Quando l'Olanda impazzì per un fiore

Pubblicato l'8 marzo 2004 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

C'era una volta un re, anzi … c'era una volta un bellissimo imperatore, il suo nome era Semper Augustus. L'inizio potrebbe essere quello di una vecchia fiaba, ma i protagonisti di oggi sono dei reali e bellissimi tulipani (un omaggio floreale un po' particolare, che le nostre lettrici potranno unire alle mimose in arrivo), e che nella prima metà del XVII secolo ipnotizzarono un'intera nazione. Tra i fanatici di questi fiori si annoverava anche il più illustre chirurgo di Amsterdam che decise di farsi chiamare Dr. Tulp e che commissionò al giovane Rembrandt il suo primo grande capolavoro.
Ti voglio bene, perdonami, buona fortuna, mi manchi, addio, sposami e, naturalmente, TI AMO. Quante cose si possono dire con un fiore! Quattro secoli fa però, alcuni fiori molto particolari ed originali, i tulipani appunto, suscitavano in chi li riceveva pensieri molto meno poetici e romantici. Chi possedeva qualche semplice bulbo poteva a buon diritto scendere in strada ed urlare al mondo intero: SONO RICCO!
La storia della follia che si creò attorno ai tulipani nella prima metà del '600, in Olanda, è una delle più note, se non altro per sentito dire, tra le tante stravaganze, scaturite dal sogno della facile ricchezza, che hanno caratterizzato la storia dell'uomo sin dalla notte dei tempi.
Arrivati in Europa dalla Turchia nel '500, i tulipani avevano trovato particolare fortuna in Olanda grazie all'entusiasmo di un botanico, Carolus Clusisus, il cui busto bronzeo troneggia oggi in molti giardini dei Paesi bassi. Verso la fine del XVI secolo, la fama e la bellezza di questo nuovo fiore era cresciuta a tal punto da insidiare il trono di colei che era stata la regina dei fiori sino a quel momento: la rosa. Con il passare degli anni, se ne impararono a conoscere un numero sempre maggiore di specie. I nuovi fiori venivano considerati quasi alla stregua dei beni di lusso ed i prezzi iniziarono a salire. Forse inconsapevolmente, forse grazie al clima di libertà che si andava respirando dopo la fine delle guerre con la Spagna e che portarono all'indipendenza del Paese, fu così che verso il 1634 la smania di possedere e trafficare in bulbi di tulipano si insinuò in ogni parte d'Olanda. Senza distinzione di censo, razza, sesso, età, professione, rango sociale, religione, tutti si buttarono a capofitto nel nuovo commercio.
La rivoluzione commerciale seguita alla scoperta dell'America aveva fatto delle città olandesi i più attivi luoghi di scambio del pianeta, sottraendo il primato alle repubbliche marinare italiane come Genova e Venezia, che da quel momento iniziarono il loro declino. Amsterdam, inoltre, era diventata il rifugio di molti uomini d'affari, specialmente ebrei, che fuggivano dalle persecuzioni e dalle guerre messe in atto dalla Spagna soprattutto nella zona dell'attuale Belgio. Il benessere che ne derivò favorì la voglia di frivolezza ed il nuovo fiore si prestava al gioco.
Le grandi proprietà immobiliari rappresentavano il principale segno di distinzione della ricca classe mercantile, ed un giardino elegante e ben curato era immancabile in ogni tenuta che si rispettasse. Come uno spendente gioiello al collo di una raffinata signora, i tulipani diventarono ben presto le nuove gemme pronte a canalizzare una parte della nuova ricchezza del Paese. Tuttavia, benché fosse apprezzato e stimato da tempo, ancora nel 1620 il fiore era piuttosto raro, e le coltivazioni scarseggiavano. Lo squilibrio che man mano si creò tra domanda e offerta fu uno dei motivi principali dell'inizio della mania. Da cosa nasce cosa.
Presto ci si convinse fatalmente di quello che molte volte ancora nei secoli successivi sarebbe stato causa di un disastro: la grande "novità" (le ferrovie nell'ottocento, la radio e l'auto negli anni venti, internet nel 2000, ecc.) avrebbe garantito un rialzo continuo dei prezzi. Come accade pochi anni fa, quando per un certo periodo una piccola e neonata compagnia telefonica come Tiscali arrivò ad avere un valore di borsa superiore a quello della FIAT, i prezzi persero presto ogni contatto con la realtà.
