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Tolleranza amore mio




Pubblicato il 26 aprile 2004 su La Voce di Romagna in prima pagina

di Simone Mariotti

"Non avrai altro Dio all'infuori di me,/ spesso mi ha fatto pensare:/ genti diverse venute dall'est/ dicevan che in fondo era uguale./ Credevano a un altro diverso da te/ e non mi hanno fatto del male./ Credevano a un altro diverso da te/ e non mi hanno fatto del male".
(Il Testamento di Tito, Fabrizio De Andrè, 1970)

Tolleranza tolleranza, difficile virtù! Tutti la vogliono e nessuno la piglia. Sarà un caso, ma anche il primo grande film che nella storia del cinema sollevò un polverone da film maledetto, fu quel travolgente Intolerance di D.W Griffith che nel 1916 scosse l'America di allora narrando in contemporanea quattro potenti storie di intolleranza: un dramma sociale nella California del 1914, la caduta di Babilonia, la notte di San Bartolomeo (ovvero: la strage degli ugonotti, 1572) e la vita di Cristo. Tutti accusano tutti di non possederla, la tolleranza, ma poco si sforzano di guardare in casa propria. Tutti si fanno sfoggio di conoscere le vergogne degli altri, ma poco si ricordano dei loro drammi passati.
Per esempio, la profonda malafede di chi accusa i terroristi islamici di rappresentare l'Islam nel suo complesso è vergognosa. Se usassi lo stesso metro potrei dire che gli irlandesi dell'IRA sono paladini del cattolicesimo; che i preti pedofili smascherati tempo fa negli Stati Uniti sono i portavoce della vera fede, che la "Sacra Corona Unita" sempre "rispettosa" del clero per antico "onore" è un bell'esempio di religiosità (e che esempio di civiltà, soprattutto!). Ma né la Chiesa, né questo meraviglioso Papa meritano tale oltraggioso paragone. Temo però che si voglia limitare l'ingresso dei musulmani solo per timore concorrenziale, per paura di perdere "quote di mercato", più che vite umane. Sarà forse per questo che a molti secca ricordare che i veri musulmani rigettano il terrore e si ispirano più o meno agli stessi principi che regolano la cristianità, come ci insegna il minuscolo, importante libro scritto da Tahar Ben Jelloun, "L'Islam spiegato ai nostri figli".
La religione è una cosa, la politica e lo sviluppo, un'altra. Quando leggo che la civiltà occidentale si è evoluta grazie alla cristianità mi vengono i brividi. Se c'è stato un progresso più rapido dalle nostre parti non è per il merito di una qualsiasi religione, ma per aver saputo più che altrove (anche se non a sufficienza) far prevalere il valore della laicità rispetto al resto del mondo. I Cristiani non sono stati certo dei campioni di civilizzazione nei secoli passati. Il colonialismo spagnolo ne è l'esempio più drammatico. Per non parlare delle solite Crociate, dell'Inquisizione (consiglio una visita al "museo della tortura" di San Leo), dei processi a Galileo, a Giordano Bruno, della schiavitù; della pena di morte, cancellata dalle leggi Vaticane solo nel 1967, e via dicendo. Cose di un passato lontano certo, ma rinfrescarsi la memoria non fa mai male. Anche perché le sofferenze che oggi sono frutto dell'intolleranza religiosa (di qualunque religione, si ben chiaro) sono apparentemente differenti, ma non meno tragiche.
Quale tolleranza per una coppia sterile alla ricerca di nuova vita? Per i malati che chiedono l'aiuto della scienza, come Galileo nuovamente imprigionata (solo in Italia, sigh!) da una legge medioevale? Quanta tolleranza verso i malati gravi a cui si proibisce l'uso di cannabis anche solo per alleviare le sofferenze di malattie terribili? Troppo facile cari malati, dovete soffrire, perché la sofferenza è espiazione, come ci insegna anche quella "finezza" cinematografica del grottesco film Mel Gibson, di cui ignoravamo il misticismo splatter (le sue nuove informazioni ricevute, "pare", dallo Spirito Santo "in persona" si sono rivelate ricche tanti curiosi particolari!), anche se ben più conosciuto era il suo grande ardore commerciale.
