti.
Per farla breve, analizzando tutti i particolari, ed ogni sfaccettatura, testando
ogni possibile variante, suddividendo anche gli avversari tra più e meno
forti, capaci cioè di scatenare reazioni più o meno focose tra
i sostenitori, nessuna relazione significativa emerse tra i successi del team
nazionale e l'andamento della borsa neozelandese. E di tutto ciò non
siamo troppo stupiti.
Ma la mania di cercare correlazioni curiose tra sport ed economia non si è
mai fermata. Il 18 maggio 2002, in prima pagina, Il Sole 24 Ore titolava sulla
parte bassa: "Mondiali, azzurri in semifinale (parola di Goldman Sachs)".
La rinomata società americana aveva notato una correlazione tra le classifiche
della Fifa e il prodotto interno lordo pro capite dei paesi europei e sudamericani;
avendo azzeccato con lo stesso metodo tre delle quattro semifinaliste dei mondiali
di Francia '98, gli analisti di Glodman tentarono nuovamente sfornando il quartetto
che secondo loro si sarebbe giocato la coppa nel 2002: Argentina (eliminata
al primo turno), Francia (come sopra), Spagna (fermata dalla Corea ai quarti)
e Italia (sappiamo bene cosa è accaduto). Forse, oltre al Pil, avrebbero
dovuto considerare anche la presenza in Corea dell'arbitro Moreno!