Pubblicato il 6 dicembre 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Pochi giorni fa è stato approvato il piano di ristrutturazione
per le obbligazioni emesse da Eurotunnel, la società che gestisce il
mega buco ferroviario che passa sotto la Manica. Ristrutturazione? Cioè,
un'opera fantasmagorica, mastodontica ed "evidentemente utilissima",
ha avuto dei problemi finanziari? Eccome sa li ha avuti!
Negli anni che sono trascorsi dalla sua nascita, Eurotunnel ha accumulato valanghe
di perdite e le obbligazioni da lei emesse per mandare avanti la baracca erano
oramai in stato di default, tanto che anche Standard&Poor's bollava i suoi
titoli con una D, livello Argentina, per intenderci. Motivo di tutti questi
problemi? La mancanza di utenti.
Ma come? Un progetto osannato dai più, descritto dai politici come rivoluzionario,
quello che avrebbe annullato per sempre le antiche divisioni tra Francia e Inghilterra
(al tempo dell'inaugurazione le iperboli mistiche si sprecavano in puro stile
retorico-politico-spazzatura) alla fine si è dimostrato un mega flop?
Ebbene sì! Proprio lui, il tunnel che unisce Parigi con Londra, cioè
15 milioni di utenti potenziali, non ha passeggeri a sufficienza. Nel 2005 c'è
stato un ulteriore calo del 16% per le auto e del 27 per gli autobus.
Curioso? Per nulla. Come già ricordai tempo addietro, quando si tratta
di studi trasportistici è prassi consolidata sovrastimare le future utenze
e sottostimare (e di molto) tempi e i costi di realizzazione. Accade sempre.
Indipendentemente dal tipo di opera o dal paese in cui ci si trova. Spostiamoci
allora 1500 km più a sud, nel bel paese.
Qualche settimana fa il presidente delle ferrovie italiane sembra abbia fatto
scandalo dicendo che a Trenitalia non è un gran miracolo di efficienza,
pulizia ed affidabilità, e che i conti sono vagamente in rosso profondo.
Affermazioni che hanno lasciato tutti i viaggiatori italiani nel più
generale ed inaspettato sbigottimento!
Sbigottimento che è aumentato scoprendo che costruire l'alta velocità
in Italia (non il traforo in Val di Susa, ma tutto il resto) costa appena il
triplo che altrove. Godibilissimo.
La TAV in Val di Susa per fortuna oramai non si farà più; la bancarotta
italiana ha avuto il potere di superare ogni velleità progettuale.
Ma i politici si ostinano a credere che sostenere quel progetto sia una cosa
buona e giusta, e fonte di salvezza (politica, più che spirituale). Che
parlarne bene sia cosa da gente seria, da gente pragmatica con la testa sulle
spalle, adulta. Sapendolo oramai irrealizzabile, ognuno si attribuisce la tutela
morale della fantastica ideona, pur economicamente disastrosa in sé.
Pur avendo le ferrovie italiane bisogno di un'enorme quantità di soldi
per rifare da capo tutta la rete, pure con il clamoroso fallimento di Eurotunnel
sotto gli occhi.
No, sia Prodi che Berlusconi, invischiati entrambi in passate sponsorizzazioni,
inneggiano all'indispensabilità dell'opera. Ed il presidente del consiglio
se ne va in Francia con il suo sorrisone pacioccoso dicendo che la Torino-Lione
si farà, perché è un'opera assolutamente necessaria. E
Berlusconi annuisce in coro.
Perché l'alta velocità è bella! Fosse anche utile, farebbe
piacere sapere di aver speso valanghe di miliardi per andare da Bologna a Firenze
in 30 minuti.
Mai però che ci si fermi a pensare che per far arrivare i passeggeri
da Roma a Milano in un'ora (invece che le tre della futura TAV) basterebbe una
sana compagnia aerea, nata possibilmente dal fallimento del carrozzone pubblico
precedente. Le merci, invece, della TAV non sanno che farsene, ovunque nel mondo.
Le azioni di Eurotunnel (collegamento Parigi-Londra, è bene ricordarlo)
che nel 1989 valevano circa 18 euro, oggi sono sospese da maggio al valore di
0,44. Chi ha voglia di investire nella fantastica linea che unirà Torino
e Lione?
Meglio ancora, tanto per citare un'altra follia economica, futura piaga di Rimini:
chi si vuole divertire a sperperare un po' di denaro nell'indispensabile metropolitana
di costa?
Ma che dico, questi progetti sono a posto, tutto regolare, tutto calcolato.
Sapete perché? Perché in questo caso (qualunque esso sarà)
è diverso! Ve lo dicono i vostri amati sindaco, vicesindaco, presidente
della provincia, del consiglio.
E dire che quel patacca di Sir John Templeton, dalle Bahamas dove si è
ritirato dopo 60 anni di successi finanziari, continua invece a ripetere che
"le quattro parole più costose in ogni lingua sono: questa volta
è diverso".