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Sottoscrivere in massa i BTP forse non è una grande idea



Pubblicato su La Voce di Romagna il 31 ottobre 2012

di Simone Mariotti

“La verità non si dice”, frase emblematica di molta parte della recente (e passata) storia politica italiana, emersa dalle intercettazioni delle conversazioni di Guido Bertolaso, non ha necessariamente un significato negativo. E’ in realtà, spesso, una regola di sopravvivenza in situazioni estreme.
Per esempio, i tecnici oggi al governo, perlomeno quelli che vengono dal mondo accademico, sono certamente figli di una cultura che ha come dogma il “non disturbare il manovratore, e non dire tutto al popolo perché poi è peggio perché le profezie di sventura si auto-realizzano”.
Se per esempio durante una riunione riservata tra i massimi responsabili dell’economia nazionale emergesse un dato di fortissima preoccupazione sullo stato delle finanze pubbliche, non un, solito e generico allarme conti, ma un ravvicinato rischio di default reale, la verità sarebbe certamente l’ultima cosa da dire al popolo che andrebbe invece calmato con frasi rassicuranti, sino almeno al minuto precedete il vero default, quando tutto sarebbe oramai inutile.
Idem, per esempio, per la salute di una banca. Se si sparge “la verità” su un possibile tracollo, quel “possibile” si trasforma immediatamente in un “immediato”, quando invece ancora ci sarebbero margini di salvezza. Pietro Modiano in un’intervista del 2008, quando era ancora ai massimi vertici di Intesa-San Paolo, rivelò in un’intervista un po’ incautamente (e la sua carriera non è che sia decollata da allora), che ai piani alti dell’istituto, nei giorni dopo il collasso del gruppo Dexia, “avevano visto la morte in faccia”. La banca non morì, ma il rischio che corsero tutti i creditori (come obbligazionisti e correntisti) non fu certamente percepito come tale. E fu un bene, aggiungo.
Oggi, con lo spread sceso di oltre 200 punti rispetto ai massimi di un anno fa, molti sostengono che bisogna dare atto agli italiani di aver dato una grande prova di responsabilità per avere continuato a sottoscrivere titoli di stato e aver impedito grosse difficoltà per il paese. Già, ma lo si dice perché la cura montiana ha dato una speranza temporanea di rinnovamento, che però resta attaccata a un filo sottile, che però purtroppo non ha cambiato molto lo stato di fatto di un debito pubblico enorme che continua a crescere. E con gli stranieri comunque in fuga (salvo le ultime settimane), un risultato evidente dei movimenti dei capitali di quest’ultimo anno è che il debito pubblico è tornato per la maggior parte, oltre il 60%, in mani italiane.
Ora, è vero che da parte di chi governa dire tutta le verità a chi è gravemente malato può non essere la migliore delle idee. Ma chi osserva tutto da fuori, come fa un commentatore su un quotidiano, che prova a mettersi nei panni di chi legge e non di chi governa, è bene che faccia la parte del guastafeste, non per invitare alla fuga verso i lidi tedeschi o svizzeri (che significherebbe assumersi il rischio altissimo del “non tracollo” italiano), ma per far prendere coscienza dei rischi intrinsechi in certe operazioni come la sottoscrizione in massa del BTP Italia, avvenuta, proprio pochi giorni prima che lo spread ricominciasse ad alzarsi, come già era accaduto a marzo.
Quando fu emessa la prima serie di BTI Italia la scorsa primavera, il mercato stava vivendo la prima luna di miele con Monti, lo spread era tornato a livelli attorno ai 300 punti e l’occasione fu colta dal governo per fare il pieno a tassi accettabili. Ne furono collocati oltre 7miliardi di euro. Oggi quel titolo è poco sopra la pari, ma durante i mesi estivi era arrivato a perdere oltre il 7%. Quello emesso pochi giorni fa ha raccolto oltre 18 miliardi. Quello di giugno, invece, quando lo spread era tornato ben più ampio, fu un mezzo flop e ne furono sottoscritti meno di 2 miliardi. Eppure, tra le tre, era questa l’emissione di gran lunga più interessante, perché emessa in un momento di tassi elevati, e probabilmente pensata sull’onda del primo successo, quando si sperava che lo spread restasse basso. Ma così non avvenne e il secondo collocamento fu allora lanciato molto in sordina.
Tutto questo per dire cosa? Che lunedì Grilli ha detto che se ci sarà qualche ritardo sul calcolo e applicazione dell’IMU i conti saltano. Proprio una dichiarazione rassicurante, che se aggiunta al caos totale che si preannuncia in arrivo a livello politico, non fa che confermare una cosa: eravamo un paese a rischio a novembre 2011, lo eravamo a marzo, a giungo e lo siamo ancora a ottobre 2002. Il debito pubblico resta al top record e sale, mentre l’Italia produttiva arranca e quella politica sprofonda. Non un bel mix per fidarsi ciecamente delle parole dei nostri bravi governanti che, non per colpa loro, si son trovati a gestire qualcosa che non è curabile così in fretta come speravano. Mi auguro di essere presto sementito, ma aver sottoscritto in massa il BTP Italia, forse non è stata una grande idea se si guarda, oltre alla speranza di risanamento del paese, anche al rischio che questa speranza si riveli vana. Ma come ci si orienta tra le alternative? Per “fortuna” ci sono i “monelli”. Li scopriremo la prossima settimana.




 
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