Pubblicato il 31 gennaio 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Mercoledì scorso eravamo rimasti lì a rimuginare
su come dividere il nostro risparmio pensionistico (tfr e non) tra azioni ed
obbligazioni, perché avevamo concluso che la cosa migliore da fare è
distribuire il denaro tra queste due tipologie di asset attraverso la scelta
di una linea di fondo pensione adeguata. Attenzione, perché qui si entra
in un terreno molto scivoloso.
Troverete sbandierato da molte parti che l'investimento in azioni è molto
più redditizio nel lungo periodo. Vero. Però, spesso, quando queste
parole arrivano da un collocatore di prodotti finanziari qualunque, si sente
anche dire che il lungo periodo sono "almeno" 5 anni. La cosa pare
anche essere convincente, perché lì per lì, a molti l'idea,
di investire del denaro e non toccarlo più per 5 anni sembra una rinuncia
eterna e terribile. Purtroppo il popolo deve "soffrire"! A chi vi
dice che per investire in azioni ci vogliono "almeno" 5 anni, bisognerebbe
assestare "almeno" 5 bei calci dove dico io ed accompagnarlo alla
porta. Per la cronaca, 5 anni per un investimento azionario sono rapidi come
un antipastino di mare rispetto ad un cenone di capodanno.
Io vi darò un piccolo metro per orientare le scelte. Metro che corrisponde
a quello che dovrebbe fare il buon padre di famiglia, che deve essere prudente,
ma non fino all'ossesso.
Prima regola: se avete davanti a voi meno di 10 anni a disposizione, valutate
con molta attenzione la possibilità di inserire molte azioni nel vostro
piano pensionistico. Benché sembri un periodo lunghetto, anche con una
percentuale apparentemente bassa del 25% in azioni, può bastare un solo
anno di borsa negativa per rovinare completamente la redditività di un
fondo pensione su questo orizzonte temporale. Escludete completamente la borsa
sotto i 5 o sei anni, non andate oltre il 20-30% se vi avvicinate ai 10 anni.
Se siete a circa metà del vostro percorso lavorativo e davanti a voi
avete una contribuzione di altri 10-20 anni, scegliere una linea pensionistica
che prevede la metà del vostro denaro in titoli azionari non vi pone
al di fuori della categoria del buon padre di famiglia. Se invece siete nella
mia condizione, che a 36 anni dovrò probabilmente lavorare ancora per
30 anni almeno, e forse più, o comunque avete più di 20 anni in
azienda davanti a voi, credo che vi possiate spingere anche oltre il 70% con
le azioni.
C'è un ulteriore vantaggio nell'investimento azionario di lungo periodo
fatto attraverso la destinazione del TFR ad un fondo pensione: si resiste alla
tentazione sempre fatale di provare ad azzeccare quale sia il momento migliore
per entrare nei mercati. Destinando mese per mese una parte dei propri risparmi
al mercato azionario, quando si hanno almeno 10 anni davanti a sé, di
modo da rientrare in più cicli economici, si riduce di molto il rischio
di incappare in crisi disastrose, perché si continua a comperare automaticamente
anche durante le fasi di ribasso.
I dati sulla raccolta dei fondi comuni sono esemplari al riguardo. Invariabilmente
DOPO uno o due anni di borsa negativa la raccolta cala, e DOPO uno o due anni
di borsa positiva la raccolta cresce. Ed accade così da oltre vent'anni,
da quando i fondi comuni vennero autorizzati in Italia. E' disarmante, ma è
così. Un picco di raccolta lo si ebbe nel 1986 quando le borse raggiunsero
dei massimi, ma nell'87 calarono. Ne seguì una raccolta fortemente negativa
nell'88, con poi rialzi nell'89. Forte calo di borsa anche nel 1990 seguito
da due anni di raccolta negativa, mentre i mercati si riprendevano. Il '93 fu
l'anno dei rialzi globali più esplosivi e subito la raccolta triplicò
rispetto all'anno precedente, ma nel '94 ci fu "ovviamente" di nuovo
un tonfo. Ho citato dei dati del passato perché molti si ricordano solo
della bolla del 2000 quando tutti compravano ai massimi e la raccolta esplodeva,
o degli abissi del 2002 quando tutti vendevano alla vigilia di 4 anni di rialzi.
E nel 2006 si è tornato ad aver voglia di azioni.
Fortunatamente, con la destinazione automatica del TFR, e magari di contributi
aggiuntivi vostri e del datore di lavoro, tutto questo ve lo lascerete alle
spalle.
Arrivati a questo punto viene da chiedersi come fare per passare dalla teoria
alla pratica.
Quello che abbiamo detto sino ad ora ha a che fare con aspetti puramente finanziari.
C'è però anche altro da considerare, ed oltretutto i ragionamenti
che abbiamo fatto si basano sull'assunto che il TFR non debba restare in azienda.
Approfondiremo questi aspetti il prossimo mercoledì.