Pubblicato il 25 febbraio 2004 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Là, dove sedendoti al crepuscolo miri le leggiadre fronde
delle palme, intrecciate contro l'oro sfumato di un cielo baciato dal sole;
Là, dove alla sera sole, luna e stelle inscenano il loro benvenuto, abbracciando
la gloriosa galassia del firmamento;
Là, dove una sussurrante brezza caraibica soffia fresca cullandoti come
una dolce ninna nanna.
Quelli che avete appena letto non sono i versi poetici scritti
da una ragazzina sognante e innamorata, bensì le elucubrazioni del vice
presidente di una banca di Miami, nel lontano 1925. Incuriositi? Partiamo allora
dall'inizio della storia.
Leggendo Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa mi è balzata agli occhi
un notizia insolita: a Rimini il numero delle imprese operanti nel settore edile
(3992) sta superando quello delle imprese turistiche (3997).
Che il mondo immobiliare si trovi all'apice di un ciclo molto positivo non è
un mistero; che addirittura l'edilizia stia surclassando il turismo, in una
città come Rimini, che proprio non si può dire l'ultima arrivata
in fatto di quantità di strutture ricettive, può far pensare seriamente
al surriscaldamento di un settore, quello immobiliare, che potrebbe riservare
amare sorprese, specialmente agli ultimi arrivati tra chi ha scelto la casa
come forma di investimento, più che come abitazione.
Ma cosa c'entra il banchiere di Miami con tutto ciò? Agganciandomi a
questo breve richiamo di attualità immobiliare, voglio oggi raccontare
due episodi che, benché estremi, sono emblematici per ridimensionare
la fede assoluta che ancora troppi hanno nell'eterna ed eterea invulnerabilità
del mattone. Partiamo dal primo.
Se la grande crisi iniziata nel '29 è da tempo entrata a far parte della
cultura popolare, pochissimi sono a conoscenza di un fenomeno quasi più
esplosivo, anche se più limitato come numero di partecipanti, che avvenne
nel mercato immobiliare della Florida tra il 1924 e il 1926. Fu il primo segnale
che quel motore fatto di ricchezza, fiducia, spensieratezza, sogno e illusione
che sarebbe passato alla storia come Coolidge Posperity (Calvin Coolidge era
l'euforico Presidente di allora, quello che, per intenderci, diceva che "il
business dell'America è il business") stava pericolosamente andando
su di giri.
Il dato sull'edilizia riminese mi ha fatto pensare, ovviamente con i dovuti
distinguo, alla Miami del 1925 quando sui 75 mila abitanti di allora, ben 25
mila erano agenti immobiliari. La città aveva vissuto un boom incredibile
e la sua popolazione era triplicata in pochi anni. I lotti di terreno in tutto
lo Stato si vendevano al buio, bastava fare un annuncio che l'affare era concluso.
Per avere un'idea della crescita dei prezzi, pensate che un lotto nel centro
più commerciale di Miami Beach acquistato a 800$ nel 1915, nel 1924 fu
rivenduto a 150 mila dollari. Un avvocato di New York che possedeva una grossa
striscia di terreno a Palm Beach, se ne liberò nel 1923 per 240.000$,
ma se avesse atteso solo 18 mesi, di dollari ne avrebbe incassati circa 4 milioni.
Pare incredibile, ma il Miami Daily News usciva regolarmente con edizioni quotidiane
di 100 pagine per dare spazio a tutti gli annunci pubblicitari di vendita, raggiungendo
un picco nell'estate del '25 con un numero di 504 pagine, il più grosso
quotidiano mai pubblicato nella storia del giornalismo. I sindaci delle principali
città erano pervasi dal delirio di onnipotenza ed arrivarono a definire
la Florida come "la Comunità più straordinariamente benedetta,
nello Stato più generosamente dotato, con le Persone più incredibilmente
intraprendenti dell'universo". Non mancarono una buona dose di truffe.
Una di queste fu la messa in vendita di un terreno chiamato "Manhattan
Estate" dichiarato distante tre quarti di miglio dalla prosperosa città
di Nettie, che a sua volta veniva definita come in forte sviluppo, anche se
sulle carte al posto di Nettie era segnato un semplice campo abbandonato. Tornò
brevemente in attività anche un recidivo Carlo Ponzi, il creatore delle
catene di Sant'Antonio finanziarie, che dopo aver fatto danni a Boston nel 1920,
tentò invano la fortuna dalle parti di Miami.
