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I pontefici della finanza che non si dimettono mai



Pubblicato su La Voce di Romagna il 13 febbraio 2013

di Simone Mariotti

Un papa che si dimette? Figuriamoci, roba da Medioevo, non succederà mai!
Se fossimo in finanza avrebbe potuto essere un altro episodio della ricchissima e avvincente saga del “tanto non succede”, che però poi alla fine è successo davvero, lasciando sbigottiti i più. E anche la vicenda papale qualcosa a che fare con la finanza lo ha di sicuro, anche se l’intreccio di tutta la questione immagino sia molto fitto e non sbrogliabile con troppa semplicità.
Ora, che un papa si potesse dimettere era una di quelle cose che teoricamente era prevista, codice alla mano, ma che nei fatti era data quasi per impossibile. Ovviamente, ex post, fioccano già copiosi quei “io l’avevo detto” che, pure, sono classico anche in finanza. Ma è successa. Risuccederà?
Sono pronto a scommettere che se qualcuno di noi dovesse legare in qualche modo le sorti della propria vita a una tale possibilità, la maggior parte, per non dire tutti, una volta trascorsi questi primi mesi in cui l’evento è ancora caldo, continuerebbe ad assegnare a un tale evento una probabilità nulla.
Il parallelo con la finanza continua perché tale alterazione della realtà probabilistica non è che uno specchio di quel che avviene nella vita di tutti i giorni quando tendiamo a cancellare gli eventi che non amiamo ricordare, rimuovendo con loro anche la possibilità che tornino a colpire qualcuno. Tra i tanti possibili, cito un esempio salito agli onori della cronaca proprio pochi giorni prima dell’imprevedibile gesto del Papa.
E’ l’“originalissima” vicenda di Alberto Micalizzi, un professore della Bocconi (anche se l’università milanese è estranea a ogni responsabilità) che ha saputo raccontare bene a un discreto gruppo di persone, illudendole di poter realizzare forti guadagni sicuri con pochi rischi grazie al suo brillante fiuto e alla sua rete di conoscenze privilegiate, tali baggianate da far impallidire anche il più abile venditore di fumo. Il fascino delle care e vecchie “dritte”, insomma, quelle che tutti vogliono avere, e che se arrivano da dietro una scrivania alla Bocconi, possono anche risultare ancora più pericolosamente intriganti del solito.
Ma se un prof. (e in questo caso non è che fossimo al cospetto di Einstein) mi chiama e mi dice che ha trovato un brillante modo di far guadagnare il 6% al giorno, si avete capito bene, “al giorno”, io un filino tendo a preoccuparmi, perché neanche Carlo Ponzi, il truffatore negli anni venti da cui hanno preso il nome tutti gli schemi truffa successivi, aveva osato tanto. E con decine e decine di storiacce simili strombazzate sui media, anche nel recentissimo passato italiano, quando sento di truffe di tale sfacciataggine mi vien subito da simpatizzare con il truffatore, perché essere capaci di trovare tali polli che si bevono tali bufale pazzesche è un’arte che merita il suo rispetto.
Ma come il papa, che da domani non si dimetterà mai più, sempre da domani quello di Micalizzi è destinato a restare un altro caso di quelli che tanto non succederanno (a me), ma ad altri (che son più fessi), perché si continuerà a guardare non alla sostanza e realtà delle cose, ma al sogno e con l’avidità che il sogno (di ricchezza) suscita.
E altri finiranno ancora per bersi panzane fenomenali come il 6% al giorno promesso da qualche altro espertone che saprà vendersi come un novello papa della finanza. Ma di papa ve n’è uno solo, e a volte il seggio è pure vacante.




 
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