Un altro fiasco nella gestione del risparmio
Pubblicato il 21 luglio 2004 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Una decina di giorni fa è naufragata in Parlamento in modo deprimente quella che doveva essere la nuova legge per la tutela del risparmio. Si doveva ricominciare oggi con le votazioni su un nuovo testo, depurato di molti dei contenuti iniziali, ma anche quello è stato rinviato a settembre. Tuttavia, dall'aria che tira tra i nostri parlamentari, ci possiamo anche preparare al peggio perché c'è tanta voglia di far finire la riforma nel solito dimenticatoio.
Sono passati tre anni dall'inizio dei guai, da quando con la crisi dell'Argentina sono venuti al pettine tutti i nodi irrisolti in tema di comunicazione e garanzie all'interno del nostro sistema finanziario. Poi sono arrivati i casi Cirio (2002), Giacomelli (2003), Parmalat (2004) e altri ancora.
I nostri politici, e le nostre autorità di controllo, sempre quando l'arrosto era già ben bruciato, davanti alle telecamere hanno sempre fatto sfoggio di un'ottusa sicurezza, vantando la loro "ferrea" volontà di punire i colpevoli e riformare rapidamente il sistema; facevano invece solo a gara a chi la sparava più grossa.
Negli Stati Uniti, allo scoppiare dei primi scandali, in sei mesi sono state approvate le nuove leggi necessarie, con il sostegno di entrambi partiti maggiori. Da noi non sono stati sufficienti tre anni neri per una riforma da due soldi così come appariva quella in cantiere. L'apice dello squallore è stato il rinvio delle votazioni al dopo ballottaggio amministrativo, tanto per calcolare il giusto peso da attribuire a qualche micro-lobby in più o in meno, a seconda di chi sarebbe stato o no nominato vice-sindaco di un qualche paesello di campagna.
In questa misera provincia dell'impero finanziario globale, i risparmiatori, ma le stesse aziende, dopo anni di crisi, sono state sacrificate sull'altare dei soliti giochi di partito. E per fortuna che l'on. Tabacci (UDC, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera) l'8 giugno in un'intervista al Sole 24 Ore dichiarava altezzoso: "Dalla prossima settimana cominceremo a votare. Sul testo c'è già largo consenso: arriverà in porto integro e rapidamente".
Intanto sul vero fronte di risparmio e investimenti nasce una nuova normativa sui fondi comuni di diritto italiano (tanto per incentivare ulteriormente la fuga verso i prodotti clone domiciliati all'estero). Tra le priorità di questo Paese, la "saggezza comune" ha deciso che i primi a cadere sotto una nuova ondata regolamentatrice dovevano essere i più trasparenti, i più semplici e, sotto molti punti di vista, i meno rischiosi strumenti finanziari a disposizione del cittadino, i fondi comuni appunto.
Per carità, le modifiche previste vanno anche bene, ma perché si continua a fare finta di voler migliorare il sistema-risparmio, senza intaccare di un millimetro il reale potere della lobby bancario-assicurativa-postale?
Mentre i fondi italiani vengono ulteriormente irreggimentati, un silenzio tombale continua ad avvolgere le polizze (finanziarie e non) e tutto il mega circo dei prodotti strutturati, che stanno letteralmente dilagando nei portafogli degli italiani, grazie all'azione fiancheggiatrice di banche e assicurazioni (e da un po' di tempo, con crescente aggressività, anche delle Poste), che spingono sui riscatti dai fondi per posizionare la ricchezza delle famiglie sui più lucrosi nuovi specchietti finanziari.
Da un recente commento della società indipendente Morningstar, specializzata nelle valutazione fondi, leggiamo: "Sono o non sono i fondi comuni il miglior strumento di diversificazione degli investimenti per un risparmiatore medio? Stando alle statistiche degli ultimi sei mesi, sembrerebbe proprio di no, visto che da inizio anno l'industria dei fondi ha visto riscatti netti per 5.256 milioni di euro […] Ma molto, al solito, dipende dalle politiche commerciali attuate dai grandi distributori. Conto corrente e polizze vita, soprattutto unit e index linked, in questo primo scorcio d'anno sembrano aver avuto la meglio sui fondi comuni d'investimento, stando alla mole di nuovi prodotti sfornati nel corso di questi sei mesi".
Come se non bastasse la metà dei risparmi del cittadino, secondo quanto emerso da un recente rapporto di Citigroup, rimane in quel "brillante" ed "efficiente" strumento di investimento che è il c/c (ovvero un altro bel regalo alla banca). Se a tutto ciò aggiungiamo la pletora di famiglie che si sono indebitate per pagare degli immobili a prezzi stratosferici, penso proprio che il legislatore italiano possa essere proprio soddisfatto per il suo lavoro:

1) La situazione legislativa in cui sono nati gli scandali Parmalat &Co. non è cambiata di una virgola in tre anni.
2) I risparmiatori sono sfiduciati e preferiscono fare scelte largamente inefficienti, che spesso arricchiscono ancora di più le già odiate banche.
3) Le prime regolamentazioni toccano gli unici strumenti (i fondi comuni italiani) usciti, in quanto tali, tutto sommato piuttosto illesi dalle ultime cronache scandalistiche.
Complimenti!

Di iniziare ad educare il cittadino alla finanza, senza che ci pensino gli scandali a farlo, ancora non se ne parla. Eppure già dieci anni fa Marco Liera, attuale responsabile delle pagine dedicate agli investitori del Sole 24 Ore, sullo stesso giornale scriveva un articolo intitolato: "Tutela del risparmio. L'autodifesa può fare di più della Consob". I nomi coinvolti nei crack di allora erano altri (Ferrovie Torino Nord, Cofilp Sim, Ftn); la sostanza bene o male la stessa. Speriamo, tra altri dieci anni, di non essere costretti a riciclare di nuovo qualche vecchio articolo.








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