In un biennio i prezzi quintuplicarono, fino al 1926 quando un inatteso ciclone
mostrò cosa era capace di fare la tanto sbandierata "sussurrante
brezza caraibica". Il disastro portò una salutare pausa al boom
frenetico, ma ormai la festa era finita. Il botto arrivò in fretta e
fu fragoroso, tanto che ventisei città che avevano emesso buoni comunali
fallirono e con loro tantissime attività commerciali che traevano il
loro sostegno dalla crescita immobiliare. Nel suo complesso, però, la
Nazione si dimenticò troppo in fretta della Florida. Gli investitori
americani avevano trovato nel mercato azionario di New York un nuovo paese dei
balocchi che li avrebbe trastullati per altri tre anni prima di una nuova e
pesante lavata di capo.
Se i terreni della Florida hanno lasciato il segno nella storia della speculazione,
quello che accadde in Giappone quindici anni fa fu una vera e propria apologia
della follia. Nel paese del sol levante si era innescata una bolla speculativa
formidabile, la cui prima scintilla si era accesa a metà anni ottanta.
Insieme alla borsa avevano cominciato a crescere anche i prezzi degli immobili
i quali, a loro volta, erano dati in garanzia per prestiti che sarebbero stati
investiti in azioni. L'effettiva scarsa disponibilità di abitazioni aveva
facilitato il lievitare dei prezzi che dal 1956 al 1989 erano cresciuti del
5000%. I numeri che si crearono su quel mercato suonano oggi come spaventosi.
Nel 1990 il valore di tutti gli edifici del Giappone era superiore al doppio
della capitalizzazione di tutte le borse del mondo ed era pari a 4 volte il
valore di tutti gli immobili USA, con il particolare, però, che gli Stati
Uniti hanno una estensione territoriale 25 volte più grande di quella
nipponica! Pensate che il solo complesso immobiliare e territoriale del Palazzo
Imperiale di Tokyo sarebbe stato sufficiente per acquistare l'intera California.
Per dare un'idea del livello dei prezzi e del crollo successivo, si tenga presente
che se allora non bastavano i guadagni di una vita intera di un giovane laureato
per il pagamento di un modesto appartamento nel centro di Tokyo (tanto che si
sottoscrivevano abitualmente dei folli mutui multigenerazionali, lunghi anche
un secolo), oggi, a distanza di quasi vent'anni, il valore di un appartamento
ordinario è stimato pari a circa 10 annualità di uno stipendio
medio.
I giapponesi avevano perso qualsiasi contatto con la realtà, orgogliosamente
convinti della inesauribile forza propulsiva della loro economia. Nei quartieri
bene di Tokyo era normale pagare 300 dollari per un bicchiere di whisky annacquato,
mentre i ricchi imprenditori spendevano allegramente decine e decine di miliardi
(di lire) per le opere degli impressionisti francesi.
Quando iniziò il declino nell'aprile del 1990, in pochi si salvarono.
I prezzi degli immobili precipitarono di oltre il 60% in 24 mesi, e la stessa
sorte toccò a quelli azionari. Il sistema bancario che si reggeva su
garanzie fondiarie e immobiliari contabilizzate a prezzi lunari, fu messo a
durissima prova e l'intero Paese entrò in una crisi dalla quale non si
è ancora ripreso.
Le follie del passato speriamo restino tali. Tuttavia l'investimento immobiliare
non deve essere visto come immune da tutti i rischi che caratterizzano, in modo
più o meno marcato, ogni forma di investimento. Quello attuale, poi è
un momento particolarmente delicato, visti gli altissimi prezzi raggiunti dal
mattone, e non solo in Italia. Barrons, una celeberrima rivista della finanza
americana, in un recente articolo mostrava un parallelo interessante: da una
parte il crescendo di voci che provenivamo da intermediari immobiliari inneggianti
ai "rialzi potenziali infiniti del loro settore", dall'altro un grafico
che mostrava come da dieci anni il numero delle case invendute non fosse così
elevato. Gli autori dell'articolo andavano oltre rilevando che, come accaduto
tante altre volte in passato, un sentiment estremamente rialzista è solitamente
il preludio ad una grande correzione. Accadde così anche nel 1987 quando
il numero degli agenti immobiliari esplose letteralmente poco prima che il mercato
immobiliare subisse un improvviso e vigoroso ridimensionamento, e in Italia
c'è chi ancora non si è dimenticato, vuoi per aver fatto ottimi
affari in quel periodo, vuoi per averlo sofferto oltre il dovuto, delle pesanti
depressioni immobiliari di metà anni ottanta e novanta.