Pubblicato il 6 ottobre 2004 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Lo scenario è quasi sempre lo stesso: una gran bella figura sui mercati
negli ultimi 12 mesi, le ridenti facce dei gestori pubblicate sui giornali,
buoni sentimenti, una dialettica giornalistica che trasuda di dinamicità
e slancio, l'ovvio invito ad unirsi alla truppa dei vincenti "di ieri",
tanto è scontato che vinceranno anche domani. La scorsa settimana abbiamo
visto però che il gioco non è sempre così che funziona,
anzi.
Altre volte ci troviamo di fronte neanche allo sbandieramento di strepitosi
risultati passati, bensì solo a grandi promesse supportate da una schiera
di celebrità il cui intuito finanziario "non potrà sbagliare".
Il caso più eclatante a livello globale fu quello dell'hedge fund Ltcm,
gestito addirittura da due premi Nobel (premiati proprio per le teorie che applicavano
al fondo), il cui terribile fallimento, dovuto al suo enorme indebitamento e
all'esposizione sul mercato russo, nel 1998 quasi non mandò per aria
il sistema finanziario mondiale.
Dalle nostre parti, una delle vicende più dolorose, ancora in corso,
è quella che ha visto protagonista il fondo chiuso Prudentia (l'essere
"chiuso" implica che dopo la sottoscrizione iniziale, non vengono
più emesse nuove quote, come nei normali fondi comuni, ma quelle esistenti
possono essere scambiate in borsa), gestito da Fidia s.g.r., società
nata da un joint venture tra alcuni dei maggiori gruppi bancari del paese, Unicredito,
Intesa, Mediobanca e Capitalia, e presieduta da uno dei baroni dell'imprenditoria
made in Italy, Sergio Pininfarina.
Nato nel 1997, il fondo doveva fare grandi affari sul mercato italiano puntando
a rilevare partecipazioni in piccole società non quotate grazie all'occhio
lungo dei suoi gestori, così ben inseriti nel mondo dell'informazione
finanziaria. Il team di gestione però è incappato in una serie
di passi falsi che hanno trasformato Prudentia in uno tra i peggiori prodotti
di risparmio gestito degli ultimi anni.
L'esperienza del fondo doveva terminare nel dicembre 2006 con la distribuzione
dei copiosi proventi realizzati, ma gli incidenti di percorso ne prolungheranno
l'esistenza. Nel frattempo, a 7 anni dalla nascita, i valori di bilancio (30/06/2004)
registrano una perdita di circa il 20%, anche se sul mercato le quote sono in
vendita a quasi il 50% in meno del loro valore iniziale. Nello stesso periodo,
l'indice Comit Performance, che rappresenta l'incremento di valore del mercato
azionario italiano, quotato e disponibile a tutti, è salito di oltre
il 50%.
Al di la del clamore che possono fare nomi grossi della finanza, oggi affrontiamo
il problema dell'illusione da performance del mondo del risparmio anche da un
altro punto di vista, diciamo "strutturale".
Ci sono in particolare due elementi fondamentali da tenere a mente quando si
osservano i risultati passati di un investimento: 1) i gestori si muovono ad
alta velocità tra le società di gestione senza che voi ve ne accorgiate;
2) un settore che sembra aver prodotto grandi numeri in realtà per motivi
tecnici potrebbe aver creato grosse perdite. Partiamo dal primo punto.
E' una cosa che nella realtà capita spessissimo. Un fondo, o una gestione
patrimoniale, produce ottimi risultati, voi vi convincete a sottoscrivere quel
prodotto, ma nel frattempo il bravo gestore ha preso baracca e burattini e si
è trasferito alla concorrenza, magari per tirare su un fondo trasandato,
con un passato meno brillante e per questo snobbato dalla massa. Mediamente
in Europa un gestore resta circa tre anni alla guida di uno stesso fondo e poco
più del 10% dei gestori resta in carica più di 5 o 6 anni. Il
che significa che è estremamente probabile che il prodotto che vi ha
fatto innamorare abbia sostituito il suo pezzo più importante. Una conferma
di ciò arriva anche dagli Usa, dove il sito www.fundalarm.com segnala
tutto il via vai di gestori che mese dopo mese avviene tra i maggiori 4000 fondi
degli Stati Uniti. Da novembre 2003 a settembre 2004 sono segnalati oltre 300
spostamenti!
Un altro fattore da non sottovalutare è l'effettiva possibilità
di monetizzare i guadagni di un impiego di denaro. La mancanza di liquidità
infatti può stravolgere completamente il giudizio su un settore d'investimento.
L'esempio più lampante è quello dei fondi immobiliari. Il mattone,
è sotto gli occhi di tutti, ha corso molto negli ultimi anni ed è
sicuramente stato un ottimo affare per tutti coloro che hanno comprato casa
anni fa. E i giornali non hanno mai mancato di sottolineare tale crescita. Bisogna
anche dire che nel mondo della gestione del risparmio, in concomitanza con il
boom immobiliare, si sono affacciati anche sul mercato italiano i fondi immobiliari
("chiusi" anch'essi), da tempo presenti all'estero, che permettono
a chi vuole investire nel mattone, anche con piccole cifre, di assicurarsi una
certa diversificazione attraverso la sottoscrizione di semplici quote. Attualmente
ne esistono 13 sul mercato domestico e per la maggior parte di essi il valore
sottostante è aumentato. E' stata una buona idea sottoscriverli? Nella
maggior parte dei casi decisamente no. Chi volesse realizzare oggi le proprie
quote dovrebbe infatti rivolgersi al mercato dove però, per la mancanza
di sufficienti scambi, i prezzi sono fortemente scontati rispetto al valore
reale, anche oltre il 30%. Il paradosso è che, per quel che riguarda
fondi di un settore euforico come quello immobiliare, la scelta migliore nonostante
le prospettive di crescita che c'erano anni fa sarebbe stata quella di ignorarli
nel passato e comperarli oggi a prezzi di sconto.
La settimana prossima chiuderemo questa tre giorni dedicata all'ossessione per
le performance dei periodi precedenti, introducendo l'altra chimera di ogni
novello investitore: lo sfrenato desiderio per l'informazione impossibile, la
"dritta" che tutti aspettano di avere da qualche "fonte sicura",
quella che ti farà improvvisamente diventare ricco sfondato e che "sicuramente"
le banche conoscono, ma che, egoiste come sono, non ti vogliono dire.