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Quel disastro immobiliare annunciato dieci anni fa



Pubblicato il 26 ottobre 2014 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Nei giorni scorsi a Rimini è stato venduto all’asta un albergo di Viserba di 40 camere. La base d’asta iniziale frutto della perizia del tribunale era di 1milione 920mila€. Dopo varie aste deserte il prezzo di aggiudicazione è stato di 826mila€.
E’ solo l’ultimo segnale d’allarme del grave problema che da anni sta affliggendo il mattone, e che a Rimini rischia persino di ingigantirsi se dovesse essere approvata la norma sul cosiddetto “condhotel”, anche se su questo non mi esprimo perché non ho i dati per fare valutazioni serie.
Le cifre del disastro dell’edilizia sono note. Oltre 750 imprese sono fallite nella provincia di Rimini o hanno presentato richiesta di concordato, e si allunga la lista dei nomi noti finiti male. Insomma, l’immobiliare che non tradiva mai ha pugnalato alle spalle imprese, lavoratori, investitori e cittadini. Anzi, a dire il vero, non è stata proprio una pugnalata alla schiena, ma un colpo frontale sonoramente annunciato.
Dieci anni fa, era marzo 2004, scrissi un articolo per questo giornale sul boom immobiliare di quegli anni, drogato da un’infinità di cantieri e di gru che lievitavano come i prezzi al mq, mentre stavamo entrando negli ultimi due anni, i più caldi, della bolla immobiliare. Il titolo di quel mio vecchio pezzo esprimeva chiaramente il concetto: “Cronaca di una morte annunciata”, e sarebbe bastato un minimo di realismo per rendersi conto che qualcosa non andava come doveva nell’edilizia.
Gli esperti delle varie agenzie di analisi del settore, che allora negavano categoricamente che ci potesse essere una bolla o un surriscaldamento, ma che al limite le quotazioni sarebbero rimaste invariate, oggi non possono negare l’evidenza, e da Nomisma a Scenari Immobiliari i bilanci che si fanno sugli ultimi anni sono assai grami e le prospettive tutt’altro che rosee. Crisi economica, assenza di inflazione, calo della domanda, offerta abbondante, affitti in calo e morosità in aumento, tassazione aumentata, transazioni ridotte al lumicino, tempi di vendita allungati e prezzi ovunque in calo da anni. Per fare qualche numero, secondo diverse analisi pubblicate ultimamente da Milano Finanza e dal Sole, con cifre molto simili, il rendimento netto finale attuale per l’immobiliare (tolte tasse e oneri vari) si aggirerebbe attorno al 1,6% annuo. Calcoli secondo me assai ottimistici, e comunque molto mediocri per un bene illiquido e che prevede orizzonti temporali molto lunghi se paragonato a un semplice titolo di stato a 10 anni che oggi, in un periodo tra l’altro di bassissimi rendimenti, offre più del 2%, ma con una liquidità immediata.
Ancora peggio del mattone vero e proprio sono stati i fondi immobiliari, che hanno combinato un vero disastro, specchio di tutto il malaffare italiano, gestiti da sempre in modo poco trasparente e ambiguo e venduti in modo ancora peggiore dalle banche. Per fortuna a pochi italiani, dopo tutto, perché il settore non è mai veramente decollato, e anche questa era stata descritta 10 anni fa dal sottoscritto come una tragedia annunciata, ma non basta. Il mattone è sempre il mattone, e ci vorrà un cambio generazionale completo prima di rimuoverlo dal cuore degli italiani. Un dato che fa riflettere è che se sono in calo le transazioni in Italia, sono in aumento gli acquisti di immobili all’estero da parte di italiani, fatti chissà con che logica, chissà se dopo aver valutato le alternative (come i REITs americani, ben più efficienti dei nostri, o le azioni immobiliari globali), e chissà se dopo aver valutato anche gli aspetti successori, non sempre scontati.
Per tornare a Rimini, secondo i dati di Scenari Immobiliari in provincia ci sono oltre 3000 case in vendita, alle quali vanno aggiunte quelle vuote ancora non sul mercato, ma che lo saranno nel corso dei prossimi anni, spinte da una tassazione sempre più aggressiva, e dal naturale scorrere del tempo. Sono tantissime.
Unindustria un mesetto fa suonò l’allarme, soprattutto sulla situazione dell’edilizia, ammonendo il sindaco: “non basta occuparsi solo di strade e fogne”. Ricordando le oltre 700 aziende fallite, il grido d’allarme è comprensibile. Però mi chiedo: dov’erano gli industriali quando dieci anni fa a Rimini il numero delle imprese legate all’edilizia aveva raggiunto quello di alberghi e ristoranti, con una sproporzione folle per la riviera Romagnola, che oltretutto già aveva un territorio iper consumato? Non sono un guru e per capire che allora qualcosa non andava e che avrebbe creato un disastro bastava volerlo vedere, e volersi accontentare dei già lauti guadagni che il mattone aveva regalato.
Oggi, qualcuno poco attento alla storia riminese, mi chiede ancora perché non osteggio più Gnassi. Dieci anni fa, in pieno regno della coppia Ravaioli-Melucci chiusi quel mio articolo ricordato sopra con queste parole: “Che accadrà al valore di quegli immobili e di tutta l’aera di Viserba monte? Ci hanno pensato gli amministratori? Vista la lungimiranza con la quale hanno rilasciato le concessioni, visto come si sono preoccupati di costruire prima strade e fognature poi il resto, mi sa tanto che sotto molti punti di vista, assisteremo in un prossimo futuro alla solita cronaca di una morte annunciata”.
Strade e fogne non sono tutto, è vero, ma lo devi dire prima di aver contribuito a mettere in ginocchio una città e pregiudicato gravemente il suo futuro, non dopo. Dopo, la cura sarà inevitabilmente dolorosa e lunga.


La Voce di Romagna del 26 ottobre 2014, pag. 13




 
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