Pubblicato il 12 aprile 2006 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Ma quale Italia spaccata in due! Ma per favore. Quella che
esce dal voto è semplicemente l'Italia di sempre. Un paese che si è
sempre retto sui papocchi, sui compromessi, del volemmosebbene. Situazioni identiche
a quella di oggi si erano verificate ai tempi del primo governo Berlusconi,
che infatti durò pochino, e del primo Prodi, anch'esso non indimenticabile
quanto a durata.
Che c'è di nuovo? Prima di gridare al pareggio ingovernabile, prima di
tirare in ballo i senatori a vita (altra ridicolaggine italica) attendiamo che
passi qualche settimana, che i parlamentari eletti si accomodino sui loro scranni,
e vedrete che quelli che stanno nel mezzo, posti davanti alla prospettiva di
prendere armi e bagagli e rispedire gli italiani al voto, ci penseranno un po'
su, e magari nel frattempo eviteranno di schiacciare qualche pulsante contro.
Si misero d'accordo Andreotti e Berlinguer, ce la faranno anche Rutelli e Casini.
Se poi ci si mette di mezzo, giustamente, anche Standard&Poor's con la minaccia
di declassamento del debito, ogni remora morale cadrà come una pera muffita.
Tornare al voto? E cosa volete che cambi in pochi mesi? Nulla, tanto meno la
mentalità degli elettori. Qualche raglio dal centro destra è arrivato
in merito alla presunta vittoria politica della Casa della libertà, offuscata
da un ribaltamento tra seggi e voti. Chi semina vento raccoglie tempesta. Chi
fa leggi elettorali porcata non può aspettarsi che non producano porcate!
Se avessero lasciato il maggioritario, visto che il polo si è aggiudicato
le regioni più popolose, il Berlusca sarebbe ancora il Presidente. Idem
per il voto degli emigranti, così tanto voluto da quel fascio di Tremaglia.
Poi c'è quel simpaticone di Buttiglione, che nel 2001 sentenziò:
"senza Pannella si vince, senza Pannella si vince bene, senza Pannella
si vince meglio". Lui la pensa sicuramente ancora così, Silvio forse
un po' meno.
Da parte mia non è che sia particolarmente contento, anzi. Mi sento un
po' come Dannunzio quando lamentava la "vittoria mutilata".
Ma il popolo italiano ha smesso da tempo, almeno politicamente, di sognare,
di credere ai cambiamenti, all'alternanza vera. Non ci ha mai creduto sino in
fondo, neanche ai tempi del primo Berlusca o del primo Prodi. Non ha mai fatto
troppe storie se gli si propinava una legge elettorale squallida come l'ultima
e non è andato a votare ai referendum che avrebbero portato nel paese
il vero maggioritario, quello puro. Forse ha smesso di sognare nel 1993, l'ultimo
momento di vera democrazia del paese, in cui si poteva sperare che qualcosa
cambiasse sul serio.
Questo risultato alla fine metterà d'accordo tutti per un po'. All'italiana.
Sarà un periodo cuscinetto, di un paio d'anni, che servirà al
centro destra per liberarsi in modo soft di Berlusconi ed al centro sinistra,
di rispedire sulla bicicletta il professore.
Per i soliti misteri tutti italiani prima non lo si poteva fare. Troppi galli
nel pollaio e troppa voglia di darsi un'ultima contatina prima di ricominciare
sul serio, prima di spendere qualcuno di nuovo, magari più giovane, buonista
abbastanza da andare bene ai moderati, e che nel frattempo resterà sotto
il cupolone. Nel frattempo il Parlamento neoeletto farà un po' del lavoro
sporco, quello impopolare, ma necessario per il paese. Col concorso di tutti.
La destra un po' gioisce, ed ha le sue buone ragioni. Non è stata cacciata
in malo modo come si attendeva, e si è scaricata dal groppone le impegnative
promesse del Cavaliere. Berlusconi ha avuto il merito di gestire al meglio l'ultima
parte della campagna elettorale, sfruttando i clamorosi errori di comunicazione
del gruppo Prodi. Si è risollevato a sufficienza per restare ancora un
po' sulla scena, libero da ogni responsabilità e impegno, senza che gli
avversari abbiano i numeri per infastidirlo più di tanto. Un capolavoro.
Per quel che riguarda il nostro piccolo mondo riminese, ora la palla passa ai
politici locali, ed anche qui si va verso un lugubre pantano.
Il centro destra persevera nella sua paura di vincere, ed ha fatto fuori per
la seconda volta un candidato che poteva dare seriamente del filo da torcere
all'establishment. Quest'ultimo, gongolante, ci ripropinerà senza vergogna
il duetto Ravaioli-Melucci, e tutti giù a votare, "sognatori"
compresi.
Il cambio lo faremo la prossima volta. La prossima volta che il Rex passerà
dalle parti di Rimini.