Pubblicato il 19 dicembre 2007 su La Voce di Romagna
in prima pagina
di Simone Mariotti
Cos'è uno schema Ponzi? E' un sistema in cui un "gestore"
(il primo fu un italiano emigrato in america un secolo fa che si chiamava appunto
Carlo Ponzi) promette a tutti lauti guadagni, ma che in realtà non fa
altro che pagare i primi "investitori" con i soldi che riceve dai
secondi arrivati, necessariamente più numerosi, e così via a piramide
sino a che lo schema scoppia.
Inizio così per rispondere ad un lettore che si è risentito del
mio definire "ladri" i pensionati, e che ha dibattuto per qualche
giorno anche col direttore.
Vede sig. Amerighi Tabellini, in uno schema Ponzi qualsiasi investitore (pensionato?)
non fa nulla di male se non credere in buona fede che lo schema sia una cosa
buona e giusta, e che se lui ha messo dei soldi in circolo grazie a delle promesse,
quelle promesse devono essere mantenute.
Il problema, e non è un problema secondario, è che in situazioni
come queste, non avendo assolutamente l'organizzatore dello schema il denaro
necessario per pagare le prime promesse fatte, l'unica via di uscita per tirare
avanti un po' è quella di allargare il giro dei clienti e far pagare
a chi viene dopo ciò che si è promesso prima. Poi ad un certo
punto il gioco si ferma per bancarotta e gli ultimi arrivati restano con il
cerino in mano. Nel nostro caso senza pensione. Piccolo inciso: quando dico
"senza pensione" non intendo nulla, ma una rendita minima rispetto
al monte contributi versato.
Già, perché il nostro è un sistema a ripartizione: chi
lavora paga dei contributi che non vanno su un suo conto personale, ma vengono
girati a chi è in pensione.
Quello di paragonare il nostro tipo di sistema pensionistico (e non solo il
nostro) ad uno schema Ponzi non è una mia fantasia, lo fecero già
30 anni fa persino dei premi Nobel, solo che lo fecero negli Stati Uniti, e
gli americani si adoperarono per le dovute correzioni per mantenere in piedi
la baracca previdenziale.
Il sig. Amerighi che si è sentito offeso è vittima purtroppo di
un sistema di cui lui certo non ha colpa, ma è inaccettabile che ci si
rifiuti di vedere la realtà per quella che è. Lo so che lui e
i suoi "colleghi" anno iniziato a lavorare prestissimo, che si è
pagato gli studi, che ha sudato alle scuole serali ecc... ma questo purtroppo
non cambia di una virgola la sua situazione né lo rende una persona migliore
(oltretutto, come ho già detto, ha vissuto nella generazione più
spensierata e felice; quindi poco vittimismo d'annata, per favore).
Continuando il discorso, per quanto lui abbia lavorato, il montante dei contributi
che ha versato e la loro rivalutazione (teorica) sono assolutamente insufficienti
per fornire quella rendita che gli viene assegnata oggi, stabilita con un sistema
che prescindeva dalla quantità di contributi e senza criteri demografici
seri.
Lui dice: "lo sbaglio non l'ho fatto io quindi io non ho colpa". Benissimo,
però qualche anno in più magari lo si potrebbe anche far lavorare
ai vecchietti senza che migliaia di aspiranti pensionati sfilino per le strade
ogni volta che si cerca di equiparare l'Italia al resto del mondo innalzando
subito per uomini e donne l'età pensionabile sino a 65 anni! Neanche
quello?
Resta però il problema del chi paga il resto, che non è poco.
E qui si torna allo schema Ponzi. Perché di quattrini non ce ne sono
e l'ingenuità e del lettore si manifesta nella proposta di pagare le
pensioni con il "capitale degli enti". Ma quale capitale, signore
mio? Il sistema previdenziale italiano è in deficit cronico dal 1991,
cioè da allora le uscite sono ogni anno maggiori delle entrate contributive,
e si deve finanziare il sistema con debito. Non solo, non avendo fatto nulla
per 30 anni per sviluppare la previdenza complementare, partita praticamente
oggi, non abbiamo neanche uno straccio di paracadute.
Ma la questione di fondo, e di principio, è soprattutto un'altra: per
mantenere la promessa fatta a voi (vecchi) lo Stato sarà costretto a
non mantenere quella fatta a noi (giovani). Non sarà un furto volontario,
ma sempre un furto è.
E in una società sana ed equa ogni comparto deve funzionare con le sue
gambe, non sottrarre risorse agli altri. Tutte le inefficienze e le ruberie
che ci sono, e che vanno corrette, devono migliorare i rispettivi settori, non
che tutto sia "pensionicentrico". Quindi non mi stupisco se il New
York Times scrive che l'Italia è senza speranza. Forse esagerano, ma
se si continuerà ad affibbiare a coloro che questo paese lo dovranno
far progredire nel futuro dei macigni insostenibili (non solo in previdenza;
è tutto il paese ad essere morbosamente gerontofilo), temo che la profezia
non avrà difficoltà ad avverarsi.