Lo spietato marketing del Vaticano
Pubblicato il 27 dicembre 2006 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Ma chi è il capo dell'ufficio marketing del Vaticano? Dove ha studiato? C'è da chiederselo perché le fenomenali capacità di esternazione e di comunicazione della multinazionale che gestisce la Chiesa di Roma sono veramente all'avanguardia.
E non è una particolarità dell'oggi, ma una regola che pare eterna. Se c'è un libro, un film, un programma televisivo, o soprattutto un'idea che non piace al responsabile marketing, perché minaccia di erodere le sue quote di mercato, costui incredibilmente adotta sempre la stessa strategia commerciale, ripetendo un grido stonato ai quattro venti che è sempre una variazione sul classico "Al rogo, al rogo!". Con che efficacia? I problemi ci sono.
C'è però anche da capire la difficoltà di questi bravi uomini di chiesa che si trovano incartocciati con i libri di marketing di Edward De Bono in una mano ed il catechismo nell'altra e, disperati, osservano i risultati della loro azione, constatando sgomenti che quelli che all'estero hanno raccolto il loro testimone hanno la faccia arguta di Socci e Volontè, della Binetti e di Rosi Bindi, o le labbra rosso pompeiano di Marcello Pera. Un po' ti incazzi, ammettamolo! "Ma come, io lavoro tanto, mi sbatto sui rosari dalla mattina alla sera, lancio anatemi favolosi, bollo a destra e a manca senza parsimonia, e gli unici che mi danno retta sono un branco di carciofi muffiti e di rape stracotte? Ma la gente vera, quella con il cuore, quella che la Bibbia la legge senza suggeritore, dov'è? Proposito per l'anno nuovo: più tolleranza, selezione ferrea dei testimonials".
Lo speriamo tutti di cuore, caro direttore marketing, anche perché nel frattempo, dopo un altro vostro colpo di genio, i libri di Luciana Littizzetto vanno a ruba, ed è la prova inconfutabile che qualcuno lassù c'è davvero e non ha il forcone in mano.
In realtà, il motivo per cui accade tutto ciò è che oramai da tempo, o forse da sempre, con qualche dovuta eccezione, chi dovrebbe indirizzare spiritualmente le genti non ha gran che da dire, e deve arrangiarsi con i mezzi che ha.
Se Giovanni XXIII, che nel suo campo era un dritto, chiedeva ai suoi collaboratori di piantarla con inchini e salamelecchi vari, che c'erano questioni più importanti cui pensare, Ruini temo abbia addirittura scritto un'enciclopedia sulla modalità di baciare anelli, sull'inchino perfetto, sullo sguardo adulatorio e nebulizzante (per il cervello di chi lo pratica).
Il botto di capodanno "buon" Eminenz ce lo ha regalato negando i funerali a Piero Welby, concessi invece sempre ai soliti assassini, preti pedofili, mafiosi, stupratori, dittatori carnefici ai quali non si nega mai nulla, così come ad un Papa che un anno fa decise di fare la stessa identica cosa che ha deciso Piero oggi. Viva la carità!
Fino alla settimana scorsa mi era rimasta una piccola speranza, una nicchia nascosta in un luogo indefinito tra il mio cervello e il mio cuore, uno spazio che resisteva indomito come un'isola di uomini che combatte contro un esercito enorme, e che ignora che la guerra è persa da tempo.
Una speranza che mi diceva di tenere duro: "vedrai", diceva, "i porporati di quel piccolo stato non sono solo scaldati dal potere, non si rafforzano solo con la sofferenza altrui. Il clero vaticano è anche altro, credimi, non solo politica e interesse".
Forse è vero, ma quello che c'è di altro temo sia ancora peggio di quello che si vede.

"Signori benpensanti, spero non vi dispiaccia se in cielo in mezzo ai santi Dio tra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all'odio e all'ignoranza preferirono la morte.
Dio di misericordia, il tuo bel paradiso lo hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso, per quelli che hanno vissuto con la coscienza pura, l'inferno esiste solo chi ne ha paura", (Fabrizio De André, Preghiera in gennaio).







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