Pubblicato il 13 ottobre 2004 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Il concetto di base che ho espresso nelle ultime due settimane
parlando di alcuni miti che gravitano attorno al mondo del risparmio gestito,
è che l'attenzione che solitamente di presta alle performance passate
di un prodotto è spesso mal riposta. Meglio sarebbe dare un'occhiata
alle performance passate del gestore del fondo, durante il suo probabile peregrinare
da una società all'altra.
Oggi chiudiamo questa tre giorni dedicata ai fondi e alle loro performance parlando
di quello che è il più importante di tutti gli aspetti da curare
e che abbraccia tutti i precedenti: l'informazione.
In un bellissimo libro di qualche anno fa sulla storia del rischio, l'americano
Peter Bernstein riportava questa frase "filosofica":
L'informazione che hai non è l'informazione che vuoi;
L'informazione che vuoi non è l'informazione che ti serve;
L'informazione che ti serve non è l'informazione che puoi ottenere;
L'informazione che puoi ottenere costa di più di quanto tu voglia pagare.
Applicate al mondo del risparmio e della cura personale del
denaro queste parole sono più preziose dell'oro. Riscriviamo allora questi
"postulati" uno dopo l'altro aggiungendo alcune considerazioni.
L'informazione che hai non è l'informazione che vuoi
Questa è direi la regola di vita dell'italiano medio, e probabilmente
del mondo intero: non si è mai soddisfatti di quello che si ha. Spesso
fonti informative eccellenti sono davanti ai nostri occhi, ma noi non le vogliamo
vedere, vogliamo "altro", di più, ma spesso senza motivi razionali.
Abbiamo la necessità di aumentare a dismisura il numero delle informazioni
in nostro possesso, ma senza analizzarle. Ciò aumenta la fiducia personale,
ma non la accuratezza delle nostre scelte, e non solo nel campo della finanza.
Si cade così facilmente vittima del secondo postulato.
L'informazione che vuoi non è l'informazione che ti
serve.
Potrei riprodurre qui di seguito gran parte degli articoli che ho scritto sul
mondo del risparmio per questo giornale, ed andrebbero tutti bene. Nelle scorse
settimane mi sono soffermato sulla fallace ricerca delle performance passate.
Non è il solo errore informativo che solitamente commette il risparmiatore.
Un altro è quello di fermarsi davanti ad una invitante presentazione
senza indagare troppo cosa ci sia sotto. Quando si parla per esempio di gestione
del rischio, negli ultimi anni hanno spopolato i prodotti a capitale garantito.
L'informazione voluta dalla gente era: "dove posso investire senza perdere
i miei soldi?" Purtroppo è uno dei modi peggiori di porre una domanda
e di selezionare un prodotto. Le domanda corrette da porsi erano: "cosa
mi costa non rischiare il capitale e a quali opportunità, anche a bassissimo
rischio, rinuncio? Come funziona un prodotto garantito? Chi si accolla il rischio
e cosa vuole in cambio?" Purtroppo però ci si è quasi sempre
fermati alla prima richiesta, nata da esigenze psicologiche.
Altro esempio. L'informazione voluta è: "qual è il fondo
migliore di quella categoria, quello che ha reso di più, che lo voglio
comperare?". Tuttavia, delle domande più pertinenti sarebbero: "perché
quel fondo ha reso di più? Cosa lo ha spinto più in su degli altri?"
I motivi sono diversi. Capita spesso di incontrare fondi che agiscono, come
dire, "sotto falso nome". Fondi cioè che si dicono, per esempio,
di "liquidità" (quelli cioè specializzati in titoli
obbligazionari a brevissima scadenza, di solito sotto i 12 mesi, e con rating
molto elevato), ma che tengono in portafoglio titoli a durata più lunga
o a rischio più elevato, e che quindi dovrebbero essere confrontati con
quelli di una categoria più simile alla loro. Oppure fondi che si dicono
operare su una certa aera geografica, ma che in realtà sono diversificati
altrove, senza che il sottoscrittore lo sappia; e ancora fondi come il Templeton
Growth Fund, il cui nome farebbe intendere specializzato ai titoli definiti
"growth", ma che tempo fa era il più grosso fondo "value"
del mondo (i titoli definiti value, più conservativi, sono l'opposto
dei growth, titoli di azienda in forte crescita e molto più volatili).
E ancora. Anni fa, al tempo del boom tecnologico, il fondo Putnam US Opportunities
era venduto come fondo specializzato sul mercato Usa tradizionale, quando in
realtà investiva gran parte del suo patrimonio al Nasdaq. Faceva faville
se paragonato ai classici fondi "America", ma non era nulla di particolare
se fosse stato correttamente paragonato ai tutti gli altri fondi "high
tech".
Quindi, a volte le buone performance (o le cattive, il discorso vale anche a
rovescio) sono il frutto di scelte strutturali che non hanno nulla a che vedere
con le capacità del gestore su un determinato settore.
L'informazione che ti serve non è l'informazione che
puoi ottenere
Anche se non è sempre così, gli investitori devono rassegnarsi
all'evidenza che per avere quelle notizie "magiche" tanto sognate,
bisognerebbe avere la possibilità fare del "semplice" insider
trading, che tra l'altro è un pochettino vietato. Per il resto, ci si
deve rendere conto che milioni di persone, tutti professionisti, oggi giorno
dispongono più meno delle stesse informazioni grazie alla globalizzazione
dei sistemi di informazione. Il che rende molto improbabile che un qualsiasi
piccolo investitore, bancario, promotore finanziario o altro, abbia a disposizione
un'informazione migliore. Semplicemente devi imparare a giocare con regole del
gioco, con quello che si ha a disposizione, che non è comunque poco rispetto
al passato: banche dati complete, esperienza, possibilità di fare investimenti
molto diversificati anche con piccole cifre. L'informazione che puoi ottenere
è spesso quella che puoi imparare con un piccolo sforzo; tuttavia, l'ultimo
postulato è sempre in agguato.
L'informazione che puoi ottenere costa di più di quanto
tu voglia pagare
In effetti tutti volgiamo tutto gratis o a poco prezzo. Se poi la cosa riguarda
la gestione dei nostri risparmi, guai ad ogni spesa aggiuntiva. Ad un idraulico
si sganciano tranquillamente 30€ solo per controllare un rubinetto, ma
pagare una parcella a chi ti cura i tuoi soldi è una cosa che non è
entrata nella nostra mentalità di massa. Siamo ancora a livello della
ricerca spasmodica a destra e a manca di qualche "dritta"; una dritta
che spesso ci si convince sia tale solo per appagare il nostro desiderio di
potenza. Gli psicologi Kahneman (Nobel per l'economia nel 2002) e Tversky la
chiamarono "illusione di validità", che spinge molta gente,
accademici compresi, ad aver fiducia in giudizi altamente improbabili, che nascono
da un insieme errori cognitivi, dovuti sostanzialmente al fatto che spesso si
focalizza l'attenzione su quei dati che confermano le nostre credenze precedenti
ignorando il resto. E' un fenomeno noto da una cinquantina d'anni col nome di
"dissonanza cognitiva", che mi riprometto di affrontare in qualcuno
dei miei prossimi articoli.