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Riusciremo ancora a tifare Italia?



Pubblicato il 7 giugno 2006 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

"Se Moggi va alla Juve io cambio squadra!".
Con queste parole profetiche uno dei miei più vecchi amici oltre dieci anni fa aveva fatto sperare che potesse un giorno accadere l'incredibile: che un tifoso, uno juventino per giunta (sono notoriamente i "peggiori"), messo davanti ad un evento riprovevole potesse cambiare veramente squadra, schifato dal sistema. Moggi allora era ben lungi dall'essere vicino a Torino, ma quando il fattaccio si materializzò veramente, colui che sì alto si pronunciò, poi non mantenne! Ed ancora noi altri ci scherziamo su.
Ma se una briciola di quello spirito ribelle avesse pervaso almeno un po' il branco informe dei tifosi italiani, forse il nostro calcio oggi sarebbe meno miserabile.
Lo scandalo a dir la verità mi ha sfiorato solo di striscio, e se ne parlo oggi è solo per due motivi: un po' di relax prima di iniziare di nuovo a trattar di soldi (sarà la MARR che ci terrà compagnia la settimana prossima), i mondiali che stanno per cominciare.
Come quasi ogni bambino che si rispetti in Italia, sono stato allevato a con un album di figurine Panini tra le mani ed un pallone in mezzo ai piedi. E ho tenuto botta una buona quindicina d'anni. Una maglia numero 11 nel non troppo glorioso, ma molto genuino "Atletico San Girolamo" (per la gioia di Don Bonini, che sempre ringraziava delle pallonate che arrivavano sull'inferriata delle finestre della sua camera da letto, invariabilmente tutti i santi giorni dalle 14,15 alle 16,30), le partite straniere su Koper-Capodistria, gli scambi di cortesia verbali con gli odiati juventini, i nemici numero uno per quelli dal sangue viola come il mio, le domeniche ad ascoltare "Tutto il calcio minuto per minuto", sempre con la schedina sott'occhio, prima di andare a finire i compiti. E l'orgoglio di aver visto al cinema con mio cugino un capolavoro assoluto come "L'allenatore nel pallone".
Poi la noia. Incurabile. "Problemi" personali, per carità, questione di gusti. Lo strabordare degli stranieri, il nauseabondo dilagare del calcio in tv, le partite spalmate praticamente lungo tutta la settimana, il denaro a fiumi. Non guardo una partita di calcio dagli ultimi campionati europei, che assieme ai mondiali sono l'unico evento calcistico che ho ancora voglia di seguire, almeno dal 1990. Ripeto, non per snobismo, ma per sincera noia. E chi mi conosce lo sa.
Poi viene fuori quello che sappiamo, che tutti in realtà un po' sapevano, anche se magari non a tali livelli. Contratti miliardari, abbonamenti allo stadio, milioni di euro alle pay tv, ai giornali, centinaia di ore passate davanti al video, tutto per scoprire che un gruppo di signori avevano semplicemente preso per il culo tutti i tifosi italiani.
"Se Moggi va alla Juve cambio squadra" non basta più. "Se la Juve resta dov'è (e con lei tutte le altre) cambio sport" dovrebbe essere la nuova parola d'ordine.
Se nessun tifoso farà nulla del genere (anche se tifoso di squadre innocenti, che però partecipano al sistema) non potrà mai cambiare nulla. La Juve deve chiudere i battenti per un po', ricominciare dalla C2. Altrimenti dovete smettere di comperare partite, abbonamenti, giornali sportivi, di guardare Biscardi &Co., tutti conniventi, a ciucciare il nettare dal sistema di Moggi e Galliani.
Come detto, le uniche partite che ho ancora voglia di guardare sono quelle dei grandi eventi internazionali. L'Italia vi partecipa di buon diritto, e oggi anche con una buona dose di sputtanamento cucita sulla maglia. E se sono contrario alla tesi di alcuni secondo cui ci dovremmo per dignità ritirare dai mondiali tedeschi, è solo perché se c'è un sistema ancora più corrotto della federazione italiana è la federazioni internazionale, FIFA o UEFA che sia. La stessa storia del campionati mondiali di calcio, da Italia-Cile del '62, ad Argentina-Perù del '78, sino a Corea 2002, ci fornisce un ricco campionario di schifezze d'annata. E un tipo come Blatter avrebbe molto da insegnare al novellino Moggi.
Non so quindi se riuscirò veramente a tifare per il Ghana, e se resisterò seduto ed impassibile ad un eventuale goal di Toni, se non mi farà piacere il passaggio di turno, magari per vederci poi massacrati dal Brasile. Ma se gli africani ci impallineranno per bene come si meriterebbero e come ci meriteremmo, non mi straccerò proprio le vesti per il dispiacere. E forse, per la prima volta in un secolo di calcio, sarà così anche per molti altri italiani.
Un paio d'anni fa, negli Stati Uniti, un giocatore di baseball dei Chicago Cubs, Sammy Sosa, un campione in odore di record per numero di fuoricampo, un idolo delle folle, si presentò al turno di battuta con una mazza truccata. Il tapino l'aveva parzialmente svuotata (le mazze sono di legno) per renderla più leggera e poter girare con un po' più violenza, e l'aveva riempita di sughero per renderla compatta e "muta". Ahimé, arrivato in battuta la mazza si è rotta e l'arbitro ha scoperto il fattaccio. Apriti cielo, i tifosi, anche i suoi, non persero tempo a ripudiarlo, ed a mandarlo in purgatorio per mesi, e ad ogni sua scesa in campo lo coprivano con dei turaccioli.
Quanti italiani sarebbero disposti a fare lo stesso col beniamino della propria squadra beccato a siringarsi le gambe di ormoni per tirare un calcio di punizione più forte e regalare uno scudetto in più alla propria squadra?
Le rivoluzioni nello sport, se non le fate voi smettendo di pagare, non aspettatevi che le facciano gli interessati. Io nel frattempo continuo a nuotare, che mi diverto di più.





 
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