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Piazza Affari e lo spettro greco



Pubblicato 12 dicembre 2012 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Se siamo vulnerabili e se a ogni esternazione di Berlusconi il mercato va in palla, non è solo per il timore sui danni che deriverebbero da un ritorno del Cavaliere alla guida del governo. La paura è più che legittima, ma in fondo in fondo la battuta che girava durante le primarie del PD, e cioè che sarebbero servite a eleggere il vice di Monti, spiega che se è vero che un ritorno di Berlusconi terrorizza il mondo (perché vorrebbe dire che il paese ha perso ogni fiducia in una seppur vaga possibilità di riscatto e di cambiamento, per tutto il vecchiume che ciò rappresenterebbe), la situazione non era rosea a prescindere, e che le nostre difficoltà e le nostre debolezze resteranno tutte in prima fila per lungo tempo. Ma cosa comporta tutto ciò se visto dal lato del risparmio degli italiani?
Prima considerazione: quello che ipotizzavo qualche settimana fa sta facendo capolino sulla scena, con un sinistro spettro greco sullo sfondo. Ciò che intendo è che se il caos politico cui andiamo incontro, con o senza Berlusconi, inizia a fare il suo sporco lavoro, lo spread (tutt’altro che una leggenda, né frutto di malvagie speculazioni) ricomincerà a svalutare il valore del patrimonio degli italiani, con una differenza sostanziale rispetto a un anno fa. Sino a quasi tutto il 2011, infatti, i detentori di debito italiano risiedevano soprattutto all’estero, con un rapporto che era circa 40% in Italia, 60% all’estero. Oggi il dato si è invertito e oltre il 60% dei sottoscrittori dei titoli di stato italiani sono nostri concittadini. La Grecia fu lasciata agonizzare per un paio d’anni piuttosto che farla fallire già nel 2010, dando così modo ai grossi detentori esteri di titoli greci di liberarsi di parte delle loro posizioni, lasciandone la maggioranza in mano ai greci e alle loro banche. Il copione italiano sta raccontando una storia simile.
Non è detto che la storia si ripeta, ma è un aspetto che va tenuto presente, e se il livello di rischio paese percepito nel mondo aumenta, un ritorno forzato di Monti a garante della situazione italiana non farebbe solo gli interessi dei banchieri, ma anche di gran parte dei possessori di BTP, che vedrebbero protetto in modo più credibile il loro risparmio. E per chi ha azioni italiane?
La regola di fondo è sempre la stessa: se siete sovraesposti sul mercato italiano, e se la vostra è una posizione di vecchia data, temo non siate in una situazione invidiabile, e avete sbagliato decisamente qualcosa e urge riconsiderare il vostro approccio agli investimenti. Se avete poche azioni italiane in portafoglio (meno del 10% del totale, che già sarebbe troppo) non siete poi così in pericolo, e i più timorosi potranno liquidare qualcosa senza drammi eccessivi. Se invece siete stati così saggi da tenere poca Italia in pancia e magari l’avete anche comperata durante i momenti più neri delle recenti crisi (pia illusione, la mia), tenere botta non vi farà troppo male in caso debacle del listino milanese, ma di contro la strada per il recupero e ulteriori guadagni può essere ancora lunga. E chi sta fuori da Piazza Affari?
Se siete fuori dal mercato, non avrei fretta di rientrarci, non tanto per una qualche valutazione di tipo economico, ma perché nella situazione caotica in cui siamo, ogni giorno qualcuno può scoprire nuovi solidi motivi per mandare al diavolo ogni cosa abbia a che fare col nostro paese e far scendere il valore degli asset ancora un po’. Però…
Però nel torbido si pesca meglio, per chi ha voglia di avventurarcisi. Vi do qualche numero: settembre 1992: 685 - marzo 2003: 2307; marzo 2009: 1954; luglio 2012: 2422. Sono i valori minimi degli ultimi 20 anni raggiunti dall’indice Comit performance, che rappresenta l’andamento della borsa italiana considerando però anche il reinvestimento dei dividendi (cioè il rendimento complessivo dei titoli). In questi giorni il suo valore viaggia attorno quota 2870.
Ripeto, quelli elencati sono i minimi, i valori nei momenti peggiori, dalla crisi dei tempi del governo Amato (quando la lira uscì dal Sistema Monetario Europeo con annessa svalutazione), al disastro globale del periodo 2002/2003, un’era di scandali e crack locali e globali (da Enron e Worldcom a Cirio e Parmalat) e guerre, sino al super tonfo della crisi bancaria 2008/2009, che aveva però portato l’indice, nel suo punto di minino assoluto in 15 anni, a un valore comunque tre volte superiore a quelli della grande crisi del ’92, e poco sotto i minimi del 2003. Pazientare, per chi investe in periodi turbolenti, tendenzialmente ripaga bene.
Oggi non siamo messi benissimo, ma se guardiamo alla storia, gli indici devono ancora recuperare il 60% rispetto ai massimi del 2007 (valori che però erano certamente gonfiati), e manca comunque un abbondante 20% per arrivare ai valori di appena 18 mesi fa.
Quindi se siete a digiuno totale di titoli italiani, e non avete fretta, i mesi che abbiamo davanti possono essere un’occasione per tornare a fare buoni affari e dare un po’ di linfa al sistema, sempre che si nutra la speranza che, terminata la lotta tra bande dentro i partiti, qualcosa si possa ancora recuperare in questo paese. Altrimenti meglio far affluire subito tutti i nostri quattrini verso altri lidi, esotici e non.




 
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