Quanta tolleranza verso gli omosessuali, ritenuti ancora degli sporchi viziosi? Quanta verso i conviventi, i divorziati? Quanta verso la comprensione della necessità di una regolamentazione legale del dramma dell'aborto, così come dell'uso della pillola RU486 (che rende l'aborto meno traumatico, ma molto più consapevole del "semplice" raschiamento)? Quanta nello sconsiderato "no" alla contraccezione, nell'oscurantismo sulla pillola del giorno dopo (che non è abortiva!)? Cantiamo ancora insieme a Tito (che, secondo la tradizione, era il ladrone buono):
Non commettere atti che non siano puri/ cioè non disperdere il seme./ Feconda una donna ogni volta che l'ami/ così sarai uomo di fede:/ Poi la voglia svanisce e il figlio rimane/ e tanti ne uccide la fame./ Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore:/ ma non ho creato dolore.
Quale tolleranza verso il prossimo, verso le altre culture se la scuola (coranica, cattolica, confuciana, ecc.) deve catechizzare un bambino dalla prima infanzia, arrivando ad oscurare (dalle nostre parti) anche la teoria evoluzionista? Quale nobile esempio riceviamo dalla banca Vaticana, lo Ior (Istituto per le Opere Religiose), l'unica del mondo a non aderire ai trattati internazionali, a nessuna norma antiriciclaggio, immersa nel mistero più assoluto?
Un altro dice non devi rubare/ e forse io l'ho rispettato/ vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie/ di quelli che avevan rubato:/ ma io, senza legge, rubai in nome mio,/ quegli altri nel nome di Dio./ Ma io, senza legge, rubai in nome mio,/ quegli altri nel nome di Dio.
E, sotto il nostro modesto campanile, quale rispetto per le nostre scelte, nel fastidiosissimo diktat di un vescovo, che impone alla città tramite i suoi politici genuflessi, il nome ad una piazza contro il quasi unanime volere dei cittadini (come il sondaggio di questo giornale ha dimostrato)?
Non sono un musulmano e dubito molto che l'islam potrà mai far parte della mia vita. Sono stato educato cattolico, ma quanti dubbi su questa religione, di cui ho troppi esempi di sottile ed astuta violenza! Conosco purtroppo poco le altre religioni, ma provo la stessa identica sofferenza di fronte al dramma dei musulmani Ceceni, dei cristiani Montagnard, dei buddisti Tibetani. Prima rispetto la democrazia e la libertà, poi tutto il resto. Mi fanno ribrezzo gli odierni regimi sanguinari e antireligiosi di Fidel Castro, di Putin, della Cina, del Vietnam, tanto quanto quelli passati di Mussolini, Franco, Pinochet, Duvalier, che hanno invece goduto della "debole opposizione" del clero cattolico, che ha sempre lasciato soli i singoli religiosi impegnati nelle lotte civili. Non sono assolutamente ateo perché, come per Voltaire "è per me evidente che esiste un Essere necessario, eterno, supremo, intelligente; questa è dunque una verità non di fede, ma di ragione". E meno saranno le persone non credenti a questo mondo, migliore probabilmente esso sarà!
Ma che ogni forma di religione stia ben lontana dalle istituzioni, dalla legge, dalle costituzioni (se non là dove si sancisce pari dignità a tutte le confessioni), per il bene di tutti. Viva un mondo libero, in cui ci sia rispetto per tutti; in cui le questioni etiche siano lasciate solo alla coscienza individuale, sempre e comunque. In cui il rispetto della legalità (laica) sia infinitamente più importante del rispetto della fede; in cui la mia libertà sia assoluta, sino a quando non violi quella di un altro.
Così finiva "il ladrone" vedendo Cristo morire: "Ma adesso che viene la sera ed il buio/ mi toglie il dolore dagli occhi/ e scivola il sole al di là delle dune/ a violentare altre notti:/ io nel vedere quest'uomo che muore,/ madre, io provo dolore./ Nella pietà che non cede al rancore,/ madre, ho imparato l'amore".






 
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