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Dieci anni fa, una festa che chiuse un'epoca



Pubblicato il 22 luglio 2009 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

Giuliano Bonizzato tante volte ha raccontato su questo giornale quello che accadeva negli anni sessanta, i balli, gli approcci, i personaggi, la musica. Oggi, nel mezzo di questa estate diventata finalmente tale, ci provo anch'io, raccontando un piccolo spicchio, un solo momento, ma indimenticabile, delle notti riminesi che chiusero gli anni '90.
C'era una piscina, un parco, un colle che un tempo era il cuore pulsante della notte, ma che già si stava spegnendo. Sembrava dovesse piovere quella sera, e forte, cosa non ideale per chi ha organizzato una festa sotto le stelle a Covignano. Ma poi la fila delle macchine dal parco del Kalos, che avevamo affittato, arrivò sino alla statale con un flusso di gente che non si fermò sino all'alba, quando noi finimmo come al solito a mangiare la pizza, trionfanti, da Chicco al Barrumba, che aveva aperto da un paio d'anni ed era ancora nella sede storica di Bellariva, la migliore pizza della notte di Rimini (e ancora nel menu alcuni nomi delle pizze ricordano i primi clienti-amici di allora).
Il nome ufficiale che avevamo dato a quella serata (la quarta che organizzavamo, e ne sarebbero seguite altrettante) era Baywatch Party, ma era solo una formalità, una scusa per stampare un biglietto con qualcosa di simpatico. Commercialmente poi eravamo un "disastro", ed era bello così, e oggi tutto ciò, a quelle condizioni, che puntavano principalmente a non perderci e a una pizzata finale, non sarebbe più possibile. Quella sera di dieci anni fa in quel parco di Covignano facemmo pagare 15.000 lire (7.5 euro) con il nostro marchio di fabbrica: un vero bar libero senza limiti dall'inizio alla fine.
Lo so, discorsi politicamente scorretti nell'era sterilizzata dell'etilometro e del ritiro della patente per una birretta, che ci volete fare... Ma non era solo alcol! Coca Cola &C. andavano sempre a ruba, anche se il rum Caravel scorreva piacevolmente a fiumi, assieme alla vodka Balalaika e al gin Kinney, le tre icone delle bevute "no frills", ma di qualità più che accettabile per quelle occasioni, che l'Ari, la Cri e la Fra distribuivano senza risparmiarsi, mentre il Drugo e Pippo non stavano dietro a cambiar fusti di birra, che si accatastavano romanticamente contro il muretto del bar.
La promozione era stata segmentata: Sgancio si occupava di San Marino, Cicco della Valmarecchia (o avrebbe dovuto), la Monica fu come sempre la nostra PR n.1, tallonata da me e Andrea, mentre Massi, l'ideologo del "low cost", regalava omaggi a tutto spiano. Sandro ancora meditava se tradire il mare per la montagna, mentre Carlo a fine stagione si prese per sempre una delle nostre fantastiche "bariste-PR". Tutti pezzi doc di varia umanità riminese, più viva che mai oggi, e bella che è un piacere.
Alla fine arrivarono più di mille persone paganti, 1008 per l'esattezza, più tutti quelli che fecero capolino tra le due e le quattro, quando io e Marco giocavamo, un po' brilli, a far pagare 1000 lire ai tardivi della notte, "rei" di aver scelto qualcos'altro prima di noi, e poi gli ospiti, e tutto senza internet, praticamente senza cellulari, ed erano quasi tutti di Rimini (ancora gli universitari non riempivano la città)! Il che vuol dire che una percentuale strepitosa dei riminesi tra i 25 e 35 anni che quella sera erano usciti erano passati da lì.
Un tatuatore, che oggi fa il pittore, una cartomante, 200 litri di superalcolici, 400 litri di birra, 300 litri di analcolici, e Ghigo, il nostro dj, che fece ballare tutti sino alle cinque del mattino.
Si parla tanto di conflitto di interessi oggi e quello, nel mondo della notte, fu forse l'ultimo evento libero e di massa a esserne sprovvisto. Fu un limbo di spontaneità, che da un certo punto di vista non poteva durare. Negli anni successivi trovare spazi a quelle condizioni fu un'impresa ardua. Cavilli di ogni tipo, permessi assurdi, proprietari degli spazi che si dovevano coprire su tutto a costi esagerati... Insomma, un po' di spensieratezza organizzativa era finita.
Non fummo nulla di straordinario, riuscimmo solo, in modo intelligente, semplice e soprattutto generoso, a riempire un vuoto in quel mondo del divertimento riminese che sarebbe cambiato nel giro di una stagione. Un mondo in cui le discoteche stavano tirando l'ultimo respiro, ma il fenomeno delle cantinette doveva ancora esplodere (in piazzetta c'erano solo Bubana e il vecchio Black Cock), a Rimini come a Riccione, dove sulla spiaggia che spopola da anni c'era solo il primo Beach che non aveva ancora tutto il vasto contorno di oggi. E le feste collinari come le nostre ancora erano sparute e poco capienti, non ancora in serie e commerciali come oggi, molto più fredde da molti punti di vista perché un po' senz'anima, anche se tutte a norma di regolamento.
C'era invece bisogno di divertirsi in modo più libero, non organizzato solo dai pub, mirato allo svago fine a se stesso. Forse per questo, quella festa in particolare, è ancora così ben identificabile nel tempo, nonostante gli anni, da così tante persone.
Poi si cambia, si cambia sempre, ed è giusto così, se no si rincretinisce. C'è un momento per tutto e per tutti. Noi fummo le star di quell'estate di dieci anni fa, e un po' chiudemmo un'epoca. Oggi ci si diverte lo stesso, forse di più, vista l'esplosione di locali e delle opportunità, che possono però anche disorientare. Ma i ventenni di oggi non sanno che cosa si sono persi quel 24 di luglio del 1999.

La Voce di Romagna, 22 luglio 2009
Alba del 25 luglio 1999, spiaggia di Bellariva di Rimini
All'alba sulla spiaggia di Rimini dopo la festa




 
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