Manager sopravvalutati e superpagati
Pubblicato l'11 ottobre 2006 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

La poco coraggiosa finanziaria su cui si è iniziato a discutere prevede anche dei tagli netti agli stipendi dei dirigenti delle aziende a partecipazione pubblica.
Su questo giornale giorni fa si ironizzava ipotizzando come conseguenza una fuga di manager, che avrebbe fatto la gioia di nonnini e pensionati, chiamati a riempire i futuri posti vacanti.
Innanzitutto bisogna vedere se veramente questa fuga ci sarà, dato che la bramosia di potere spesso supera quella per il denaro. Ma la domanda vera da porsi è: siamo sicuri che comunque sarebbe un male?
Il livello dei compensi attuali per gran parte delle aziende pubbliche, la direzione delle quali molte volte significa gestire un monopolio, è scandaloso.
La prima questione cui si dovrebbe porre una risposta è se esista veramente nel mondo un lavoro, tra quelli che non comportano il rischio di fallimento individuale, che sia di livello tale meritarsi di essere pagato quasi quaranta milioni di lire al mese (lo stipendio del Tommasi di Vignano, il boss di Hera, per fare un esempio).
Limitandosi al settore privato, si potrebbe sbrigativamente dire che la concorrenza tra le aziende spinge al rialzo, ma sarebbe semplicistico. Negli Stati Uniti su questo c'è una forte polemica in corso da anni, perché da tempo si sono persi i contatti con la realtà, soprattutto all'aumentare delle dimensioni medie delle aziende, cosa che moltiplica automaticamente anche gli stipendi, spessissimo senza un motivo logico, anzi.
Concetti simili li espresse un paio di mesi fa il celebre economista di Harvard Kenneth Rogoff, che in un convegno sottolineò la grande sopravvalutazione che nel mondo si dà alle capacità dei banchieri centrali. E guarda caso quelli italiani sono di gran lunga i meglio pagati.
Tornando alla realtà, sono convinto che ci sarebbe tantissima brava gente pronta ad assumersi l'incarico di gestire le aziende "abbandonate" dai manager "impoveriti"(!!!) dalla finanziaria. E finalmente qualcuno si troverebbe, forse inconsapevolmente, ad urlare: "il re è nudo!". Già perché se non sarebbe affatto difficile trovare i sostituti, sono certo che anche le loro capacità non sarebbero inferiori a quelle dei dirigenti attuali, che al 90% non sono certo stati messi lì per il loro brillante curriculum, a parte quello politico, ovviamente.
Se poi uno come Tommasi di Vignano, che si prende 235.000€ l'anno per incassare bollette in regime di monopolio in cambio di un cattivo servizio, se ne vuole andare, scommetto qualsiasi cifra che ne troviamo subito un altro che per un quarto dello stipendio riuscirebbe a svolgere lo stesso lavoro in modo egregio. Il discorso sulle consulenze pagate oro dai comuni è identico.
Insomma, un po' di efficienza non guasterebbe. Il problema è che quando chi si dovrebbe occupare dell'efficienza è colui che dell'inefficienza vive, c'è qualcosa che non si riuscirà mai a sbloccare.
Da questo punto di vista l'ipocrisia generale della politica fa abbastanza schifo, sia di sinistra, che, ancor di più, di destra.
Ma non era il cavaliere che, con la grande sparata finale, promise (promettere è in effetti una cosa in cui lui eccelle) l'abolizione dell'ICI sulla prima casa?
Tutti i suoi fan si misero subito d'impegno per dimostrare che il taglio promesso sarebbe stato sostenibile. Beh, togliere l'ICI sarebbe stata una mazzata ben più consistente per le casse locali rispetto ai tagli di Padoa Schioppa. Se quindi ci sarebbero state le risorse per coprire la mancanza dell'ICI, ce ne saranno certamente tante di più per la manovra attuale!
E di spese da tagliare a livello comunale e soprattutto provinciale (le province: il più grande ed inutile buco nero d'Italia) ce ne sono proprio una marea, dai vergognosi compensi per i Presidenti di Consiglio di Quartiere (cosa simbolica), alle buffonate milionarie di capodanno, ai soldi buttati qua è la a pioggia per finanziare associazioni compiacenti, iniziative culturali inutili o autocelebrative (anni fa il comune di Rimini spese 50 milioni di lire per co-produrre un film che sarebbe stato giudicato spazzatura anche da Ed Wood!), alle solite superconsulenze fatte dai soliti noti amici del palazzo; e comunque, tranquilli, una fetta finisce sempre anche nelle tasche dell'opposizione.
Questa non è solo Rimini la "rossa", ma l'Italia governata da qualsiasi colore.







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