Pubblicato il 26 novembre 2008 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
I cinghiali spesso sono stati un problema per agricoltori,
ma anche per l'ecosistema del bosco. Altre volte a subire le loro incursioni
sono stati complessi sportivi, come accaduto di recente al Golf Club di Verucchio.
Negli anni il problema pare si sia aggravato. Ma è la natura che ha creato
questo affollamento di suini (da noi è arrivato più di recente,
ma in altre parti d'Italia ci convivono da lustri e lustri), o come al solito
c'è lo zampino dell'uomo, che prima dà fuoco alla casa per scaldarsi
e poi chiama i pompieri col fazzoletto in mano? E chi deve avere il ruolo del
pompiere in questo caso? Ne parliamo oggi con uno dei massimi esperti locali
di fauna selvatica, Lorenzo Bruschi, responsabile dal 1989 del C.R.A.S. (Centro
di Recupero Animali Selvatici), l'unica struttura autorizzata in provincia di
Rimini prevista dalla legge dove vengono portati tutti gli animali selvatici
rinvenuti in difficoltà dai cittadini.
Pare che ci sia un problema con i Cinghiali dalle parti di Verucchio. Da dove
arrivano?
La cospicua presenza del cinghiale nel nostro Appennino, e di conseguenza anche
in alcuni comuni della nostra provincia, è frutto principalmente di una
politica di immissioni di esemplari importati dall'est europeo per scopi venatori,
avvenuta a livello nazionale fin dagli anni cinquanta.
Come? Mi vuoi dire che anche nel mondo dei maiali c'è un'invasione delle
femmine dell'est?
Ironizzando possiamo dire di sì! Le introduzioni di animali provenienti
prevalentemente da Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia hanno creato un grave problema,
si è perso il controllo della situazione e sono avvenute ibridazioni
fra forme sottospecifiche diverse e forme domestiche. Tutto ciò ha portato
alla scomparsa della forma autoctona peninsulare di cinghiale più piccola
di dimensioni e meno vorace. Gli attuali cinghiali, molto più possenti,
prolifici ed esigenti, nelle nostre località non hanno predatori, malattie
o avversità atmosferiche da combattere, come invece avveniva nei loro
luoghi d'origine, il loro numero è crescente e tale da creare un impatto
rilevante sull'ambiente naturale e sull'agricoltura. Essendo questi animali
onnivori, si nutrono di prodotti dell'agricoltura, bulbi di vegetazione spontanea,
funghi, tartufi, ma anche di rettili, anfibi, piccoli di uccelli e mammiferi,
ed è quindi facilmente intuibile che un numero elevato altera i delicati
equilibri del sottobosco e aggredisca di conseguenza anche le aree agricole.
Da quanto dura il problema?
Il problema dura da tempo e non è di facile soluzione. La diminuzione
dei predatori naturali come il lupo, di cui l'uomo risulta essere ancora il
peggiore responsabile, gioca sicuramente un ruolo importante, inoltre la non
proprio limpida gestione venatoria di questo suide, spesso destruttura le popolazioni
che si riproducono poi senza controllo. Infatti, essendo i cinghiali animali
gregari e avendo una ben precisa gerarchia di gruppo, gli esemplari di femmine
più vecchie evitano che tutte le femmine giovani si riproducano, contenendo
in questa maniera il numero delle nascite. Considerato che certe modalità
di caccia tendono ad abbattere sempre il maggior numero di capi più grandi,
lasciando il branco senza esemplari dominanti, tutte le altre femmine di rango
inferiore prolificano senza controllo.
Sarebbe giusto abbatterli? C'è chi sostiene che bisogna coinvolgere i
cacciatori...
Un controllo numerico di questi animali non è una cosa disastrosa in
quanto non è una specie in declino, ma è importante intervenire
usando conoscenza e metodi di caccia a basso disturbo che creino un impatto
ridotto sulle altre specie che popolano il bosco, troppo spesso non è
così. Comunque ritengo che i cacciatori non siano i soggetti più
adatti per la gestione del contenimento numerico dei cinghiali in quanto il
loro interesse è che gli animali si riproducano cospicuamente e il numero
rimanga alto, per poi poter effettuare "fruttuose" battute di caccia.
Purtroppo per crescere i cinghiali hanno bisogno di alimentarsi e intanto i
danni al bosco e all'agricoltura sono sempre in aumento. È stato inoltre
dimostrato come il controllo numerico condotto con trappole di cattura e caccia
con tiro selettivo, e qui i cacciatori possono fare la loro parte, siano i migliori
modi per mantenere il corretto equilibrio delle popolazioni esistenti. Un controllo
su basi scientifiche serie consente di limitare il pericolo di destrutturazioni
della popolazione e i danni che i cinghiali provocano all'ecosistema e all'agricoltura.
I cacciatori invece spesso si oppongono a questi tipi di caccia perché
non soddisfa le loro aspettative, quindi la contrapposizione fra esigenze di
gestione ed esigenze ricreative del mondo venatorio, si trovano molto spesso
in contrasto. Anche gli amministratori spesso hanno favorito scelte sbagliate,
più rivolte agli sviluppi politici delle loro decisioni, che non agli
aspetti conservazionistici e di tutela degli interessi degli agricoltori.
Anche io credo che si riuscisse a trovare una qualche forma di collaborazione
seria con i cacciatori tutti ne guadagnerebbero. E' che quando il mondo venatorio
si eleva a difensore dell'ambiente non mi convince mai. Come quando capita di
vedere immagini dove il cacciatore fa la parte del buono abbeverando un cinghialino
assetato. Mah...
Infatti questo comportamento non ha motivo di esistere. Il cinghiale è
un animale nomade ed è nella sua etologia spostarsi continuamente, se
ha bisogno di cibo o acqua può camminare per decine di chilometri fino
a trovare ciò di cui ha bisogno. Il comportamento dei cacciatori, che
foraggiano questi selvatici con acqua e cibo nei periodi di siccità come
in quelli di carenza alimentare, non è finalizzato ad aiutare un presunto
animale in difficoltà, ma a far sì che gli animali non si spostino
troppo da dove si trovano in quel momento, perché diversamente potrebbero
finire in distretti di caccia limitrofi, dove altri colleghi cacciatori li abbatterebbero.