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L’unica cosa sicura è che la realtà ci riserva sempre delle sorprese



Pubblicato l’11 aprile 2012 su La Voce di Romagna

di Simone Mariotti

Al tempo delle mie scuole medie mi ricordo che durante l’ora di ginnastica ancora ci veniva detto che bere subito dopo uno sforzo fisico non era opportuno, meglio aspettare un po’, magari a casa dopo la doccia. Era una teoria che risaliva agli anni ’60 e ogni tanto la senti ricordare da qualche vecchio commentatore che racconta di quei periodi folli in cui anche dopo fatiche olimpiche si lesinavano i liquidi, in forza appunto di quella convinzione. Ma era un must della teoria e lo si doveva rispettare.
Qualche anno più tardi, verso la fine degli ’80, al termine del liceo ci veniva detto che intraprendere le facoltà scientifiche come Medicina (cito questa perché era la più sconsigliata) o altre scientifiche come Matematica o Chimica erano da tendenzialmente da evitare per il troppo poco lavoro futuro. E in quegli anni era così. Ma oggi è noto che il nostro paese a breve sarà costretto a importare medici perché andranno in pensione tutti quelli che vent’anni fa sconsigliavano la stessa scienza, mentre ci ritroviamo pieni di laureati in scienze politiche, economia e giurisprudenza, più varie altre facoltà “innovative”. Ma anche nell’antiscientifica Italia i laureati in matematica e fisica sono sempre stati molto richiesti, anche in seguito al boom tecnologico, successivo e imprevisto.
Sempre nella seconda metà degli anni ottanta per l’analisi economica prevalente il petrolio era una materia prima finita. Il suo prezzo era destinato a calare, si diceva, e alcuni usavano tale argomentazione per sostenere che il nucleare era superfluo. Una decina d’anni dopo un economista di una delle maggiori banche italiane, in uno dei primi seminari cui partecipai per la mia attività lavorativa, continuava a sostenere tale tesi diffusa, e il petrolio era attorno ai 28 dollari!
Stesso discorso per l’oro. A fine anni novanta era un bene considerato in declino. Anche grandi investitori come la Banca d’Inghilterra liquidarono gran parte delle loro riserve auree a un valore sotto i 300$. Ma dopo pochi anni il valore dell’oro iniziò a salire. Colpa degli analisti, no? Colpa dell’aver dato per scontato che la realtà non avrebbe creato sorprese imprevedibili.
Stesso discorso vale per gli schemi di valutazione aziendali di fine anni novanta, allo sbocciare dell’era internet. Tutto il passato sembrava obsoleto. Quante volte me lo sono trovato scritto in giornali o detto in seminari, conferenze, programmi delle tv specializzate! Poi il tracollo, e il must generale sbugiardato con danni che si sentono ancora a 13 anni di distanza e si sentiranno ancora a lungo.
E quel must se ne portava un altro che, sembra pazzesco, ma dura ancora oggi ed è quello che vuole le azioni sempre e comunque più redditizie delle obbligazioni nel lungo periodo. Un altro dogma intoccabile, questo, che suscitava ilarità in chi lo metteva in dubbio. Mi ricordo una giornata di formazione tenuta da una nota banca nel 2001 (faccio notare che la bolla dell’high tech era già scoppiata nel 2000) in cui sollevai qualche obiezione e fui tacciato di negatività e disturbo. Non che le azioni non siano redditizie, e se facciamo i conti per periodi di molti decenni è tutto ok, ma ci son fior di situazioni in cui anche dopo venti anni le azioni hanno lasciato gli investitori in panne.
Se pensiamo alla politica italiana alla fine del 1991 era impensabile immaginare quel che sarebbe accaduto nel giro di pochi mesi, così come in pochi avrebbero scommesso sulla caduta dei regimi arabi solo 15 mesi fa. E che avrebbe detto un americano medio degli anni ’50 se qualcuno avesse affermato che la tecnologia migliore del mondo nel giro di una generazione sarebbe arrivata dal Giappone e dalla Germania?
E non ho citato la solita tiritera di scandali e crack vari che in ogni anno degli ultimi 10 o 15 hanno lasciato in tanti sbigottiti lì a dire: “ma prima non era mai successo!”.
La settimana scorsa avevo lanciato qualche dubbio sulla solidità ritrovata dell’Italia. Dubbio che nel we si sono accorti da avere in tanti. “Che fare allora?”, dicevo la settimana scorsa.
Bene ho voluto iniziare la spiegazione, che proseguirà la prossima settimana, con una serie di esempi per focalizzare intanto quello che credo sia uno degli aspetti chiave in ogni scelta: mai credere ciecamente e passivamente ai must teorici del momento ripetuti da tutti, perché il mondo cambia, e sempre in modo imprevedibile.
E ve n’è uno di questi must ripetuto a voce altissima da tutti, e che riguarda la crisi, le pensioni integrative e i giovani. Dice che prima i giovani iniziano a mettere da parte qualcosa per la pensione meglio è. Ma siamo sicuri sia proprio così? Al prossimo mercoledì.




 
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