Un'occasione da non perdere
Pubblicato il 26 aprile 2007 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

C'è la "Bozza Chiti", c'è il "Porcellum 2" di Calderoli, c'è la voglia di Germania dell'Udc, magari con uno sbarramentino un po' più agevole e qualche norma anti-partitini in meno di quelle previste dal sistema tedesco. C'è poi Amato che dice che la Bozza Chiti è da mettere a posto, che forse era meglio il vecchio uninominale; ma allora ecco che Mastella scalpita e dovranno dargli qualche altra merendina ed un paio di rosari di plastica per saziarlo. Bertinotti e i sinistri estremi e verdolini da sempre sono proporzionalisti puri, i radicali super maggioritari, Il Fini-MSI è stato proporzionalista, poi il Fini-AN presidenzialista, poi di nuovo proporzionlista ed oggi con altri dei suoi firma per il referendum. Silvio sul tema ha cambiato idea tante di quelle volte che credo faccia fatica ad uscire vivo da un dibattito sulle leggi elettorali. Insomma, c'è confusione, e tanta.
Probabile risultato di tutto ciò ? Il nulla. Anzi, la condanna a votare di nuovo con il sistema elettorale che ha prodotto il capolavoro attuale, tanto che qualche mese fa il Financial Times affermava che la priorità per l'Italia era una riforma elettorale dato che il "nuovo sistema proporzionale è praticamente una garanzia di stallo politico".
Ma da un paio di giorni è successo qualcosa di nuovo. La proposta per un nuovo referendum elettorale, portata avanti da un comitato come sempre trasversale al sistema, si è inserita nel gioco per pungolare i partiti stabilendo il tempo massimo a disposizione del Parlamento per una riforma indispensabile.
Nelle segreterie politiche invece al momento non c'è un progetto di fondo serio, un'idea vera di lungo periodo, una motivazione che non sia costruita su quello che è il tornaconto personale a breve, o brevissimo, dettato dai sondaggi. Dallo scoppio di tangentopoli in avanti le leggi elettorali sono state questo. E l'ultima partorita è stata la più abominevole a giudizio di tutti, ideatore compreso.
Siamo un Paese che nelle ultime cinque tornate elettorali ha usato tre sistemi diversi. Nel mezzo sono cambiate le leggi elettorali amminstrative, ci sono due modi diversi per eleggere i sindaci, una sistema a parte per le circoscrizioni, un altro per le elezioni europee. Ognuno di essi ispirato ad una logica diversa. Un paese che ad ogni "pensata" elettorale non può fare a meno di bollare la nuova nata con epiteti mostruosi, dal "Mattarellum" al "Tatarellum", all'ultimo "Porcellum".
Ricordo con nostalgia quando una quindicina d'anni fa Lucio Libertini, uno dei fondatori di Rifondazione Comunista, proporzionalista convinto, si batteva fiero contro il maggioritario, ma si auspicava uno sbarramento al 10%: "Se io e i miei compagni non riusciremo a creare un movimento capace di coinvolgere un tale numero di persone sarò il primo a chiedere di ripensare alla nostra stessa esistenza autonoma", e quando se n'è andato prematuramente nel '93 Rifondazione ha perso certamente uno dei suoi più grandi. Perché aveva una visione sincera delle cose, anche se non la condividevo.
Personalmente ho sempre pensato che un sistema elettorale per funzionare bene dovesse essere puro, pulito, trasparente. E lo può essere sia quando è proporzionale che quando è maggioritario. Ma non ci deve essere sabbia negli ingranaggi. Sono visioni diverse, ma rispettabili entrambe. Dipende cosa ci si auspica per questo paese.
Per quasi 50 anni il sistema proporzionale ha regnato incontrastato finendo per produrre una sorta di malaffare frutto di spartizioni, ricatti, di do-ut -des, un sistema dove con il 14%, alleandosi ora con l'uno ora con l'altro, il Partito Socialista di Craxi era arrivato a controllare il 40% delle amministrazioni locali.
Sono passati quasi 15 anni da quando i referendum elettorali del '91 del '93 diedero il primo scossone al sistema Italia. Ma prevalse sin da subito la paura di cambiare davvero, di fare una scelta decisa, di rinunciare per sempre ai correttivi, papocchi, scorpori e ripescaggi. Sin dall'inizio, lo spirito del referendum del '93 fu tradito creando un sistema assurdo con il quale su una scheda si stimolavano i partiti a coalizzarsi (quella dell'uninominale) con un'altra l'altra (quella per la quota proporzionale) gli si costringeva a separarsi, ed anzi a creare pure delle liste civetta alle quali i candidati dell'uninominale si potevano collegare per aggirare lo scorporo. E ancora ci si ostina a chiamavano maggioritario.
Il sistema attuale, come riassume efficacemente il costituzionalista Giovanni Guzzetta, presidente del comitato referendario, ci ha fatto scoprire nuove aberrazioni: "Il voto va solo al partito, le soglie di sbarramento di fatto non esistono più, i candidati sono inseriti in un elenco così lungo e anonimo che praticamente ci si può nascondere chiunque. La possibilità di pluricandidature conclude lo scempio. Un terzo dei parlamentari sono oggi eletti in conseguenza delle opzioni dei plurieletti. Detto in altri termini, sono scelti da chi è già stato eletto. Ciò vuol dire che un terzo dei parlamentari, fino al momento dell'opzione, sta con il cappello in mano ad attendere che il suo dominus si decida in suo favore [...] Noi volgiamo Eliminare le coalizioni elettorali e i collegamenti tra più liste ed a costringere chi voglia candidarsi al governo (e concretamente ottenere il premio di maggioranza) a costituire un'unica lista, una lista, appunto, unitaria. Solo singole liste infatti potrebbero, con questa ipotesi referendaria, aspirare ad ottenere il premio di maggioranza".
La proposta del governo, la Bozza Chiti, che già è stata criticata dai suoi, prevede addirittura un sistema proporzionale in evoluzione con uno sbarramento che si eleva nel corso di due legislature e tre modifiche costituzionali. Pura fantascienza.
No. Deve tornare la voglia di credere che il nuovo in politica sia ancora possibile. Ed allora è importante esserci, informare, parlarne di questa nuova proposta referendaria. Valutarne gli aspetti più critici e quelli più efficaci.
Ci sono tanti sistemi elettorali nel mondo e ve li descriveremo nel corso delle prossime settimane. Ci sono tante opinioni al riguardo, opinioni che troveranno spazio in questo giornale che nelle nostre intenzioni sarà il punto di riferimento del dibattito sul referendum in Romagna.
Ma intanto bisogna partire, noi dovremo informare e voi dovrete firmare. Poi la palla passerà al Parlamento. Se sarà in grado di fare una buona legge, bene, altrimenti il referendum, pur con i suoi limiti, farà il resto.









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