Pubblicato il 22 settembre 2004 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
"Le volpi hanno assicurato agli americani di essere attivamente
sulle tracce di quei polli scomparsi".
Questa frase apparve al tempo dello scandalo Worldcom, in America nel sito www.dailyenron.com
che ironizzava sulla situazione di sfiducia generale e sul come i risparmiatori
si sentissero presi in giro dalle istituzioni. Era un periodo in cui c'era poco
da stare allegri; ma lì, almeno, giustizia e politica non hanno tardato
a prendere provvedimenti.
E in Italia? Eppur si muove, si potrebbe dire. Lentamente, ma si muove. Sto
parlando della giustizia (la politica è ancora al palo) nei confronti
dei grandi ladri del pubblico risparmio che non sono mai mancati nella nostra
penisola. Certo che, di fronte alle ultime sentenze, ci si chiede se sia meglio
gettare la spugna e smettere di lottare contro il sistema o vedere nelle recenti
cronache giudiziarie uno spiraglio di aria un po' più pulita.
Mi sto riferendo ad una condanna arrivata giorni fa dopo anni di processo (una
decina, ma poco importa se i tempi si allungano, i risparmiatori truffati muoiono,
ecc.). Il "bello" è che ad essere condannata, solo in parte
civile, è stata proprio l'autorità che dovrebbe tutelare gli interessi
dei risparmiatori ed il corretto funzionamento del mercato, la Consob. Ma anche
il sistema giudiziario, in questo frangente, non ha dato una della migliori
prove di se.
Il caso, esemplare e che merita di essere ricordato, è quello dello scandalo
della Sfa (Servizi Finanziari Amministrativi) e della collegata Sfa Commissionaria,
entrambe "aggrovigliate" attorno alla Dominium Trust Corporation Italia
e ad una banca siciliana, la Banca del Girgenti, nata e fatta fallire nel giro
di pochi anni, e utilizzata come tramite per complessi giri di denaro e operazioni
finanziarie sulle quali non si è mai riusciti a fare luce completa, e
che, nei primi anni novanta, coinvolsero anche i vertici di grossi gruppi bancari,
tra cui il San Paolo di Torino, la Banca del Gottardo, quella del Sempione e
il Credito Commerciale Italiano.
Il tutto utilizzando soldi dei clienti, raccolti porta a porta, con promesse
di guadagni milionarie sia per i promotori della Sfa, che per i clienti, che
pensavano di investire in una società specializzata in trading di borsa.
I particolari di questa storia intricatissima sono molteplici. Fu esemplare
nella sua struttura: una serie di scatole cinesi attraverso le quali far transitare
il denaro allo scopo di renderlo invisibile ad occhi indiscreti. Il coinvolgimento
di società estere in vari paradisi fiscali, dalle Barbados alla sperduta
Angola, nell'Africa meridionale. Nomi grossi della finanza e della politica
coinvolti in un giro di protezioni, raccomandazioni, corruzione. Nomi vicini,
da quanto emerso nei processi, alla corrente politica di Ciriaco de Mita.
E ancora, la desolante non-attività della Consob, che non vigilò
affatto sull'operato di una società (la Sfa), di cui sapeva, tramite
indagini recentissime, non avere i requisiti per l'iscrizione all'albo delle
Sim, ma che fu iscritta ugualmente nonostante, tra le altre cose, il suo presidente,
Francesco Milano, fosse già stato condannato in precedenza per bancarotta
(ma aveva passato tutte le cariche alla moglie!). Milano però fu l'unico
che pagò veramente le sue colpe: reo confesso, paralizzato sulla sedia
a rotelle, fu condannato a sei anni e al pagamento di 100 miliardi.
Non era un grande momento per la Consob. Due degli accusati erano coinvolti
anche in un altro processo per una vicenda altrettanto spiacevole, lo scandalo
lombardo-sicilano della Zoppi sim, e in totale erano 11 i funzionari dell'istituto
di via Isonzo ad essere messi sotto accusa per "abuso d'atti d'ufficio";
tra questi, vi erano il direttore generale Corrado Conti, il condirettore Michela
Maccarone e il responsabile area borsa Giuseppe Zadra (oggi direttore generale
dell'ABI, Associazione Bancaria Italiana).
È però qui che i procedimenti giudiziari iniziarono ad ingarbugliarsi.
Se i dirigenti delle varie società furono bloccati e condannati (anche
se dei soldi dei risparmiatori, in tutto circa 2.000 per un totale di oltre
150 miliardi di lire, c'era poca speranza di salvare qualcosa), colpire i "compiacenti
omissivi" della Consob risultò ben più arduo.
Alcuni dei magistrati romani interessati del caso si distinsero poi per una
profonda ignoranza sulle leggi in materia finanziaria, e su tutti questi la
Gip Augusta Iannini (moglie di Bruno Vespa). Come ricorda Paola Pampana, l'avocato
di parte civile a difesa dei risparmiatori frodati, nel febbraio del 2000 "alla
quarta udienza accade l'incredibile: all'improvviso la Iannini in pochi minuti
esclude 179 parti civili, unica volta nella storia di questi processi; non concede
ai risparmiatori il diritto di dimostrare che sono stati danneggiati. (…).
Poi la Iannini pronuncia una sentenza di non luogo a procedere nei riguardi
di tutti gli imputati appartenenti alla Consob spiegando in poche righe le sue
ragioni. Dalle quali appare lampante che non ha letto o non ha capito il contenuto
degli atti processuali e le leggi che regolano le Sim". A Milano infatti
alcuni degli stessi membri della Consob erano sotto processo con gli stessi
identici capi d'accusa. Ma la Iannini preferì archiviare frettolosamente.
Quando si giunse alla corte d'appello un anno dopo, il reato di abuso d'ufficio
era caduto in prescrizione e la Consob fu scagionata in sede penale: "il
fatto non sussiste". Ma tutti sapevano che il fatto sussisteva eccome.
Pochi giorni fa c'è stata una piccola rivincita. La seconda sezione civile
del Tribunale di Roma ha finalmente condannato la Consob al pagamento di oltre
4 milioni di euro per l'omesso controllo sulla Sfa. Giustizia lenta. Lo scorso
anno, a distanza di vent'anni dai fatti, sempre la Consob era stata multata
in relazione alla mancata vigilanza sul crack Cultrera dei primi anni ottanta.
Intanto, tra scandali minori, come quello sopra ricordato, ed enormi buchi neri
internazionali come Parmalat, l'Italia ancora non ha una nuova legge sulla tutela
del risparmio, unico caso tra tutti i paesi "civilizzati", America
in testa, che hanno tutti rapidamente revisionato le normative risultate inadeguate.
In Italia i mesi passano, ma politici incompetenti continuano a pensare solo
alla loro poltrona e a come dovranno fare per difenderla nella lunga ed infinita
campagna elettorale a cui, pare, siamo destinati ad assistere; il resto, se
conta, conta poco.