Secondo dei calcoli fatti allora, una rara specie chiamata Viceroy poteva essere scambiata con la bellezza di: 4 tonnellate di frumento, 8 tonnellate di segale, 4 buoi grassi, 8 maiali, 12 pecore grasse, 2 barili di vino, 4 botti di birra, 2 botti di burro, mille libbre di formaggio, un letto, un completo da uomo e un calice d'argento. Se un padre di famiglia con moglie e 3 figli avesse rivenduto un tale ammontare di beni, avrebbe potuto vivere agiatamente per tre anni.
Ma, come detto all'inizio, il vero imperatore tra i tulipani fu il Semper Augustus che purtroppo, come molti altri, non è giunto sino a noi. I suoi bulbi erano talmente rari e pregiati che vennero persino scambiati con delle case di lusso; nel 1636, infatti, per un bulbo di Semper bisognava sborsare la folle cifra di 5.500 fiorini, che posiamo quantificare in circa mezzo miliardo delle nostre vecchie lire.
Gli storici concordano nell'individuare nell'asta che si svolse ad Alkmaar il 5 febbraio del 1637 il punto massimo della tulipomania. Quel giorno furono messi in vendita i bulbi che 7 fratellini, rimasti orfani, avevano ricevuto in eredità dal padre, e che i tutori pensarono bene di mettere subito sul mercato. Il ricavato fu strabiliante: quasi 90.000 fiorini (più o meno otto miliardi e mezzo di lire). Ma quello fu solo il punto più alto di un mercato destinato a sgretolarsi.
I rischi che la febbre dei tulipani portava con sé si materializzarono drammaticamente pochi giorni dopo quando, ad Haarlem, durante una delle tante aste che si tenevano nel paese, ci si rese conto dei prezzi lunari raggiunti dai bulbi. D'improvviso venne semplicemente a mancare la domanda: nessuno era più intenzionato ad acquistare a tali prezzi. I fiorai erano desiderosi di rivendere i bulbi acquistati in precedenza sperando di realizzare grossi guadagni, ma c'era un problema: tutti la pensavamo allo stesso modo. Vendere divenne immediatamente l'unico obiettivo di ogni commerciante e i prezzi non tardarono a crollare catastroficamente. Lo shock fu grande, ma non ebbe conseguenze gravi per l'economia nel suo complesso, semplicemente ci si svegliò. I fiorai ricevettero una brutta botta, ma tornarono né più né meno al loro livello di vita pre-mania. Qualcuno perse veramente una fortuna, pochi altri si arricchirono esageratamente. Nel caos generale del 1637 si decise di far finta che la crisi non ci fosse mai stata e che i contratti stipulati negli ultimi tre mesi (i più pazzi) non fossero validi. Vennero annullati tutti gli scambi ed il largo ricorso a dei pionieristici contratti a termine mitigò molto i danni della bolla visto che, con tali contratti, il compratore versava solo un acconto al venditore. La maggior parte dei crediti e dei debiti erano quindi stati creati artificialmente ed allo stesso modo vennero fatti svanire.
La lezione però non venne recepita sino in fondo. Nel 1736 gli olandesi impazzirono (anche se in modo meno pericoloso) per un nuovo fiore, il giacinto, mentre nel 1919 di speculò sul gladiolo. E ancora, nel 1838, in Francia, si sviluppò una piccola mania per le dalie tanto una di esse fu scambiata con un diamante. Più di recente, furono i ricchi cinesi che fecero la fine degli olandesi del '600, quando una pianta di origine africana chiamata Lycoris giunse nel loro paese. I prezzi decollarono dai 30$ del 1980 a qualcosa come 60.000$ (corrispondenti più o meno a 300 anni di stipendio di un laureato) per gli esemplari più pregiati pochi anni dopo. Un giornalista, forse dopo aver letto un libro di storia olandese, iniziò a sollevare seri dubbi sull'opportunità di tali quotazioni ed in breve i prezzi si azzerarono.
Io non ci sarei mai cascato! Chi non lo direbbe ascoltando la fantastica vicenda dei bulbi di tulipano? Eppure…Eppure non più tardi di tre mesi fa, ancora in Olanda, è stato di nuovo il tulipano ad incantare circa 120 facoltosi investitori. Costoro avevano affidato i propri risparmi, per un totale di 82 milioni di euro (investimento minimo 100.000€), al Novacap Florales Future Fund che, grazie al millantato sfruttamento di una "nuova e pregiatissima" specie di tulipano, e con l'aiuto di strumenti finanziari innovativi, si prefiggeva di ottenere l'esorbitante guadagno del 30% annuo, ma che è invece incappato in una sonora e classicissima bancarotta.









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